Continua su NurseTimes la nostra rubrica denominata “#InfermierInPillole” che sarà curata dalla dott.ssa Federica Taccogna
La farmacologia è un campo veramente vastissimo da conoscere e scoprire non solo per i medici ma anche per gli altri professionisti sanitari. Le classi di farmaci sono tantissime, quindi impossibile trattarle tutte in un unico articolo: oggi cominciamo dagli ADRENERGICI.
I farmaci adrenergici sono una classe di farmaci che agisce sul sistema nervoso centrale. Quello che essi fanno, in poche parole, é mimare per certi versi gli effetti dell’adrenalina e della noradrenalina, oppure stimolare il loro rilascio. Ma cosa sono l’adrenalina e la noradrenalina? Due ormoni secreti dallo strato midollare del surrene e da alcune terminazioni nervose. Essi sono responsabili della reazione adrenergica chiamata “combatti o scappa” che interviene nei momenti di pericolo o di reale necessità: attivando substrati o degradando sostanze che solitamente non
vengono usate in momenti di normalità.
Tornando ai farmaci adrenergici, essi sono impiegati per il trattamento di diverse patologie come un arresto cardiaco, una crisi dovuta ad una reazione allergica incontrollata e tanto altro. Ecco come simulano quegli ormoni che vengono prodotti dal nostro organismo in situazione di stress.
È importante sapere che durante questi momenti “estremi” per il nostro organismo, il sistema nervoso simpatico si occupa di far rilasciare dei neurotrasmettitori dal surrene per poter creare un allarme riconoscibile dal corpo umano: sudorazione algida, aumento della frequenza respiratoria e cardiaca. Questi segnali devono essere riconosciuti non solo da chi le sta provando, ma anche e soprattutto da noi operatori sanitari, per cercare di mettere quanto prima a posto questa situazione.
Per i farmaci adrenergici c’è una classificazione:
- simpaticomimetici o agonisti (che mimano gli effetti delle catecolamine direttamente o indirettamente)
- antagonisti (che inibiscono gli effetti delle catecolamine)
- bloccanti del neurone adrenergico presinaptico (inibiscono l’accumulo di catecolamine e il loro rilascio a livello presinaptico).
Si riconosce quindi che in base al tipo di azione è possibile distinguere questi in farmaci con azione polmonare e/o cardiaca.
I farmaci che agiscono a livello polmonare facilitano la respirazione nei pazienti con asma, BPCO, enfisema polmonare, bronchite cronica (tipica nei fumatori).
Per quelli che agiscono a livello cardiaco invece si parla di azione sui recettori alfa-1 (agonisti alfa adrenergici), sui recettori beta-1 e beta-2 e sui recettori della dopamina. Questi ultimi provocano la contrazione della muscolatura liscia dei vasi, con conseguente restringimento del calibro dei vasi sanguigni, il tutto per aumentare la pressione sanguigna in casi di shock o per bloccare eventualmente delle emorragie. In ambito cardiologico questi farmaci sono utilizzati anche per stimolare la FC.
In particolare, si utilizzano nel caso di un improvviso arresto cardiaco in seguito a diverse problematiche insorte. Facciamo esempi pratici: tra gli alfa-1 adrenergici ritroviamo la FENILEFRINA e METARAMINOLO usati per ipotensione acuta, ma che hanno come principale effetto indesiderato la bradicardia. Fanno parte degli alfa-2 ritroviamo la CLONIDINA e l’alfa-METILDOPA con azione ipotensiva per inibizione di rilascio di Na. Tra i beta-1 adrenocettori ritroviamo la DOBUTAMINA con effetto inotropo positivo. Tra i selettivi beta-2 invece il SALBUTAMOLO usato maggiormente come broncodilatatore e come ultimo esempio tra i non selettivi ritroviamo ad esempio l’ISOPRENALINA (che viene sempre utilizzato come broncodilatatore).
Dott.ssa Taccogna Federica
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