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L’infermiere “fuori sede”: l’esperienza di Vittoria, dalla Campania alla Toscana

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L'infermiere "fuori sede": l'esperienza di Vittoria, dalla Campania alla Toscana 2
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Vittoria, ha 31 anni, si definisce un’infermiera “fuori sede” perchè ha già viaggiato molto per lavoro. Il pensiero alla famiglia non viene mai meno, ma adesso si trova in Toscana, dove svolge la sua professione nell’ambito dell’emergenza. Tornare a casa? L’indecisione c’è, ma qualcosa la lega a queste nuove terre.

Dov’è iniziato il tuo percorso di studi?

Io sono originaria della Campania, ma il mio percorso di studi è iniziato nel 2009, in una sede distaccata dell’Università “Sapienza” di Roma, a Isernia e, sempre lì, si è concluso nel 2012.

Quanto incide la lontananza da casa sul tuo lavoro?

È da quando ho scelto di intraprendere questo percorso, da quando ho scelto di voler essere infermiera, che posso definirmi una “fuori sede”. Dopo l’università, infatti, ho avuto l’opportunità di lavorare nelle mie terre soltanto per tre anni. Tutto il resto l’ho vissuto tra Lazio, Toscana e Inghilterra.

Se la lontananza incide sul lavoro? Sicuramente. 
Alcune volte il pensiero degli affetti lontani, il ricordo dei profumi, dei colori e dei sapori della mia terra è così forte che ne sento la mancanza fin dentro le ossa e, ogni tanto, questo mi demoralizza.

Altre volte, invece, tutta quella malinconia, se ben incanalata, diventa una marcia in più: sei lontana dal tuo mondo e devi dare un senso a tutti questo, devi fare in modo di neutralizzare quelle mancanze con la giusta motivazione, sei assalita dalla voglia di rendere orgogliosi di te la tua famiglia, quel tuo mondo e, soprattutto, te stessa.

La tua esperienza lavorativa in regioni diverse: cosa ti hanno regalato il Lazio e la Toscana?

Lavorare in contesti diversi, a contatto con culture diverse, ti arricchisce tantissimo, non solo a livello professionale. Io, personalmente, se da una parte ho sempre cercato di trasmettere un po’ di me stessa in ogni nuova esperienza e contesto, dall’altra credo di essere riuscita anche ad apprendere ed assorbire molto dai colleghi. E ho imparato tanto.

Ho imparato che persone sconosciute fino a qualche tempo prima possono diventare nuovi punti di riferimento. Spesso, nelle difficoltà, si può scoprire di non essere soli e trovare conforto anche in un gesto inaspettato: ho capito che, se sei fortunato, puoi iniziare a considerare “casa” quattro mura appena esplorate e “famiglia” colleghi appena conosciuti. 
Io sono stata fortunata.

Pensi che un’esperienza lavorativa “fuori sede” per un infermiere possa essere uno spunto di crescita?

Assolutamente sì! Io credo che il confronto e la consapevolezza dell’esistenza dell’altro, la conoscenza e l’accettazione di qualcosa di diverso rispetto a quello a cui si è abituati sia uno spunto di crescita sia professionale che  personale. 

Vittoria pensa di tornare, prima o poi, in Campania per lavoro?

Non nego che il ritorno in patria sia, spesso,uno dei miei pensieri più ricorrenti. Tuttavia, ultimamente, ho avuto l’opportunità di poter tornare e, sebbene un po’ combattuta, ho ritenuto opportuno restare in Toscana. Credo di aver trovato la mia dimensione qui dove sono ora.

Vittoria, infermiera “fuori sede” lungo la cosa delle sue terre native.

Ci sono le stesse opportunità lavorative in tutte le Regioni italiane, per un giovane infermiere?

No. Non è un caso se io stessa ho lavorato per più tempo al di fuori della mia regione nativa che all’interno. Non si tratta solo di opportunità lavorative. Si tratta di condizioni lavorative, di contratti, di pagamenti, di gestione del personale e di tante altre cose di cui si potrebbe parlare per ore. La verità è che, secondo la mia modesta opinione ed esperienza, ogni realtà è a sé e che in tutte ci siano dei pro e dei contro: sta ad ognuno di noi riuscire a tirare fuori sempre il meglio, da persone e situazioni.

Arianna Michi

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