L’autonomia dell’infermiere nell’opposizione all’atto medico: quando, come e perchè
L’infermiere in autonomia, si muove in una sfera che si affaccia verso un terreno confinante, quello della pratica medica. Ma in alcuni casi potrebbe sembrare che l’esecutore (infermiere) prevarichi e si sostituisca al prescrittore (medico) contrastandone la decisione fino a bloccarla e a non eseguirla. In verità un’autonomia responsabile guida sempre l’infermiere a decidere in virtù della posizione di garanzia a protezione del bene salute.
Perchè l’infermiere in alcuni casi, può e deve rifiutare di dare seguito alla prescrizione medica? Così facendo oltrepassa il confine medico? Come e quando?
L’inizio dell’autonomia infermieristica
L’autonomia dell’infermiere a vent’anni dalla Legge 251/2000 rappresenta un nuovo mondo ancora inesplorato. La capacità di azione in una sfera prettamente professionale non è chiara a molti, ma non si tratta di scelta. Una nuova investitura di responsabilità viaggia di pari passo e sempre con annessi oneri, che ci indica il cammino del “saper fare” e del “saper essere”.
L’infermiere non è più “ausiliario”
La Legge 42/1999 abolendo l’aggettivo “ausiliaria” che dal 1934 accompagnava l’elemento di “professione sanitaria”, spinge di fatto verso l’autonomia dell’infermiere concettuale che verrà definita da ulteriori disposizioni legislative. Da questo momento infatti nessuna professione sanitaria è subordinata ad un’altra. La competenza limite è data dal profilo professionale (e non più dal mansionario), dall’ordinamento universitario e formativo post-base, dal codice deontologico.
Tale bagaglio cui attingere per quanto riguarda la competenza, responsabilità e funzione, è sempre a portata di mano e imprescindibile.
Il ruolo di autonomia delle professioni sanitarie
Definita anche la “Legge della dirigenza infermieristica”, la L.251/2000 ha rappresentato, in un contesto di paradigma della professione, un trampolino di lancio verso l’autonomia dell’infermiere.
Per la prima volta la Legge esplicitava il concetto di autonomia professionale legato all’ambito della discrezionalità decisionale, sempre nei limiti delle competenze infermieristiche. La partenza verso un terreno di conquista che si apriva ignoto ma fruttuoso per il professionista, ha da subito impattato contro un animo ancora relegato (per altrui merito) e legato (per colpa propria) a reminiscenze del passato.
Non tutti si era pronti infatti, ad abbandonare un ideale di isola felice, nella quale consapevolmente e con tacito assenso l’infermiere si lasciava usare per raggiungere comunque uno scopo di cura. Assumendo solo un marginale ruolo ausiliario, esso dimostrava un insensato timore nel cambiamento che si intravedeva all’orizzonte.
Già dagli anni ’80 questo sogno di emancipazione, veniva accompagnato da spinte che tendevano alla costruzione del definitivo lungo ponte professionistico verso la terraferma, verso cioè il mondo di espressione dell’atto sanitario effettivo. Un ponte che conducesse all’autonomia dell’infermiere col dovuto ruolo di protagonismo era divenuto impellente e non più prorogabile.
Come in una corsa alla conquista dello spazio, dell’ignoto, di un nuovo pianeta che attende solo la prima orma, per aprirsi e dimostrarsi cordiale e splendente, così le professioni infermieristiche, ostetriche, tecniche sanitarie, riabilitative e della prevenzione, venivano lanciate verso il futuro del contesto sanitario. Finalmente potevano attraversare il ponte recando in mano il proprio bagaglio di autonomia professionale.
La guerra di confine tra il medico e l’infermiere
Con l’avvento dei concetti di autonomia e responsabilità delle professioni sanitarie si è acceso da subito il dibattito tra l’infermiere ed il medico circa le competenze che definivano il personale campo di attività. Venivano toccati infatti i settori dei percorsi diagnostico-terapeutici ed assistenziali. Il fatto che in un moderno concetto di salute pubblica veniva messo al centro la multiprofessionalità in un’area equamente suddivisa, ha da subito contribuito ad accrescere rancori ancora non compresi a pieno.
Quando e come l’infermiere può in autonomia disattendere ad una prescrizione medica?
Il concetto di autonomia si trasforma per certi versi, pur rimanendo legato ad un senso positivo dell’azione decisoria che rientra nelle competenze dell’infermiere. In questo specifico caso si trovano ad essere sullo stesso piano e a convivere, la commissione e l’omissione di un fatto, quasi in antinomia (rapporto di contraddizione, decide di non decidere). In altre parole, l’infermiere che deve eseguire la somministrazione, decide di omettere la procedura (di non effettuarla), a protezione del paziente, essendo investito il professionista della posizione di garanzia. Perchè lo può fare?
Egli avendo il dovere di proteggere e vigilare sul bene salute dell’assistito, si accorge in quel dato momento che con l’omissione della somministrazione può evitare danni, può salvare la vita al “malato”.
Con la L.251/2000 all’infermiere si apre lo scenario dell’autonomia. Secondo l’art.1 le funzioni menzionate nel D.M. 739/94 possono essere tutte svolte in autonomia cioè su iniziativa personale, ad eccezione di una, che riguarda la prescrizione medica. Solo il medico può prescrivere e solo l’infermiere può effettuare la somministrazione.
Ma l’infermiere ora rappresenta un nuovo punto di riferimento per quanto riguarda la protezione della salute dell’assistito, può quindi far valere il suo “arbitrio” con accurate forme di comportamento.
Quindi può, ed è ormai obbligato da diversi pronunciamenti giurisprudenziali ed in virtù della posizione di garanzia del tutto autonoma rispetto al medico ( Cass. sez. IV, n. 9638/2000; sez. IV, n. 2541/2015, sez. IV, n. 24573/2011), opporsi a ciò che è stato prescritto.
Autonomia dell’infermiere negli errori di prescrizione
Quante volte già per il solo fatto che “mettevamo il naso” solo per curiosità in di una terapia medica, tanto per capirci qualcosa noi (visto che ormai sapevamo vita, morte e miracoli di quel paziente), ci è stato fatto notare in tutti i modi di pensare ai nostri fatti e stare al nostro posto? In molti casi già l’occhiataccia del medico è stata più che oloquente.
Certo è che l’infermiere non può opporsi ad una scelta medica riguardo alla terapia, ma deve poter dire la sua su eventuali errori notati, ed inoltre sulla congruità o la pertinenza della terapia.
Infatti l’atto della somministazione non può essere considerato un atto meccanicistico, ma entra in un ambito di collaborazione con la figura medica.
Se l’infermiere nota degli errori:
- incompatibilità tra farmaci;
- errori vari (dosaggio, errata via di somministrazione, errata velocità infusione, ecc.);
- incompatibilità tra patologia e farmaco prescritto;
- allergie annotate in cartella o conosciute
è obbligato nell’immediato a bloccare la somministrazione ed avvisare il medico il quale rivaluterà il dovuto. Insomma
“nell’autonomia della somministrazione dei farmaci, l’infermiere deve sempre fare una valutazione di quello che sta somministrando” (L. Benci 2019),
essendo garante della corretta procedura della somministrazione dei farmaci.
Un pronunciamento della Suprema Corte ( Sez. Civ. III, n. 7106/2016), rappresenta una pietra miliare in tema di responsabilità professionale infermieristica. Per la prima volta in una sentenza si stabilisce che diventa compito dell’infermiere intervenire direttamente sulla prescrizione medica “errata o incompleta” non proprio disattendendola, ma integrandola e modificandola per ricondurla ai protocolli in uso.
La difesa del medico cercò di controbattere e puntare più che altro sulla corresponsabilità medico-infermiere e non sulla responsabilità esclusiva (la propria), ribadendo che comunque l’infermiere doveva provvedere alla diluizione (avendola omessa per errore il medico).
Pertanto in caso di prescrizione incompleta, errata o insufficiente è dovere dell’infermiere intervenire in modo interlocutorio e, se del caso (addirittura)
integrare la prescrizione medica.
Autonomia dell’infermiere nelle mutate condizioni cliniche del paziente
Partendo dalla posizione di garanzia ci rende possibile comprendere la specificità dell’autonomia dell’infermiere. La Cassazione (Sez. Pen. IV, n. 5/2018) ha individuato il fondamento di tale virtù, che deriva dell’obbligo di solidarietà imposto dagli artt. 2 e 32 della Costituzione: “proprio nell’autonoma professionalità dell’infermiere quale soggetto che svolge un compito cautelare essenziale nella salvaguardia della salute del paziente… che va oggi considerato non più ausiliario del medico, ma professionista sanitario”. Nel caso condannò gli infermieri che non avendo riconosciuto l’aggravio di una situazione clinica, non avvisarono il medico di guardia. Sottolineò inoltre che
“fa capo all’infermiere una specifica posizione di garanzia nei confronti del paziente del tutto autonoma rispetto a quella del medico”.
Si capisce bene quindi come l’infermiere “armato” del concetto di autonomia responsabile è tenuto anche ad astenersi. L’autonomia dell’infermiere suggerisce che dovrà eseguire quanto prescritto dal medico quando si accorge che le condizioni cliniche del paziente sono cambiate. Infatti quella data prescrizione del medico era stata definita/scaturita dalle condizioni cliniche specifiche del caso.
La timeline nel processo di autonomia
Nel momento in cui il medico ha effettuato il proprio esame obiettivo in un punto, che potremmo definire “X” oppure “0”, cioè il momento da cui tutta la catena degli eventi è partita:
- il medico all’esame obiettivo si rende conto, valuta, attesta una data condizione del paziente. Prescrive un farmaco sempre riferito alla condizione valutata nel momento “0”.
- L’infermiere prende atto della prescrizione e si adopera ad eseguirla. Nel contempo si accorge di cambiamenti delle condizioni cliniche (parametri vitali) applicando una sua personale diagnosi infermieristica. Si astiene dalla somministrazione, non esegue la prescrizione medica. Avvisa il medico della variazione dell’assetto emodinamico del paziente al fine di rivalutare con esame obiettivo la nuova condizione e riformulare la prescrizione.
- Il medico rivaluta la nuova condizione dell’assistito ed emette nuova diagnosi con nuova prescrizione all’infermiere.
Conclusioni
La virtù di autonomia responsabile deve guidare l’infermiere a scelte mirate verso la protezione del bene salute, anche contrastando in un modo opportuno ed ampiamente indicato, una decisione medica. Tale concetto virtuoso risiede nella posizione di garanzia, come avviene per il medico e gli altri professionisti sanitari, ma specifica ed individuale.
Infermiere Legale Forense Giovanni Trianni
Fonti:
- Rodriguez D., Aprile A., Medicina legale per infermieri, Carocci Faber, Roma 2015;
- Chiapusso B., Del Sordo S., Genovese U., Magon G., Steffano A., Vercesi L., La Responsabilità professionale dell’Infermiere e la sua tutela assicurativa, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2014;
- Red. Nove da Firenze, Terapie farmacologiche: la responsabilità è interdisciplinare, Intervista al giurista Luca Benci, a seguito di una sentenza della Cassazione, Nove da Firenze, 2019;
- https://www.salvisjuribus.it/lautonomia-infermieristica-fonte-di-nuove-responsabilita-penali/
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