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“La vita prima”: momenti quotidiani all’interno di una RSA. Intervista a Emiliano Cribari

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Speciale NurseTimes. Intervista a Emiliano Cribari, fotogiornalista fiorentino interessato soprattutto a tematiche sociali

La vita dentro una residenza sanitaria assistita attraverso le immagini colte da un “non addetto ai lavori”. Fotografie che raccontano, storie diverse, possibili interpretazioni. Dare voce ai silenzi, accettarne il senso, provare a leggere ciò che non è solo evidenza ma anche scoperta. Un viaggio emozionale ma non solo. Chi lavora con gli anziani scatta tutti i giorni fotografie, ma a bassa risoluzione, talvolta volutamente sfocate. Uno zoom che non indaga, che non giudica, ma mette a fuoco il disagio di chi con la solitudine ci lavora. Un viaggio dentro le solitudini di molti. Da vedere, da provare.

 

Buongiorno Emiliano ti ringraziamo per averci concesso questa intervista. Parliamo dell’esposizione che si terrà a Firenze dal 9 al 18 febbraio c. a. nei locali de “Le Murate” promossa dal collegio Ipasvi di Firenze, con “l’obiettivo di stimolare una riflessione sui limiti delle possibilità infermieristiche”… puoi spiegarci meglio questo concetto?

La prima volta che io, come fotografo, sono entrato in contatto con il mondo delle RSA è stata nel Febbraio di un anno fa, accogliendo una considerazione tanto profonda quanto particolare, e cioè che nonostante in questa specifica RSA le cose funzionassero decisamente bene (infermieri e operatori sanitari preparati, premurosi, eccetera) il quadro visivo che un osservatore esterno si trovava di fronte entrando dentro era forte: sembrava cioè quasi di essere di fronte alle fotografie di Gianni Berengo Gardin dedicate ai manicomi… Da qui la domanda: ma sono solo la malattia e/o l’età a rendere alcune persone così oppure c’è altro?

…cioè non è veramente possibile farci niente oppure esiste un limite alle possibilità assistenziali che è superabile?

L’ho posta, questa domanda. E mi è stato risposto di sì, che si può fare tanto di più. Partendo per esempio dal tempo a disposizione da dedicare ai bisogni (soprattutto psicologici, affettivi) degli ospiti. Così, ho chiesto e ottenuto l’autorizzazione a indagare proprio i bisogni di questi ospiti, trascorrendo tanto tempo con loro e dando vita a una sorta di ricerca sulla solitudine, sulla tenerezza. E mi si è spalancato un mondo, popolato perlopiù di dettagli, di sguardi che sono tristemente ritornati bambini.

 

La professione infermieristica vista dall’esterno…

Una famiglia, coi suoi conflitti, i suoi dissapori, i suoi legami indistruttibili. Una famiglia mossa da un’autentica e cruciale missione: assistere gli altri. Una famiglia eternamente in movimento. Che non ha il tempo di rallentare ma la voglia di crescere, di migliorare.

 

Puoi descriverci uno dei momenti che più ti ha colpito di questa esperienza?

Mi ha colpito l’atteggiamento degli infermieri davanti alla macchina fotografica. Di assoluta naturalezza. Dopo pochi istanti dal mio arrivo in struttura, tutti mi hanno accolto come uno di loro, ignorando totalmente il mezzo fotografico. Mettendomi quindi nelle condizioni di realizzare un reportage vero, senza finzioni, senza forzature.

 

“C’è una vita prima e una vita dopo la autosufficienza. Queste persone sopportano i giorni ricordando frammenti della loro vita prima”, questo il messaggio che passa attraverso gli scatti da te proposti… lo spirito di questa iniziativa?

Lo spirito è assolutamente quello di costruire. Di utilizzare queste immagini come un punto interrogativo da trasformare in un punto esclamativo. Come una fucina di perché ai quali – tutti insieme – provare a dare una risposta e sviluppare proposte, al fine di ottenere soluzioni. Ripeto: queste fotografie sono nate in seno a una RSA sana, gestita da validi professionisti. Che, in quanto tali, manifestano ogni istante la voglia di crescere, quindi di soddisfare sempre più i bisogni degli ospiti. Magari, appunto, anche semplicemente osservando un pugno di fotografie còlte da una persona che infermiere non è.

 

Chi è l’infermiere secondo Emiliano Cribari?

Quelli che ho incontrato io sono persone umili e preparate, dotate di una sensibilità, di un’etica, di un amore verso gli altri esseri umani (quindi anche verso il proprio lavoro) veramente elevati. Ho visto lavorare per mesi queste persone quasi ogni giorno, e la mia vita è cambiata. In un mondo che sembra sempre più avviarsi verso la fine esaltando e strapagando calciatori e compagnia bella, ho avuto la fortuna di conoscere chi sono – e di capire cosa fanno – i veri eroi.

Grazie Emiliano per questa tua preziosa testimonianza che condividiamo con i nostri lettori.

Una lezione di vita che solo questi luoghi particolari possono trasmettere…ti ringraziamo per la tua grande sensibilità verso il sociale, verso questo mondo complesso e composto da persone con dei sentimenti reali, immortalati negli scatti presentati all’esposizione che si terrà nei locali de Le Murate dal 9 al 18 febbraio a Firenze promossa dal collegio Ipasvi di Firenze.

Giuseppe Papagni

Info: www.ipasvifi.it

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