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Ipoglicemia: quale ruolo educativo per l’infermiere?

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Diabete mellito: terapia e qualità della vita
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Il diabete è una patologia sempre più diffusa e con la quale ogni infermiere deve sapersi rapportare, indipendentemente dal contesto nel quale lavora

Un problema frequente riguarda gli episodi di ipoglicemia e la relativa educazione terapeutica che l’infermiere è tenuto a fornire al paziente affinché sappia prontamente riconoscerne segni e sintomi, nel segno di un’assistenza infermieristica che non si può limitare al trattamento in emergenza ma deve considerare strategie di intervento a lungo termine, idonee a promuovere consapevolezza e autocura.

Secondo il DM 739/94, infatti, “l’assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica, relazionale, educativa. Le principali funzioni sono la prevenzione delle malattie, l’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l’educazione sanitaria. [1]

E’ evidente dunque come l’educazione al paziente diabetico su un tema importante come quello dell’ipoglicemia rientri appieno tra le prerogative della professione infermieristica.

Innanzitutto, l’ipoglicemia è stata definita dall’American Diabetes Association Workgroup on Hypoglycemia nei seguenti modi [2]:

  1. Grave ipoglicemia: un episodio che richiede assistenza per il trattamento diipoglicemia, con la somministrazione di carboidrati, glucagone, o altre formedi glucosio.
  2. Ipoglicemia sintomatica documentata: un episodio in cui il paziente sperimentasintomi di ipoglicemia e la glicemia misurata al momento dei sintomi è inferiore a 70 mg / dL.
  3. Ipoglicemia asintomatica: un episodio di glucosio inferiore a 70 mg / dl senzaqualsiasi sintomo di ipoglicemia.
  4. Probabile ipoglicemia sintomatica: un episodio sintomatico che indica ipoglicemia,ma senza documentazione di glucosio inferiore a 70 mg / dL.
  5. Pseudo – ipoglicemia: un episodio in cui il paziente riporta sintomi di ipoglicemia, ma la glicemia è superiore a 70 mg / dL. Alcuni pazienti con controllo glicemico scarso posso infatti riscontrare sintomi di ipoglicemia anche con valori glicemici nella norma.

L’ipoglicemia può causare problemi a breve e a lungo termine, interferendo con lo svolgimento delle attività quotidiane, riducendo le prestazioni lavorative, causando cadute e, quindi, lesioni; se grave, può portare alla morte. Essa ha anche effetti cardiovascolari, causando un aumento della contrattilità cardiaca e della frequenza cardiaca, influenzando l’elettrocardiogramma tramite cambiamenti nel tratto S-T e nell’intervallo QT [3].

Mentre gravi episodi di ipoglicemia sono senza dubbio pericolosi per i pazienti, altrettanto rilevanti sono episodi non gravi ma frequenti e spesso etichettati come non importanti perché asintomatici o quasi. Essi vengono spesso non riconosciuti; il paziente se ne dimentica e quindi non ne riferisce al medico o all’infermiere.  Episodi ricorrenti di ipoglicemia non trattata possono condurre a una ridotta capacità dell’organismo di autoregolarsi nel caso di eventi successivi e più gravi; i livelli di glicemia ai quali il corpo risponde si abbassano. [4]

Nei pazienti diabetici l’ipoglicemia è causata dall’aumento dei livelli di insulina circolante e/o dalla diminuita efficacia dei meccanismi di difesa dell’organismo contro l’ipoglicemia. I farmaci che aumentano i livelli di insulina comprendono l’insulina iniettabile, le sulfoniluree o i meglitinidi.

Se è vero che livelli stabili di glicemia possono prevenire o ritardare lo sviluppo di complicanze come la retinopatia, la nefropatia e la neuropatia, è altrettanto vero che un trattamento aggressivo può aumentare il rischio di ipoglicemia e costituire un serio pericolo per il paziente. [5]

Ad esempio lo studio “Origin” (Outcome Reduction with an Initial Glargine Intervention)  condotto su 12.537 pazienti con disglicemia e alto rischio cardiovascolare ha rilevato come il 28% dei partecipanti riportasse episodi di ipoglicemia non grave e il 3,8% episodi di ipoglicemia grave (su un periodo di follow up medio di 6,2 anni) [6].

La percezione dei pazienti circa gli episodi di ipoglicemia può differire notevolmente; una persona alla sua prima esperienza può riferire l’evento come “grave” a causa della sua paura e incertezza nell’affrontare la situazione. I pazienti e le loro famiglie devono essere educati al fine di minimizzare la frequenza degli eventi; i professionisti sanitari devono fornire loro le conoscenze e le capacità per saper riconoscere, prevedere e affrontare in modo appropriato l’ipoglicemia.

Innanzitutto, al paziente e alla sua famiglia dovrebbe essere insegnato:

  • come identificare segni e sintomi dell’ipoglicemia.

Essi si dividono a seconda della gravità della situazione: in caso di ipoglicemia lieve avremo sudorazione, tremore, tachicardia, palpitazioni, nervosismo e aumento dell’appetito (causati dalla liberazione di adrenalina); in caso di ipoglicemia moderata si manifesteranno incapacità di concentrazione, difficoltà di linguaggio, comportamenti irrazionali o aggressivi, cefalea, deficit di memoria; infine, se l’ipoglicemia è grave avremo disorientamento, convulsioni, alterazioni dello stato di coscienza, e il paziente necessiterà dell’aiuto di altre persone [7].

  • come gestire gli eventi di ipoglicemia.

Insegnare al paziente la “regola del 15” spiegandogli che “Se hai l’ipoglicemia, devi assumere un cibo o una bevanda che sia un carboidrato ad azione rapida. Alimenti adatti includono succo di frutta, soda normale (non dietetica), compresse di zucchero. Una buona regola empirica è quella di mangiare o bere 15 grammi di carboidrati, attendere 15 minuti e poi effettuare una nuova misurazione. Se il livello di glicemia è ancora inferiore a 70 mg / dl, assumere altri 15 grammi e riprovare 15 minuti dopo. Anche se ti sembra di voler mangiare di più, tieni presente che mangiare troppo può mandare il glucosio troppo in alto”. Se al paziente è stato prescritto del glucagone da utilizzare in caso di emergenza, deve essere insegnato a lui e alle persone a lui care come somministrarlo [8].

  • Come effettuare la somministrazione di insulina.

Se un evento di ipoglicemia si è già verificato, è importane parlarne insieme al paziente per determinarne la causa principale e aiutarlo a capire come evitare che si ripeta in futuro. I pazienti in trattamento con insulina devono essere educati circa la durata d’azione del farmaco e dovrebbero sapere in quali momenti effettuare la somministrazione oppure ritardarla. Devono ricevere istruzioni sulla tecnica di iniezione, in quanto essa modifica l’assorbimento del farmaco [9].

  • come monitorare la glicemia.

Deve essere insegnato: come utilizzare il glucometro, dove reperire gli strumenti necessari (aghi pungidito e strisce rilevatrici), quando effettuare le misurazioni e come interpretarle.

  • I pazienti dovrebbero essere consapevoli che lo stile di vita può influenzare il rischio di ipoglicemia.

Ad esempio, pasti irregolari o ritardi nei pasti possono aumentare il rischio di ipoglicemia, così come il consumo di alcool non accompagnato da alimenti. Il paziente dovrebbe sempre avere con sé: un foglio che indica la sua patologia e quindi il potenziale rischio di ipoglicemia (per situazioni in cui venga trovato incosciente) e carboidrati ad azione rapida (o glucagone se prescritto) [10].

  • l’infermiere dovrebbe permettere all’assistito di esprimere la sua ansia e i suoi dubbi, esercitando l’ascolto attivo; dovrebbe inoltre fornire il numero del centro per il trattamento del diabete della sua città, in modo che possa telefonare in caso di domande, invitandolo a rivolgersi invece ai servizi di emergenza qualora la situazione sia critica.

Concludendo, non si ha alcuna pretesa di esaustività e si rimanda ai manuali e alla letteratura per gli approfondimenti che ci si augura di aver contribuito a stimolare.

La prevenzione e il trattamento dell’ipoglicemia è solo una parte dell’educazione che deve essere fornita a un paziente diabetico.

L’infermiere, in qualità di professionista chiamato a individuare i bisogni di salute della persona, è la figura sanitaria alla quale è affidato un ruolo centrale nell’educazione dell’assistito.

 

Daniela Pasqua

 

[1] DM 739/1994

[2] American Diabetes Association Workgroup on Hypoglycemia, Defining and Reporting Hypoglycemia in Diabetes, Diabetes Care, (2005), Volum 28, number 5

[3] B. M. Frier, G. Schernthaner, S. R. Heller, Hypoglycemia and Cardiovascular risk, Diabetes Care, (2011), Volum 34, supplement 2

[4] J. Unger, Uncovering undetected hypoglicemics events, Diabetes, Metabolic Syndrome and Obesity: Targets and Therapy (2012):5 57–74

[5] M. R. Ortiz, Hypoglycemia in Diabetes, Nurs Clin N Am 52 (2017) 565–574

[6] ORIGIN Trial Investigators. “Predictors of nonsevere and severe hypoglycemia during glucose-lowering treatment with insulin glargine or standard drugs in the ORIGIN trial.” Diabetes Care (2014): DC_141329.

[7] S. C. Smeltzer, B. G. Bare, J. L. Hinkle, K. H. Cheever, Brunner – Suddarth, Infermieristica Medico – Chirurgica, Volume I, Casa Editrice Ambrosiana, Quarta edizione.

[8] American Diabetes Association. Hypoglycemia? Low Blood Glucose? Low Blood Sugar? Clin Diabetes (2012);30:38

[9] Frank Lavernia, Pamela Kushner, Dace Trence, Donna Rice, George Dailey & Louis Kuritzky, Recognizing and minimizing hypoglycemia: The need for individualized care, Postgraduate Medicine, (2015),127:8, 801-807

[10] Frank Lavernia, Pamela Kushner, Dace Trence, Donna Rice, George Dailey & Louis Kuritzky, Recognizing and minimizing hypoglycemia: The need for individualized care, Postgraduate Medicine,(2015) 127:8, 801-807

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