La crisi di governo che ha investito il nostro Paese sta già producendo conseguenze importanti su diversi aspetti economici e non solo. Le direttive di Governo sono sospese, restano attive quelle di mantenimento del Paese. Ma il panorama nazionale e internazionale non è dei migliori: ci troviamo nel pieno di una crisi sanitaria per via della pandemia, con l’aggiunta di un ulteriore agente virale (vaiolo delle scimmie – Monkeypox) che sta diffondendo rapidamente in tutta Europa, creando non poca preoccupazione.
In un momento così critico vi era la necessità di valutare costantemente l’andamento sanitario (attività che viene mantenuta dai tecnici sanitari del territorio) e, a seguire, la necessità di fronteggiare tempestivamente gli andamenti degli scenari in atto, nonché la possibilità di prevederne di nuovi. Una stabilità di governo avrebbe senza dubbio aiutato a sorreggere i cambiamenti che con il nuovo Pnrr si stanno già applicando anche in campo sanitario. Inoltre, cosa non da poco, avrebbe dato anche la possibilità di continuale il lavoro intrapreso con i “tavoli di trattativa”, per confermare i contratti di numerosi sanitari impiegati nella sanità pubblica a titolo precario.
Nel biennio pandemico appena trascorso sono state circa 16.289 le unità infermieristiche assunte in tutta Italia per fronteggiare l’emergenza sanitaria, e il Governo Draghi stava lavorando fattivamente per dare forma a un piano di stabilizzazione nazionale già programmato e valutato in Conferenza Stato-Regioni. Allo stato attuale vige una necessità impellente: quella di far fronte alla costante crescita del fabbisogno di infermieri.
Ricordiamo che il Rapporto Health at a Glance del 2021 dell’Ocse sottolinea “il ruolo chiave che svolgono gli infermieri nel fornire assistenza negli ospedali, nelle strutture di assistenza a lungo termine e nella comunità è di nuovo evidenziato durante la pandemia di Covid-19”. Ciononostante, e tenendo conto che anche la Fnopi ha posto l’atavica problematica ai diversi governi che si sono susseguiti in questo trienni, si costata la mancata attivazione di qualsiasi forma di risposta costruttiva e fattiva, se non l’indizione a carattere regionale di manifestazioni d’interesse che prevedono contratti a tempo determinato.
Manifestazioni d’interesse che comunque non riescono a coprire minimamente le necessità numeriche di copertura del fabbisogno di personale, continuando a rimanere sotto numero su tutto il territorio nazionale. La costante inadempienza e la lentezza delle singole Regioni nell’eseguire le procedure distabilizzazione dei numerosissimi precari denotano la mancanza di volontà di migliorare il Sistema sanitario nazionale. Prendendo atto di ciò, bisogna considerare la necessità di impiego da garantire per la prossima e imminente emergenza sanitaria di grande portata, che è oramai alle porte.
Ora le domande sono numerose. Come si intende far fronte all’imminente emergenza sanitaria virale che investirà l’Italia già d’autunno? L’attuale Governo dimissionario ha investito ampiamente sul Pnrr, e in particolare sul progettare una nuova assistenza sanitarie territoriale, riconoscendo nella figura infermieristica un ruolo cardine di gestione e coordinamento, ma come si intende procedere con l’abnorme mancanza di Infermieri?
Si parla sempre di carenza d’infermieri, ma pur di non assumere figure infermieristiche numerose Regioni, con provvedimenti goffi, inventano figure sanitarie alternative, dalla formazione discutibile: è realmente conveniente fare ciò, piuttosto che assumere più infermieri? Ridurre infermieri e medici significa ridurre l’assistenza sanitaria in un momento in cui invece andrebbe aumentata: a che punto è ciò che è stato decretato dal Governo draghi sui piani di stabilizzazione, demandati alle Regioni? La volontà delle Regioni sarà quella di congelare tutto, venendo meno ai patti con sindacati e Governo?
Di seguito riportiamo dei numeri approssimativi sul personale infermieristico precario che necessita di stabilizzazione nelle diverse regioni. La situazione varia molto da regione a regione.
In Piemonte, su 6.099 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid, sono 4.783 i precari. Si tratta di 346 medici, 1.525 infermieri e 2.912 altro personale.
In Valle D’Aosta, su 213 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid sono complessivamente 184 i precari di cui 40 medici, 62 infermieri e 82 altro personale.
In Lombardia su 12.680 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid, sono 8.955 le unità di personale con contratti precari. Si tratta di 1.785 medici, 3.711 infermieri e 3.459 altro personale.
In Liguria, su 1.845 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid, sono 1.608 i precari che hanno prestato servizio nel corso della pandemia, di cui 210 medici, 590 infermieri e 808 altro personale.
Nella Provincia autonoma di Bolzano, su 708 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid, i precari sono complessivamente 553, di cui 80 medici, 145 infermieri e 328 altro personale.
Nella Provincia autonoma di Trento, su 337 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid, i precari sono complessivamente 252, di cui 58 medici, 76 infermieri e 118 altro personale.
In Veneto, su 5.025 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid, i precari sono complessivamente 1.780, di cui 492 medici, 835 infermieri e 453 altro personale.
In Friuli Venezia Giulia, su 1.375 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid, i precari sono complessivamente 874, di cui 236 medici, 295 infermieri e 343 altro personale.
In Emilia Romagna, su 10.660 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid i precari sono complessivamente 5.979 di cui 1.113 medici, 2846 infermieri e 2.020 altro personale.
In Toscana su 7.468 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid, i precari sono complessivamente 2.541 di cui 755 medici, 732 infermieri e 1.054 altro personale.
In Umbria su 976 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid i precari sono complessivamente 869, di cui 163 medici, 389 infermieri e 317 altro personale.
Nelle Marche, su 1.411 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid, i precari sono complessivamente 1.246, di cui 292 medici, 601 infermieri e 353 altro personale.
Nel Lazio, su 6.137 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid, i precari sono complessivamente 4.034, di cui 822 medici, 1.486 infermieri e 1.726 altro personale.
In Abruzzo, su 1.939 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid, i precari sono complessivamente 1.808, di cui 102 medici, 914 infermieri e 792 altro personale.
In Molise, su 279 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid, i precari sono complessivamente 264, di cui 5 medici, 143 infermieri e 116 altro personale.
In Campania, su 7.240 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid, i precari sono complessivamente 5.565, di cui 834 medici, 2.978 infermieri e 1.753 altro personale.
In Puglia, su 7.638 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid, i precari sono complessivamente 4.453, di cui 401 medici, 2.436 infermieri e 1.616 altro personale.
In Basilicata, su 400 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid, i precari sono complessivamente 363, di cui 20 medici, 207 infermieri e 136 altro personale.
In Calabria, su 1.474 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid, i precari sono complessivamente 1.258, di cui 206 medici, 717 infermieri e 335 altro personale.
In Sicilia, su 7.711 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid, i precari sono complessivamente 7.068, di cui 1.360 medici, 1.993 infermieri e 3.715 altro personale.
In Sardegna, su 1.565 operatori sanitari reclutati nel corso dell’emergenza Covid, i precari sono complessivamente 937, di cui 89 medici, 552 infermieri e 296 altro personale.
La necessità di dare seguito alle stabilizzazioni programmate e di calendarizzare un nuovo piano assunzioni nella sanità pubblica significa dare fiato a un Sistema sanitario in forte affanno, che riesce a far fronte alle necessità della collettività grazie a un costrutto che da anni rappresenta la modalità prediletta per assicurare allo stesso Ssn la sua naturale (ma potremmo dire innaturale) continuità. Intendiamo i numerosi appalti di servizi che da più di 40 anni si perpetrano nella sanità pubblica italiana attraverso agenzie interinali, cooperative, eccetera. Una metodica umiliante per i professionisti sanitari, i quali, spesso, come ultima ratio, sono costretti a cedere per potersi garantire un minimo di salario garantito.
Gli infermieri e le altre figure professionali sanitarie hanno per troppi anni accettato questa metodica di sfruttamento, ma ora sarebbe il caso di alzare la testa e dettare noi i termini contrattuali e di assunzione. Le emergenze, come quella sanitaria del Covid, hanno dimostrato quanto siano FONDAMENTALI gli infermieri in tutto l’apparato di risposta. E siamo indispensabili anche nella routine extra-emergenziale, basta solo che ce ne rendiamo conto. E se fossimo uniti e pronti a incrociare le braccia? Quanti diritti e quante richieste ci sarebbero garantite all’istante?
Gustavo Castellano
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