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Gentile Direttore,
mi chiamo Giuseppe Carlucci, vorrei porre alla vostra attenzione il mio progetto di tesi sperimentale e molto attuale sulla figura dell’INFERMIERE DI FAMIGLIA E DI COMUNITA’ e sull’importanza che quest’ultima potrebbe rivestire nel panorama assistenziale ai fini di una corretta educazione sanitaria. In particolar modo ho condotto una revisione della letteratura per dimostrare quanto i programmi di continuità assistenziale ospedale-territorio attuati dall’infermiere dopo la dimissione ospedaliera per i pazienti con insufficienza cardiaca possano avere un impatto positivo sulle riammissioni ospedaliere e, di conseguenza, sui costi sanitari. Nel panorama sanitario attuale questi programmi potrebbero essere attuati dalla figura emergente dell’IFeC.
Voto finale 110/110 Università degli Studi di Siena.
Abstract
Presupposti per lo studio/evidenze empiriche
Le riammissioni ospedaliere non pianificate sono eventi gravosi che incidono in larga misura sui costi sanitari e sulla qualità di vita dei pazienti stessi. Diversi studi sull’argomento stimano che gran parte delle riammissioni ospedaliere sono da considerarsi evitabili ed indicano molto spesso una scarsa qualità dell’assistenza post-dimissione. Questo fenomeno, chiamato Revolving Door Syndrome, è diffuso perlopiù nei pazienti con patologie croniche o multiple e, in particolar modo, nei pazienti affetti da scompenso cardiaco. Lo scompenso cardiaco cronico, infatti, rappresenta una delle cronicità con maggiore rilevanza clinica considerata la scadente qualità di vita dei pazienti ad esso associata e le frequenti ospedalizzazioni, con tassi elevati di riammissione. La nascita e l’attivazione nel SSN di una nuova figura, l’Infermiere di Famiglia e di Comunità (IFeC), può impattare sulla qualità di vita della persona assistita e della famiglia/caregiver, attraverso l’engagement e l’empowerment a favore del mantenimento di autonomia e della capacità di cura.
Obiettivi dello studio
Valutare l’efficacia dei programmi di continuità assistenziale ospedale-territorio guidati da infermieri (interventi di cure transitorie e/o case management) nel ridurre le riammissioni ospedaliere per i pazienti con insufficienza cardiaca.
Popolazione soggetta allo studio (nota: da non redigere per le tesi compilative) Sono stati inclusi tutti gli articoli che prendono in considerazione i pazienti adulti con insufficienza cardiaca dimessi dalle cure ospedaliere alle cure domiciliari e che sono stati sottoposti a programmi di continuità assistenziale ospedale-territorio (follow-up domiciliare post-dimissione).
Materiali e metodi
Per la stesura della tesi è stata condotta una ricerca libera utilizzando Google e PubMed, che hanno permesso la consultazione di articoli, report e studi citati all’interno della bibliografia.
La formulazione del quesito di ricerca è avvenuta tramite il metodo PICO. Le stringhe di ricerca sono state costruite attraverso termini mesh combinando le seguenti parole chiave (heart failure, case management, transitional care, home care services, patient readmission) con l’operatore booleano “AND”. I limiti applicati per la ricerca sono stati: “full-text” e “in the last 20 years”. La ricerca è stata condotta, inoltre, seguendo dei criteri di inclusione ed esclusione: a questo proposito sono stati selezionati tutti gli studi che indagano la relazione esistente tra programmi di continuità assistenziale post-dimissione guidati da infermieri e riduzione dei tassi di riammissione ospedalieri per i pazienti con insufficienza cardiaca cronica, mentre sono stati esclusi dalla revisione tutti gli studi che riguardano programmi di gestione della malattia guidati da medici e/o da altri operatori sanitari. È stato preso in considerazione esclusivamente il setting territoriale, caratterizzato da visite e follow-up domiciliari da parte di infermieri, escludendo quindi tutti gli studi che fossero incentrati sul setting ospedaliero e sui follow-up telefonici post-dimissione.
Esposizione risultati/discussione
Per tutti gli studi analizzati i programmi di cure transitorie in combinazione con le visite domiciliari infermieristiche sono stati i più efficaci nel ridurre le riammissioni per tutte le cause. Il programma educativo e di follow-up gestito da personale infermieristico esperto ed appositamente formato si è dimostrato un valido approccio per contribuire a ridurre le riammissioni ospedaliere nei mesi successivi alla dimissione. Le visite a domicilio degli infermieri hanno migliorato decisamente i risultati clinici dei pazienti ed è stato dimostrato che i benefici si ottengono a partire dalla fase immediatamente dopo la dimissione. Lo studio ha mostrato come i programmi di cure transitorie possano migliorare sia i risultati clinici che di costo, dal momento che la riduzione dei ricoveri ospedalieri e delle riammissioni sembrano comportare esiti favorevoli in termini di costi sanitari.
Conclusioni
Questo studio ha fornito prove solide e coerenti che hanno portato alla conclusione che i programmi di continuità assistenziale guidati dall’infermiere possono portare numerosi vantaggi in quanto contribuiscono a ridurre le riammissioni ospedaliere e, di conseguenza, vengono ridotti anche i costi complessivi del sistema sanitario. Questi interventi volti a garantire la continuità dell’assistenza territoriale da ospedale a domicilio dovrebbero ricevere la massima considerazione dai sistemi che cercano di implementare interventi di cure primarie per ridurre le riammissioni di pazienti affetti da insufficienza cardiaca e da altre patologie croniche.
Vista l’urgenza di potenziare il setting territoriale per ovviare in qualche modo al periodo storico in cui l’intero Paese riversa, al centro delle cure primarie si potrebbe collocare la figura dell’Infermiere di Famiglia e di Comunità (IFeC) che sta cercando sempre più di farsi strada all’interno dell’attuale panorama sanitario italiano. Programmi di continuità assistenziale proattivi e preventivi che vedono la partecipazione dall’IFeC e che agiscono per la comunità e nella comunità potrebbero incidere largamente sui costi sanitari migliorando la gestione delle patologie croniche e riducendo le riammissioni ospedaliere. Tuttavia, proprio in Paesi come l’Italia, ci sono ancora poche prove sull’efficacia e sull’importanza che questa nuova figura potrebbe rivestire nei confronti di pazienti con malattie croniche, tra cui l’insufficienza cardiaca. Pertanto, la ricerca in questo settore è urgente.
Dott. Giuseppe Carlucci
Allegati
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