Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Caterina Plantamura, che insieme alle colleghe Flavia Calò e Vita Cascio condivide la passione per la letteratura.
Gentile direttore,
mi chiamo Caterina Plantamura e sono attualmente impegnata in sala operatoria all’Irccs Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano. Ho lavorato precedentemente a Bergamo, in un reparto di Chirurgia trasformato poi in area Covid. Sono un’infermiera, ma sono anche appassionata di scrittura e lettura, e in questi mesi ho scritto un libro che si intitola L’amore spiegato a mia figlia, che si concluderà proprio con la storia di un’infermiera, come è giusto che sia.
Questo manoscritto inedito è quasi completo, ma va rivisto da me e poi dalla mia correttrice di bozze, Flavia Caló, che lavora all’ospedale di Vaio, collega di studi all’Università di Parma, dove ci siamo laureate. Anche lei è un’infermiera, come me appassionata di lettura e scrittura. Ma ogni libro vuole una copertina, e per questo ho chiesto aiuto a un’altra mia collega, Vita Cascio, infermiera come me all’Istututo Neurologico Carlo Besta, lavoratrice e madre, che invece si diletta nel disegno e nella realizzazione di numerosi quadri, partecipando a contest e mostre.
Con la loro collaborazione, prima di pubblicare il libro, entro il 23 febbraio 2023 vorrei partecipare al Premio Salvatore Quasimodo, della casa editrice Aletti, sperando non tanto di vincere, ma di portare alla luce un elaborato che vede coprotagoniste tre donne, tre colleghe, tre infermiere. Una volta inviato l’elaborato, ci sarà, pare, un mese di tempo per conoscere il luogo della premiazione, a cui comunque tutti gli inediti parteciperanno, e vorrei portare con me le mie colleghe.
Ripeto, nulla è finalizzato alla vittoria, ma a dimostrare quanto le donne possano fare cose meravigliose, come collaborare tra loro, dimostrando la poliedricità di noi infermieri. Dimostrando, cioè, che dietro le divise verdi o bianche ci sono persone con grandi passioni, che continuano a coltivare nonostante la stanchezza dei turni, la mancanza di personale, lo stipendio non adeguato.
Questa è la storia che voglio raccontare, in un periodo di crisi e demotivazione per tutti noi. Donne, mamme, lavoratrici e infermiere riescono ancora a esprimersi oltre la loro professione, e grazie a questa. Spero che sia una buona storia, da raccontare non per rendere noi protagoniste, ma per spingere i colleghi a credere sempre nei loro sogni, nella collaborazione e nell’unione che fa la forza. Tutte caratteristiche importanti del nostro lavoro.
Caterina Plantamura
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