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Intervista all’infermiere di Latina che salvò la vita ad un 62enne

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Un 62enne di corsa sul tapis roulant, che ad un certo punto si accascia a terra sulla moquette della palestra. Gli istruttori che intervengono, allertando i soccorsi ed effettuando prontamente il massaggio cardiaco. E poi arriva lui, Marcello Iannelli, infermiere del 118, accompagnato dalla sua equipe; che eseguendo alla perfezione le linee guida sulla rianimazione cardiopolmonare e sulla defibrillazione precoce, gli ripristina un battito cardiaco sinusale. Salvando, di fatto, la sua vita. Un infermiere ‘eroe’ di tutti i giorni, che non si definisce tale e che si emoziona ancora quando riesce a salvare qualcuno. Noi di Nurse Times lo abbiamo intervistato.

Quando sboccia, tra le tue idee, quella di diventare un infermiere di area critica?

Probabilmente nel 2004, quando ho avuto il privilegio di lavorare in ambulanza come autista –soccorritore. Da lì la mia vita è cambiata: ho cominciato ad appassionarmi sempre di più all’emergenza sanitaria, a tal punto da intraprendere il corso di studi in infermieristica. Una volta laureato, nel 2007 ho iniziato subito a lavorare nel servizio di emergenza-urgenza 118 ed ho scelto di continuare gli studi con il Master in Area Critica. La mia passione, però, non si è affatto fermata: da diversi anni mi occupo anche di formazione sanitaria sul territorio.

Quella del 17 maggio è per te una data speciale, che probabilmente ricorderai a lungo…cosa è successo di preciso intorno alle 10 di mattina?

Mi sembrava un giorno qualunque di lavoro, quando alle 9.30 circa arriva una chiamata per un codice rosso: una persona in arresto cardiaco all’interno della palestra Palafitness di Latina, dove anche io mi alleno. Appena giunti sul posto ho trovato l’uomo a terra privo di coscienza, con due ragazzi di fianco che gli praticavano le manovre di Basic Life Support. Preso il controllo della situazione e continuando la rianimazione cardio polmonare insieme al resto della mia equipe d’ambulanza, ho posizionato subito le piastre del defibrillatore semi-automatico. Dopo l’analisi del ritmo, quest’ultimo mi ha indicato di scaricare, in quanto c’era una fibrillazione ventricolare in corso. Ci sono volute 4 scariche a 360 joule, ma alla fine il ritmo cardiaco è tornato sinusale e il paziente ha ricominciato a respirare da solo.

Durante il soccorso c’era tanta gente ad assistere e, quando i presenti si sono resi conto che la situazione era tornata sotto controllo, hanno fatto esplodere un applauso liberatorio, pieno di sollievo e di incoraggiamento per quel signore che stava combattendo contro la morte.

Il mio entusiasmo, a quel punto,  è arrivato alle stelle. Incrociavo a ripetizione degli sguardi pieni di gioia con gli altri membri dell’equipe: avevamo salvato una vita. È stato un lavoro di squadra svolto alla perfezione, partendo dai due ragazzi della palestra che hanno iniziato precocemente le manovre di rianimazione fino ad arrivare al nostro intervento, che ha ripristinato un  ritmo cardiaco compatibile con la vita.

Una volta arrivata l’auto medica, dopo i vari accertamenti del caso, ci siamo recati col paziente in pronto soccorso. Paziente che, dopo un intervento al cuore, ora sta bene.

Descrivici cosa prova oggi Marcello, infermiere del 118 ed istruttore di rianimazione cardiopolmonare, nel sapere che grazie al suo intervento una persona ha potuto riabbracciare la sua famiglia.

Tanti colleghi spesso mi criticano, perché mi emoziono sempre a raccontare queste cose. Mi dicono: “hai fatto solo il tuo lavoro, niente di più”. Ma io rispondo sempre che prima di essere un professionista sanitario, io sono un essere umano che prova inevitabilmente emozioni e sentimenti. E davanti alla vita, proprio non riesco a trattenere la gioia e a volte anche la commozione. Sono fiero di me stesso per aver contribuito, con ciò che so e so fare, a questo semplice quanto straordinario miracolo.

Alla voce “eroe”, il vocabolario Treccani riporta: “chi, in imprese guerresche o di altro genere, dà prova di grande valore e coraggio affrontando gravi pericoli e compiendo azioni straordinarie”. Ti senti un eroe o… salvare la vita, per un infermiere del 118, non è affatto un avvenimento straordinario?

Non mi reputo assolutamente un eroe, bensì una persona che ama il proprio lavoro e che si impegna costantemente per migliorare e per crescere. Mi sento fortunato a svolgere un’attività che mi piace e ogni giorno, quando indosso la mia divisa, faccio del mio meglio per onorarla.

Voglio ringraziare prima di tutto il mio equipaggio, composto da professionisti e persone eccezionali, a cui faccio i miei complimenti: in situazioni di emergenza è fondamentale un efficiente e coordinato lavoro di squadra per la realizzazione di un buon intervento, ed il nostro è stato veramente impeccabile, eseguito con la massima precisione.

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Il tuo soccorso ha avuto successo anche perché, prima del tuo arrivo, altre persone formate avevano effettuato le manovre di rianimazione cardiopolmonare, di fatto ‘prendendo tempo’. Cosa pensi che si possa fare per divulgare e sensibilizzare ancora di più le persone all’aiuto in situazioni difficili? È un fatto culturale? Pensi che intervenire educando i giovani fin dall’età scolare possa essere una soluzione?

L’intervento di quei ragazzi, quel giorno, è stato a dir poco fondamentale. Bisognerebbe realizzare un’opera di sensibilizzazione a 360 gradi, effettuando periodicamente ed in diversi ambiti corsi che mirino a divulgare manovre salva-vita e linee guida per la rianimazione; sia per noi sanitari sia per il personale laico. Instaurare una cultura della solidarietà sarebbe molto importante in una società caotica e frenetica come la nostra, dove non si ha neanche più il tempo di guardare le altre persone in faccia.

Si leggono notizie decisamente allarmanti sulla situazione dei nostri Pronto Soccorso, che si ripercuotono inevitabilmente sul servizio 118: pazienti per giorni sulle barelle, mezzi bloccati ad aspettarle, ecc. Capitano spesso queste situazioni? Cosa pensi che si possa fare, a livello nazionale, per uscire da questa “crisi”?

Questa, purtroppo, è la triste realtà che attanaglia oramai da tempo i nostri dipartimenti di emergenza e accettazione. Tutto ciò accade soprattutto  a causa della chiusura dei punti di primo intervento e dei tagli alla sanità. Bisognerebbe dare una maggiore attenzione a questo argomento e investire seriamente fondi per strutture e personale sanitario.

Le linee guida internazionali per la rianimazione cardiopolmonare, sembrano incentrarsi sempre di più sull’importanza  del massaggio cardiaco esterno. Pensi che ciò possa facilitare l’apprendimento da parte di personale laico e la divulgazione delle manovre? O il problema dell’aiuto agli altri qui da noi è solo un fatto… culturale?

Le nuove linee guide American Heart danno priorità al massaggio cardiaco e a due ventilazioni , con un minimo di conoscenza si può fare. Con il mio collega nonché amico Christian Manzi stiamo cercando di diffondere questo messaggio di solidarietà a partire dalle scuole (VEDI) fino ad arrivare alle discoteche (VEDI), addirittura con canzoni e balletti. Bisogna far capire alla gente quanto è importante aiutare il prossimo ed essere tutti  felici nella solidarietà. Bastano pochi, ma importanti gesti, per salvare la vita!

Alessio Biondino

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