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L’Aquila, paziente Covid morta dopo essere rimasta chiusa in stanza: infermiere a processo

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L'Aquila, paziente morta dopo essere rimasta chiusa in stanza: chiesto rinvio a giudizio per un infermiere
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Il sanitario è accusato di omicidio colposo nell’esercizio della professione sanitaria. Si era allontanato per chiamare un medico e la porta si era bloccata.

Si è chiusa con il rinvio a giudizio di un infermiere 44enne di Sulmona, l’inchiesta sulla morte di una paziente affetta da coronavirus, una donna peruviana che era stata ricoverata nel reparto di Rianimazione dell’ospedale G8 Covid dell’Aquila. Il reato contestato dal pm è quello di omicidio colposo nell’esercizio della professione sanitaria. L’udienza è stata fissata per il prossimo 4 aprile davanti al Gup del Tribunale dell’Aquila.

Secondo l’accusa, l’infermiere avrebbe abbandonato la sorveglianza della paziente, che sarebbe deceduta dopo essere rimasta chiusa nella sua stanza per 15 minuti con la porta bloccata. La storia risale all’ottobre del 2020, quando una paziente di 65 anni fu ricoverata nell’allora reparto Covid dell’Aquila. All’inizio le sue condizioni erano critiche, poi sono andate via via migliorando fino al 3 novembre, quando il suo respiro diventò più difficoltoso, tanto da indurre l’infermiere a lasciare la paziente per andare ad avvisare il medico, che in quel momento era in un’altra stanza, chiudendo la porta della stanza.

All’arrivo dei medici, la porta della stanza di degenza era bloccata. La serratura fu sbloccata grazie all’intervento di un operaio, durato circa un quarto d’ora. Ma quando i medici entrarono nella stanza, la donna era già morta a seguito di un arresto cardiaco dovuto alla mancanza di ventilazione polmonare. Dopo la denuncia dei famigliari è stata aperta un’inchiesta e tutte le responsabilità sono cadute sull’infermiere, che secondo la Procura dell’Aquila non doveva lasciare sola la paziente.

“È davvero increscioso – afferma l’avvocato Carlotta Ludovici, che assiste i familiari della donna deceduta – che in un luogo dove bisognerebbe sentirsi al sicuro, possano verificarsi episodi tanto gravi. D’altronde chiunque di noi si sarebbe potuto ritrovare in quella situazione”.

Di parere contrario il difensore dell’infermiere, l’avvocato Alessandro Scelli, secondo il quale il suo assistito sarebbe totalmente estraneo alle accuse in quanto non poteva prevedere che la porta si sarebbe bloccata proprio quando stava sollecitando un intervento di soccorso per la paziente.

Redazione Nurse Times

Fonte: Rete Abruzzo

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