La7, Tagadà. Oggi sarebbe dovuta andare in onda una rettifica da parte della giornalista Tiziana Panella sulle affermazioni errate e potenzialmente allarmanti per i cittadini divulgate dalla sua trasmissione in data 18 marzo.
Ebbene, la rettifica non solo non c’è stata… ma la giornalista ha continuato la sua opera di disinformazione contro la professione infermieristica.
“Io avrei, apprendo, una questione aperta con gli infermieri…”. Esordisce così Tiziana Panella, con arroganza ed atteggiamento provocatorio, parlando della questione di cui tanto si è discusso in queste settimane e che ha suscitato l’indignazione di tutti gli infermieri italiani.
Chi si aspettava una qualche spiegazione per fare chiarezza, per tranquillizzare i cittadini o semplicemente un dietro front per chiedere scusa ad un’intera categoria di professionisti, ha avuto subito il ben servito. Se quello del 18 marzo nella trasmissione Tagadà di La7 era stato un attacco gratuito, ingiustificato, disinformato e disinformante alla professione infermieristica, quella di oggi è stata una vera e propria dichiarazione di guerra.
La signora Panella, da abile addetta alla comunicazione, ha infatti strutturato la sua trasmissione in modo perfetto per raggiungere il suo obiettivo: screditare la figura infermieristica e raccontarla come naturalmente subordinata a quella del medico.
Perché? Per dimostrare coerenza e continuare col delirio iniziato 11 giorni fa, probabilmente… Senza informarsi più di tanto. Anzi, forse per niente:
“…Io mi chiedo: se arrivo in pronto soccorso e in qualche maniera nel momento in cui mi danno il codice mi fanno una diagnosi, la diagnosi non la dovrebbe fare il medico? Punto di domanda?”…
Cara Panella… Quella non è una diagnosi. Sa cosa sono algoritmi, linee guida, protocolli e procedure? Ha letto qualche riga sulla definizione di Triage dopo lo scivolone a causa di cui è caduta nel ridicolo il 18 marzo e soprattutto prima di affrontare la diretta di oggi? Conosce l’importanza che gli algoritmi internazionali hanno ad esempio nella rianimazione cardiopolmonare e nel salvare delle vite? Sa cos’è la letteratura scientifica? ‘Punto di domanda’? Evidentemente no.
Per fortuna è stato proprio Giacomo Milillo, segretario nazionale della federazione medici di famiglia, a sbugiardare le affermazioni preconfezionate dalla conduttrice:
“In triage non serve fare una diagnosi. Il triage serve a selezionare e a categorizzare le persone quando il servizio è limitato e bisogna curare i più urgenti, quindi classificare l’urgenza. E questo si fa con una procedura codificata dalla quale risulta automaticamente la classificazione.
Quindi ci sono delle specifiche domande di rilevazione e di indagine. Il triage non si fa solo in pronto soccorso, si fa anche per… negli Stati Uniti lo fanno anche per le visite domiciliari pediatriche. Naturalmente è un test che può avere dei falsi positivi e dei falsi negativi esattamente come qualsiasi esame e qualsiasi procedura”.
Anche la dottoressa Mangiacavalli, presidente nazionale del Collegio IPASVI ospite in studio, nonostante le continue interruzioni della Panella ha cercato di fare un po’ di chiarezza: “L’infermiere, di fronte ad una sorta di algoritmo, orientando le domande secondo questo algoritmo è in grado di definire qual è la priorità di accesso al servizio.
Tenga conto che la funzione di Triage prevede una rivalutazione che prevede una supervisione da parte del medico. Quindi la modifica dei parametri rilevati o comunque delle condizioni rilevate viene o rivalutato il codice colore o allertato il medico presente in pronto soccorso”.
Ha continuato così la presidente del Collegio: “…è inutile ricordare che siamo di fronte ad una modifica importante dei bisogni di salute dei nostri cittadini. E la modifica dei bisogni di salute comporta il fatto che il SSN si deve dotare di nuove competenze e di nuove professionalità. Queste competenze sono oggi rappresentate da quella che è l’essenza della professione che rappresento.
Quindi il bisogno di cronicità, di fragilità, di disabilità dei nostri cittadini è preso in carico da un infermiere che si è formato ed ha studiato per quello”… E si tratta di “Un infermiere che fa retraining costante su questo tipo di attività e che agisce nell’ambito di un lavoro d’equipe con protocolli concertati tra diverse professionalità”.
Sulla questione che ha suscitato e susciterà l’ira funesta degli infermieri italiani “I dubbi restano i miei dubbi”, dichiara la Panella. E questo nonostante la realtà dei fatti sia palesemente contro ogni sua arrogante e ignorante affermazione . Eh sì… I suoi dubbi, cara giornalista, sono quelli di chi argomenta senza informarsi.
Ne sarebbe uscita molto meglio se avesse fatto chiarezza, evitando di incentrare il dibattito sui suoi discutibili punti di vista.
E magari chiedendo scusa ai cittadini. Che, come sicuramente lei non saprà, sono al centro di ogni processo di assistenza e di cura. E hanno il diritto di essere correttamente informati.
Alessio Biondino
Lascia un commento