“Niente processo per i nostri figli colpiti dal citrobacter? Questa non è giustizia”. Così i genitori che si sono visti notificare la richiesta di archiviazione. Furono quattro i bambini morti, mentre altri nove riportarono lesioni cerebrali permanenti.
Ricordate il caso dei quattro neonati uccisi dal citrobacter, batterio che si era annidato in un rubinetto dell’acqua utilizzata dal personale della Terapia intensiva neonatale e anche nei biberon all’Ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento (Verona)? I decessi avvennero tra il 2018 e il 2020. Leonardo, Nina, Tommaso e Alice sono i nomi delle piccole vittime.
Altri nove bambini, invece, riportarono lesioni cerebrali permanenti. In tutto sarebbero stati addirittura 96 quelli colpiti dal citrobacter. Casi che si sarebbero potuti evitare, se chi di dovere fosse intervenuto per tempo e in modo adeguato.
Il mese scorso si sono chiuse le indagini, confermando, nei confronti dei sette indagati (medici, ex dirigenti, manager dell’ospedale scaligero), le accuse di omicidio colposo e lesioni gravissime, ma in relazione a due soli casi di contagio da citrobacter: quello di Benedetta, bambina padovana che ha riportato danni irreversibili, e quello di Alice, deceduta.
“Una perizia al ribasso – è insorta Francesca Frezza, biologa che per prima denunciò l’emergenza citrobacter, dopo aver perso la figlia Nina -. I consulenti del pm hanno diviso l’infezione in tre fasi: precoce (2018 – ottobre 2019), intermedia (ottobre 2019 – febbraio 2020) e tardiva (ultima settimana di febbraio – fine maggio 2020), dicendo che solo nella tardiva si poteva evitare il contagio. Mia figlia Nina, per esempio, è stata inserita nell’intermedia. Tale distinzione è assolutamente arbitraria e non condivisibile sul piano scientifico”.
Duro anche lo sfogo della mamma di Jacopo, uno dei piccoli che ha riportato lesioni cerebrali permanenti, che al Corriere della Sera ha dichiarato: “Al nostro bimbo quel maledetto citrobacter ha rovinato per sempre la vita, lasciandogli danni irreversibili al cervello. Ma adesso che è stata chiesta l’archiviazione delle accuse per i presunti responsabili, Jacopo rischia di vedersi negate anche la verità e soprattutto la giustizia. Non riusciamo a farcene una ragione. Io e mio marito non lo crediamo possibile. L’unica speranza che ci rimaneva era la magistratura, ma dopo questa decisione ci sta cadendo il mondo addosso”.
Una protesta che coinvolge un po’ tutti i genitori che si sono visti notificare la richiesta di archiviazione, che ora hanno 30 giorni di tempo per opporsi e chiedere al gip nuove indagini: “Niente processo per i nostri figli colpiti dal citrobacter? Questa non è giustizia”.
Redazione Nurse Times
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