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La carenza di infermieri accresce il tasso di mortalità

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Sanità pubblica-privata e terzo settore, Human Caring proclama sciopero di 24 ore
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Lo dice la Fnopi e lo conferma un nuovo studio su scala mondiale. A rischio, inoltre, la qualità dell’assistenza e la sicurezza del paziente.

Un recente studio, denominato RN4CAST e condotto a livello mondiale, ha confermato che i tassi di mortalità subiscono incrementi notevoli in caso di carenza di personale infermieristico. I risultati sono sorprendenti: quando il rapporto tra infermieri e pazienti ricoverati è superiore a 1:6 la probabilità di morte aumenta del 7% per ogni paziente in più da assistere.

Oggi, nelle regioni italiane virtuose, il rapporto è di 1:8, ma nelle regioni in difficoltà si arriva anche a 1:18. Lo conferma l’Ocse (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), secondo la quale il numero di infermieri nel Belpaese è tra i più bassi d’Europa: 5,5 ogni 1.000 abitanti, contro la media europea di 8,9. E la Fnopi sostiene che, se il rapporto infermieri-pazienti scendesse al livello auspicato dallo studio RN4CAST, si potrebbero evitare almeno 3.500 morti l’anno.

La riduzione del numero di infermieri ha implicazioni importanti per la qualità dell’assistenza e la sicurezza del paziente. Ma a quali rischi vanno incontro i pazienti in caso di carenza di personale infermieristico? La conferma arriva da altri studi. Uno di questi, volto a identificare gli ostacoli per un’efficace gestione del dolore nei reparti di chirurgia, rivela che una delle principali barriere è rappresentata dalla mancanza di tempo e dalla carenza di personale infermieristico. Uno studio finalizzato invece a individuare le barriere all’attivazione del team di emergenza intraospedaliera (una squadra di pronto intervento attivata dagli infermieri in caso di emergenza in reparto) ha rileva poi che, tra queste, figura un eccessivo carico di lavoro per il personale infermieristico.

Si è dimostrato che un eccessivo carico di lavoro in pronto soccorso, dove il personale sanitario deve talvolta occuparsi anche di 50 pazienti, comporta un aumento del rischio clinico. Analizzando la mortalità dei pazienti in terapia intensiva, è stata inoltre dimostrata un’associazione significativa tra mortalità e carico di lavoro. Secondo una ricerca italiana, infine, un terzo del tempo lavorativo degli infermieri è dedicato ad attività “non infermieristiche”. Ciò aggrava ulteriormente la carenza di cure (infermieristiche) di cui i pazienti avrebbero bisogno. Senza dimenticare che la carenza di infermieri può causare difetti di vigilanza nei confronti dei pazienti, con immaginabili conseguenze in termini di pericoli per la sicurezza. Si pensi, ad esempio, al rischio di cadute, uno degli eventi avversi più frequenti negli ospedali.

Redazione Nurse Times

Fonte: www.conoscereilrischioclinico.it

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