Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa firmato dalla segreteria regionale dell’Unione Lavoratori Sanità.
Quando suonerà il prossimo campanello in una corsia di un ospedale della regione Lazio, forse si risponderà dopo il 1° gennaio 2019. Lanciano l’allarme Anna Rita Amato e Antonino Gentile del direttivo ULS Roma e Lazio. Ovviamente il paradosso è voluto per far intendere che le criticità della sanità regionale, legate alla carenza di personale delle strutture sanitarie, non possono essere rimandate ulteriormente, nonostante gli ultimi annunci trionfalistici provenienti da più fronti istituzionali.
Ci sembra che quantificare in cinquemila le ipotetiche assunzioni di lavoratori nella sanità dal 2019 in poi sia un calcolo al ribasso che non tiene conto della grave perdita di personale che c’è stata negli ultimi 12 anni a causa del blocco del turnover, e che in futuro si aggraverà grazie ai pensionamenti. Si stimano circa 7.500 fuoriuscite ulteriori nei prossimi 5 anni. A rendere ancor più critica la situazione è il periodo estivo, con le relative ferie dei dipendenti, già ridotti all’osso e costretti a prolungamenti orari per coprire i servizi.
La forza lavoro della sanità laziale registra un saldo negativo – spiegano i due componenti del Direttivo ULS Roma e Lazio – che non riesce a essere colmato dalle stabilizzazioni ai sensi della L. 208/2015 e della Legge Madia, che non aggiungono risorse, ma fanno sì che chi già lavora come precario continui a lavorare finalmente a tempo indeterminato. La nuova normativa (proposta di legge n. 30 approvata dall’Aula, “Disposizioni in materia di vigenza delle graduatorie delle aziende ed enti del servizio sanitario regionale”) prevede la fine del ricorso a graduatorie concorsuali vecchie di oltre tre anni (previsto dal decreto legislativo 165/2001, articolo 35, comma 5 ter). Nelle righe di tale proposta non ci è sembrato però di leggere un impegno numerico certo ad assumere nei prossimi anni, ma forse difettiamo nell’osservazione a distanza.
A nostro parere, ancor prima della previsione di chiudere le vecchie graduatorie, si sarebbe dovuto preventivamente dare il via alle aziende sanitarie, semplificandone i processi, per poter assumere tramite le graduatorie ancora vigenti (recentissima quella del Policlinico Umberto I a cui si attinge con lentezza). Rimaniamo in attesa di un piano definitivo di assunzioni tramite concorsi pubblici che immetta nuove energie essenziali per la sanità del Lazio. Inoltre, ad oggi, risultano essere ancora troppo pochi e cavillosi gli avvisi di mobilità per i professionisti sanitari emigrati e costretti a lavorare a centinaia di chilometri di distanza. È urgente, a questo punto, consentire l’auspicato rientro e l’inserimento nelle strutture sanitarie della regione.
Bene l’uscita dal commissariamento della sanità del Lazio dal primo giorno del 2019 – concludono i due sindacalisti –, ma non si canti vittoria, visto che i tanti anni di piano di rientro per tentare di riordinare i conti della sanità regionale li stanno pagando sulla propria pelle i lavoratori e i pazienti che, in termini di efficienza e qualità dei servizi alla salute, continuano a suonare invano il campanello in attesa delle assunzioni promesse.
La segreteria Uls Roma e Lazio
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