Riceviamo e pubblichiamo un interessante elaborato a cura di Roberta Visaggio e Domenico Dentico.
Introduzione
La contaminazione particellare è la presenza involontaria di particelle estranee, mobili e non disciolte in una soluzione per infusione endovenosa, aventi dimensioni diverse, in genere ≥ 50 µm se visibili o < 50 µm se sub-visibili (queste ultime richiedono particolari test analitici per essere rilevate). Questa situazione è spesso determinata dall’ utilizzo di farmaci in fiale, contenitori preriempiti e soluzioni premiscelate.
La contaminazione da particolato può essere classificata come intrinseca o estrinseca a seconda della sua origine. I contaminanti intrinseci derivano dalla produzione, dall’imballaggio, dal trasporto e dallo stoccaggio delle soluzioni mentre i contaminanti estrinseci vengono generati durante la ricostituzione del farmaco, la miscelazione e la somministrazione al paziente. Entrambe le fonti di contaminazione devono essere considerate potenzialmente dannose per il paziente.
Il particolato deriva principalmente dal vetro delle fiale, dalla gomma (rubber) dei tappi dei flaconi per infusione e degli hub in gomma dei cateteri e dal materiale plastico dei set di infusione. Anche eventuali farmaci non perfettamente disciolti possono causare contaminazione particellare.
Queste particelle, se non vengono trattenute da un filtro adeguato, possono introdursi direttamente nel sistema vascolare e raggiungere la rete venosa di importanti organi, come polmone, rene, fegato, milza e cuore, determinando il peggioramento della microcircolazione sanguigna, eventualmente già compromessa dalla patologia di base, con effetti sfavorevoli a volte molto gravi finanche il decesso del paziente.
Tipo e dimensione delle particelle potenzialmente correlate a effetti clinici dannosi
Il 5% delle particelle presenti nelle soluzioni per infusioni endovenose sono visibili perché hanno dimensioni > 50 µm, ma in più della metà dei casi le loro dimensioni sono comprese tra 5 e 15 µm e quindi sono sub-visibili. Le particelle di dimensioni tra 10-12 µm possono depositarsi nei capillari polmonari, quelle tra 3-6 µm nella milza e nei linfonodi epatici e quelle di 1 µm nel fegato.
Potenziali conseguenze dovute alla contaminazione particellare
E’ stato dimostrato che le particelle infuse possono esacerbare le sindromi infiammatorie poiché attivano la cascata della coagulazione e alterano la risposta infiammatoria o la perfusione microvascolare. Un tessuto particolarmente coinvolto dall’accumulo di particolato è quello polmonare, per le caratteristiche del microcircolo, situazione che può condurre a conseguenze anche gravi, come l’instaurarsi della sindrome da distress respiratorio (RDS) e dell’embolia polmonare.
Una revisione di risultati autoptici in 41 neonati, sottoposti a nutrizione per via parenterale prolungata, in uno studio, ha evidenziato che in due di questi erano presenti anche granulomi dell’arteria polmonare. Inoltre un bambino di 12 mesi, dopo una nutrizione parenterale prolungata, è deceduto per ipertensione polmonare e arterite polmonare granulomatosa.
È stato riscontrato che le infusioni di nutrizione parenterale per un neonato di 3000 gr., secondo regimi nutrizionali standard, includono circa 37.000 particelle di dimensioni comprese tra 2 e 100 µm in un giorno di alimentazione di cui l’80% derivante dall’emulsione lipidica. Nei neonati, l’infusione di particelle, può aumentare il rischio di complicanze come l’infiammazione, la sepsi e l’enterocolite. Anche il tessuto miocardico può essere interessato con un processo infiammatorio a suo carico (miocardite). A livello locale si possono manifestare arrossamenti, trombosi, flebiti e tromboflebiti.
Strategie preventive
È possibile ridurre il rischio di contaminazione da particolato attuando particolari accorgimenti come:
- Scegliere e usare prodotti di qualità.
- Optare per le fiale in plastica, che hanno un basso carico particellare intrinseco, piuttosto che per le fiale in vetro.
- Prestare attenzione alla compatibilità nella somministrazione simultanea di farmaci iniettabili, per evitare una dissoluzione incompleta di uno dei due farmaci e ridurre, così, il rischio di formazione di precipitato.
- Considerare filtri in linea appropriati e aghi con filtro per prelevare i medicinali dalle fiale di vetro prima della somministrazione.
- Posizionare i filtri sulla linea endovenosa in prossimità del paziente.
- Utilizzare filtri da 0,22 μmper soluzioni prive di lipidi fino a 96 ore e filtri da 1,2 μm per infusioni lipidiche da cambiare ogni 24 ore.
I dispositivi dotati di filtri in linea consentono di rimuovere la contaminazione particellare, microbiologica e aria dalle soluzioni infusionali. Inoltre l’utilizzo dei filtri presenta vantaggi aggiuntivi rappresentati dal controllo visivo della sostanza infusa e dal blocco dell’infusione in caso di ostruzione del filtro. Gli operatori devono essere consapevoli del fatto che un filtro occluso solleva il sospetto che sia stato utilizzato un filtro non idoneo o che nella miscela sia presente un precipitato o un particolato. Un filtro occluso segnala la necessità anche di rivedere, da parte del medico, la formulazione dei componenti della sacca parenterale per valutare tutte le potenziali cause del problema.
Conclusioni
Negli Stati Uniti, dopo decessi di pazienti per embolia polmonare, che avevano ricevuto infusioni periferiche di miscele contenenti precipitati di fosfato di calcio, è stato emanato, per la prima volta nel 1994, dalla Food and Drug Administration (FDA) un avviso di sicurezza. La FDA, dopo studi e valutazioni effettuati in collaborazione con l’American Society for Parenteral and Enteral Nutrition (ASPEN), ha raccomandato, per evitare l’infusione di microprecipitati, l’utilizzo sulla linea di infusione di un filtro con porosità di 0,22 μm per miscele prive di lipidi e 1,2 μm per miscele contenenti lipidi.
Entrambi i filtri, comunque, permettono di rimuovere aria, microrganismi, citochine e particolato. Inoltre consentono la ritenzione di endotossine naturali (lipopolisaccaridi) rilasciate da germi Gram-negativi grazie alla presenza di una membrana filtrante caricata positivamente. Attualmente la filtrazione in linea rappresenta la prima strategia preventiva per ridurre l’infiammazione sistemica e le comorbilità in terapia intensiva neonatale (TIN).
Anche le raccomandazioni presenti negli ‘Standards of Practice’ riguardanti la terapia infusionale dell’Infusion Nurses Society (INS) del 2016 sono in linea con quelle delineate dall’ASPEN nel 2014. E’ necessario aggiungere, in conclusione, che le infusioni endovenose poiché sono ampiamente utilizzate nei reparti clinici e nelle unità di terapia intensiva (UTI) esporrebbero i pazienti al rischio di contaminazione da particolato ed è, quindi, importante informare ed educare il personale infermieristico sulle modalità di prevenzione riguardanti le incompatibilità farmacologiche e sull’utilizzo di presidi medici come i filtri antiparticolato.
Autori: Roberta Visaggio, Domenico Dentico
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