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“Orecchio bionico”: primo impianto al Sant’Eugenio di Roma

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"Orecchio bionico": primo impianto eseguito al Sant'Eugenio di Roma
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L’impianto cocleare, noto anche come “orecchio bionico”, è stato eseguito su una donna affetta da sordità gravissima.

“Lo scorso 11 maggio, presso l’Unità operativa complessa di Otorinolaringoiatria dell’ospedale Sant’Eugenio di Roma, è stato eseguito con successo il primo impianto cocleare su una paziente affetta da sordità gravissima“. Così recita una nota dell’Asl Roma 2.

“Conosciuto da molti come ‘orecchio bionico’ – spiega il comunicato – l’impianto cocleare permette di ripristinare l’udito in pazienti che non hanno giovamento dalle protesi acustiche tradizionali. Il compito è quello di sostituire completamente la funzione uditiva danneggiata, andando a stimolare elettricamente il nervo acustico”.

Prosegue la nota: “La corretta applicazione di questo dispositivo medico richiede un approccio multidisciplinare e il coinvolgimento di servizi di alta specializzazione. Presso l’ospedale Sant’Eugenio si ritrovano le caratteristiche e l’impianto organizzativo per la gestione integrata mediante impianti cocleari e protesi acustiche impiantabili dei pazienti affetti da sordità. Infatti, la struttura si distingue per la grande specializzazione in chirurgica otologica, l’audiologia, la foniatria, la riabilitazione logopedica, la psicologia clinica e la neuroradiologia”.

“Dal punto di vista chirurgico, l’intervento è andato perfettamente – spiega all’agenzia Dire il professor Guido Coen Tirelli, primario del reparto di Otorinolaringoiatria del Sant’Eugenio -. È durato due ore e la paziente, una donna di 47 anni, è in ottime condizioni. In un paziente adulto ipoacusico profondo, ovvero molto grave, che ha già acquisito la parola e che non può trarre alcun giovamento da una protesi esterna applichiamo una protesi all’interno dell’orecchio e diamo vita a una trasmissione elettrica del segnale acustico nell’orecchio stesso, proprio tramite l’impianto cocleare”.

Sempre Coen Tirelli: “Il paziente torna così a sentire i suoni, che non sono quelli originali ma che in qualche modo lo aiutano a poter sentire. È poi prevista una fase dedicata alla rieducazione per capire se il segnale elettrico che noi mandiamo sia uguale al segnale acustico”.

La corretta applicazione di questo dispositivo medico prevede un approccio multidisciplinare. “In questo approccio – conclude il primario – c’è un’equipe che lavora in perfetta sinergia e che mette insieme l’audiologo, ovvero chi esegue l’esame dell’udito, il chirurgo, lo psicologo, la logopedista e il radiologo“.

Redazione Nurse Times

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