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Intervista alla collega Vanessa, che crea tavole ETRAN personalizzate per i malati di SLA

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Intervista alla collega Vanessa, che crea tavole E-TRAN personalizzate per i malati di SLA
La collega Vanessa durante la consegna di una delle tavole E-tran.
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Le persone sottoposte a ventilazione meccanica invasiva a lungo termine, come i malati di SLA in stadio avanzato, non possono esprimersi tramite l’uso della parola. Ciò può causare una pressoché totale incomunicabilità tra loro e il mondo esterno, con tutto ciò che ne consegue. Esistono comunque delle strategie, anche piuttosto semplici, per ovviare al problema, come ad esempio le tavole alfabetiche E-tran (eye-transfer, ossia, scambio con lo sguardo) e… La collega Vanessa Bove, infermiera di Arpino (Frosinone), le personalizza per stimolare i suoi pazienti (e non solo) a comunicare meglio e con più gioia

Sei una professionista sanitaria che si occupa di tante cose: scappi in Africa ad aiutare i bambini (VEDI), scorrazzi con la vespa per fare regali ai bambini ricoverati in pediatria e ti metti un naso rosso sul viso per regalare sorrisi. Ma non solo: ora ti sei anche messa a costruire tavole alfabetiche (Etran) per comunicare meglio coi malati di SLA?

Sì. L’idea è nata tempo fa, quando coordinavo un’equipe di infermieri domiciliari che assistono persone ad alta intensità assistenziale (tracheostomizzati e ventilati h24): una delle mie pazienti stava peggiorando (soprattutto emotivamente e psicologicamente) e non voleva assolutamente più comunicare con la sua tabella. Allora ho provato, per gioco, a personalizzargliela: è bastato un po’ di colore, qualche brillantino e… Era pronta. Lei ha apprezzato e ha ripreso a “parlare”.

Il bello è che dopo un po’ mi ha contattato una mia ex operatrice, chiedendomi se potevo realizzare altre due Etran personalizzate per i suoi pazienti. Ovviamente ho accettato con entusiasmo e… Lo scorso giovedì sono stata invitata a pranzo a casa di una mia ex paziente, dove erano presenti le “mie” ex infermiere e ho consegnato uno dei miei “regalini”.

Intervista alla collega Vanessa, che crea tavole E-TRAN personalizzate per i malati di SLA 1
Vanessa mentre comunica con la sua paziente.
Per chi non lo sapesse… Cos’è nel dettaglio una tavola Etran?

È una tavoletta in plexiglass o lexan sulla quale sono dipinte o incollate le lettere dell’alfabeto, i numeri ed eventuali altri simboli. Viene usata con quei pazienti che sono in grado di muovere solo gli occhi (come ad esempio i malati di SLA in stadio avanzato). Il panello viene posto tra la persona che parla, che lo sostiene generalmente con le braccia, all’altezza degli occhi, e la persona invece non parlante. Quest’ultima deve guardare successivamente le lettere della parola che vuole comporre mentre l’interlocutore, seguendo il percorso degli occhi, può facilmente ricostruire il discorso a voce. Con l’allenamento può diventare un metodo di comunicazione piuttosto veloce.

Intervista alla collega Vanessa, che crea tavole E-TRAN personalizzate per i malati di SLA 2
Vanessa mentre porta (in vespa!) i regalini ai bambini ricoverati nel reparto di pediatria dell’ospedale di Caserta.
E tu ti sei messa a personalizzarle… Quanta fantasia ci vuole, quindi, per instaurare relazioni d’aiuto potenzialmente complicate?

Non so, io credo che in queste cose ci sia bisogno di qualcosa di innato. Ciò che faccio io non significa che sia giusto o geniale e che tutti gli infermieri dovrebbero avere di queste idee, ci mancherebbe altro. Semplicemente… Io sono così. Sono solo me stessa. Instauro relazioni d’aiuto senza adottare una metodica. Cerco di ottenere fiducia e… Spesso ci riesco.

Quanto è importante trovare gli espedienti giusti per far comunicare un paziente del tutto immobile, come un malato di SLA?

Tanto… Troppo. Se cadono nell’incomunicabilità si deprimono… Si abbandonano alla malattia. Per questo penso che qualsiasi modo per stimolarli a comunicare, come può essere una tabella personalizzata, abbia un’importanza vitale.

Ti piace aiutare. A 360 gradi. E parecchio, anche.

Per stare bene devo fare del bene. Aiutare è fare del bene. In un periodo no (che può essere la malattia, un lutto o una grande delusione) è fondamentale tendere la mano. Sempre. A prescindere.

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Vanessa, rappresentante dell’associazione Aviat Onlus, durante una delle sue missioni in Africa.

Alessio Biondino

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