Nel tessuto della società moderna, dove le barriere dovrebbero essere abbattute e l’inclusione dovrebbe essere una priorità, emerge la storia di Libera, infermiera di un’azienda pubblica.
La sua narrazione non è solo un racconto personale, ma un richiamo all’azione contro la discriminazione sul luogo di lavoro.
La storia di Libera inizia quando suo marito è stato trasferito per lavoro in una regione lontana, e, con coraggio, ha seguito la famiglia. “La mia vita è un equilibrio tra l’impegno lavorativo e la dedizione alla cura del mio piccolo figlio, riconosciuto con il 104 già nei primi mesi di vita,” afferma Libera. Con una determinazione incrollabile, ha pianificato attentamente il ritorno al lavoro, cercando un percorso di scambio alla pari.
Le sfide sono emerse quando, con un occhio attento alle procedure, Libera ha iniziato a muoversi verso il ritorno al lavoro. Tuttavia, i sindacati l’hanno messa in guardia sull’atteggiamento rigido dell’azienda nei confronti del personale con problematiche, rifiutando a priori determinate persone senza valutarne le competenze. Libera porta delle protesi acustiche.
Nonostante le avvertenze, Libera ha perseverato, solo per scoprire che la sua collega, con cui doveva scambiarsi, aveva dovuto stabilizzarsi altrove a causa dei tempi lunghi di risposta della sua azienda di appartenenza.
Libera ha presentato domande per il trasferimento con la legge 104, il ricongiungimento familiare e una mobilità compensativa con una collega.
Le risposte ottenute sono state un susseguirsi di respinte, procrastinazioni e trattamenti disuguagli. Anche l’intervento di un avvocato del lavoro non ha scalfito l’apparente impenetrabilità della discriminazione.
Con una laurea ottenuta con dedizione e uno sguardo alle stelle, Libera si interroga sul perché, nel 2023, la discriminazione persista.
“Io amo aiutare il prossimo grazie al mio lavoro. Non è stata vocazione la mia, ma è stata una consapevolezza arrivata pian piano, un amore nato con il passare degli anni,” riflette Libera.
La sua esperienza non è solo legata al presente, ma risale agli anni dell’università, dove docenti le dicevano che, “vista la mia condizione,” non avrebbe potuto andare avanti. Nonostante gli abusi subiti durante i tirocini, ha ottenuto il suo traguardo con 100/110 a marzo 2017.
La lotta di Libera è ora giunta a una fase legale, ma la sua determinazione rimane ferma. La sua voce si eleva contro l’ingiustizia, sottolineando come il lavoro sia essenziale, ma la famiglia è la ragione di vita. La storia di Libera è un richiamo urgente a sradicare la discriminazione, a favorire la piena inclusione e a riconoscere che le persone, indipendentemente dalle sfide che affrontano, hanno il diritto di perseguire i propri sogni e di contribuire alla società.
Libera concluderebbe con le sue parole: “Io vivo, quindi posso.”
Una dichiarazione di forza e resilienza che risuona come un inno alla possibilità di superare le avversità. In questo mondo del lavoro, Libera non ha deciso di nascondere la testa sotto la sabbia; al contrario, la solleva con dignità, sfidando il sistema e ispirando coloro che si trovano in situazioni simili a non mollare mai.
Redazione Nurse Times
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