La dott.ssa Federica Cafagna consegue la laurea in infermieristica presso l’Università degli studi di Bari, dissertando la tesi dal titolo “Parlami di te: Nursing Narrativo come strumento di cura”
Abstract
La centralità del racconto nella rappresentazione del proprio stato di salute, del proprio percorso di vita, o meglio di malattia, ha iniziato a farsi strada a partire dai primi studi condotti da Rita Charon (2001) della Columbia University, fino all’ antropologia medica di Byron Good (1999). Il nursing narrativo utilizza la narrazione per il racconto dell’esperienza di malattia del paziente. Un altro strumento di nursing narrativo è l’autobiografia cioè una narrazione scritta dal soggetto stesso. I diversi tipi di ricerca qualitativa possono essere definiti in base al tipo di domande che il ricercatore si pone nel momento in cui avvia la sua indagine. Il ricercatore è coinvolto nella situazione oggetto di studio, deve saper osservare e partecipare alla vita dei soggetti studiati per sviluppare una visione dal di dentro che è il presupposto della comprensione
INTRODUZIONE
L’irruzione della malattia nella vita di una persona costituisce una rottura in quanto impone cambiamenti improvvisi rispetto al normale scorrere della vita e nella complessità di dare un significato a ciò che stanno provando, spesso hanno difficoltà ad accogliere ciò che sta loro accadendo. Questa situazione può portare alla somatizzazione di tensioni che possono manifestarsi con sintomi fisici, stati d’ansia e perdita di fiducia nei confronti del curante e della terapia.
“Attraverso l’ascolto e il dialogo è comunque possibile ricomporre il disallineamento tra sanitario e paziente per quanto riguarda il significato dell’esperienza di una malattia” (Cartoni 2017).
Nonostante il raccontare sia un aiuto positivo alla persona, non è sufficiente per il malato a rielaborare i fatti e focalizzare le emozioni, percorso che si completa in un rapporto intimo e di fiducia tra paziente e sanitario attraverso una relazione finalizzata a costruire insieme, con la narrazione e l’ascolto, il significato dell’esperienza di malattia.
Nel momento della malattia si rivela utile il supporto fornito dalla Medicina Narrativa, in quanto aiuta il paziente a prendere consapevolezza, a ritrovare le parole per dare un nome a quelle esperienze, a rimettere insieme i frammenti del tempo, dello spazio, del corpo; a creare un ponte tra quello che è stato, che è, che potrà essere. In qualche modo, a ritrovarsi.
La Conferenza di Consenso – Linee di indirizzo per l’utilizzo della Medicina Narrativa in ambito clinico assistenziale per le malattie rare e cronico-degenerative- tenutasi nel 2014, afferma che con il termine Medicina Narrativa, si intende: “una metodologia d’intervento clinico-assistenziale basata su una specifica competenza comunicativa.
La narrazione è lo strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura. Il fine è la costruzione condivisa di un percorso di cura personalizzato (storia di cura). La Medicina Narrativa (NBM) si integra con l’Evidence-Based Medicine (EBM) e, tenendo conto della pluralità delle prospettive, rende le decisioni clinico-assistenziali più complete, personalizzate, efficaci e appropriate.
La narrazione del paziente e di chi se ne prende cura è un elemento imprescindibile della medicina contemporanea, fondata sulla partecipazione attiva dei soggetti coinvolti nelle scelte. Le persone, attraverso le loro storie, diventano protagoniste del processo di cura”.
L’uso della narrazione nel contesto di cura è un concetto moderno ideato a fine anni 90 da Rita Charon (medico internista fondatrice del programma di Medicina Narrativa alla Columbia University di New York) con lo scopo di sensibilizzare gli operatori sanitari nell’ utilizzare un approccio narrativo nella relazione con il paziente, che permetta un approccio olistico della malattia, basato sull’empatia. Per curare il corpo è necessario sviluppare un rapporto maggiormente empatico con la persona. L’intuizione della Charon partì dalla necessità di coniugare competenza scientifica e competenza umana.
Iniziò scrivendo le storie dei pazienti che più la sconcertavano e capì che più scriveva di queste persone e della visione di ciò che accadeva, più capiva che l’atto della narrazione scritta le garantiva un accesso alla conoscenza del paziente e di sé stessa. In Italia la definizione scientifica di medicina narrativa nasce nel 2014 ed è definita dall’ Istituto Superiore di Sanità: “La narrazione del paziente e di chi se ne prende cura. Le persone, attraverso le loro storie, diventano protagoniste del processo di cura”.
Il paziente “si racconta” e/o “si scrive” nella sua complessità: non parla più di sé riportando solo i sintomi, ma le sue emozioni, il suo stile di vita, il contesto sociale, i suoi valori.
Ogni malattia è reale in quanto rappresentata da un fatto è cioè la sua esistenza in senso biomedico come lesione organica oggettivabile attraverso strumenti diagnostici ed esami clinici e come tale definita (disease) ma la realtà della malattia (illness) è definita anche dalla percezione che il paziente ha di essa nel suo divenire attraverso la soggettiva esperienza, rintracciabile attraverso il suo racconto. La narrazione della malattia riguarda questo secondo costrutto: le storie di malattie costituiscono la narrazione del vissuto soggettivo della persona, ciò che per lui costituisce la malattia.
Anche la dimensione sociale in cui l’individuo vive contribuisce a definire il significato della malattia di cui è affetto (sickness). Pertanto i malati hanno bisogno di professionisti sanitari che capiscano il loro illness. Le storie narrate e scritte offrono così l’occasione di contestualizzare dati clinici e soprattutto bisogni reali e potenziali, permettono di leggere la propria storia con gli occhi degli altri.
Dott.ssa Federica Cafagna
Tesi: “Parlami di te: Nursing Narrativo come strumento di cura. Revisione della letteratura”
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