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Massimo Randolfi

Il timore di essere Scienza

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Coronavirus, al via la somministrazione del vaccino Pfizer: dopo quanto tempo si è al sicuro?
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Il 27 dicembre 2020 resterà una data storica, da segnare in rosso sul calendario; come se il vero Natale quest’anno fosse arrivato posticipato di 2 giorni.

Nemmeno un anno fa l’Italia, seguita ben presto da tutta Europa, piombava nell’incubo Covid19; incubo sconosciuto che prima del Paziente 1 di Codogno sembrava ermeticamente relegato entro i confini cinesi e tra le mura dello Spallanzani.

È stato un anno in cui gli Infermieri si sono fatti trovare pronti, in prima linea o anche semplicemente dietro le quinte; senza far mancare la propria Professionalità con abnegazione e spirito di sacrificio. Da Eroi a Untori nel giro di qualche mese, ma poco importa perché gli Infermieri ci sono sempre stati.

In questo scenario, la luce in fondo al tunnel era rappresentata dal miraggio di un vaccino efficace.

Finalmente un vaccino efficace arriva, anzi più di uno. Attraverso gli sforzi congiunti di case farmaceutiche, aziende di biotecnologie, ricercatori ed esperti del settore abbiamo avuto la fortuna di poter abbattere i tempi di preparazione e produzione e di avere a disposizione più di un vaccino sicuro e testato in tutte le sue fasi, con un’efficacia superiore al 90%. Era quello che volevamo, ma la realtà appare ad oggi ben diversa.

Quel vaccino visto da sempre come unica via di fuga dall’incubo viene visto con sospetto.

“È stato prodotto troppo in fretta”, “Non sappiamo cosa c’è dentro”, “Ma è sicuro?”, “Non sappiamo se sarà sul serio efficace”, queste solo per citare alcuni dei dubbi mossi dalla popolazione generale. Qualora dovesse sembrare assolutamente lecito che questi dubbi possano essere mossi dall’italiano medio, che più che di ricerca, studi, cieco e doppio-cieco, mastica di complottismi, esoterismi, UFO e stregonerie varie, ciò che sconvolge è che certi dubbi provengano anche dagli stessi Infermieri.

In merito ai dubbi sul fattore tempo, è l’AIFA a chiarire come i tempi brevi si spiegano col fatto che lo studio per il vaccino anti-Covid ha visto una partecipazione dieci volte superiore agli standard degli studi analoghi per lo sviluppo di vaccini; a ciò si aggiunga che le ricerche sui vaccini a RNA sono attive già da molti anni. Tutto ciò ha portato alla realizzazione in tempi relativamente brevi di uno studio di grandi dimensioni; senza saltare nessuna delle regolari fasi di verifica dell’efficacia e della sicurezza del vaccino.

Volendo citare le spiegazioni del dottor Gianluca Pucciarelli, collega che stimo molto per lo sforzo che da sempre profonde nell’esplicazioni accurate su tutto ciò che riguarda il mondo della Ricerca Infermieristica, la sperimentazione di un qualunque farmaco non deve basarsi necessariamente sul tempo, ma su altri elementi fondamentali come la numerosità campionaria, l’endpoint primario, la randomizzazione, il blinding o il gruppo controllo, insomma tutto ciò che conferisce ad uno studio il cosiddetto rigore metodologico.

Parlare di vaccino poco efficace soltanto perché prodotto in fretta è un’ipotesi che non regge, cosiccome non regge il concetto di inefficacia del vaccino di fronte alle varianti del Covid. Il New England Journal of Medicine spiega come il meccanismo di protezione derivante dal vaccino non prevede l’inoculazione di un ceppo di virus indebolito, ma della proteina spike del virus, che viene utilizzata dallo stesso per legarsi alle cellule bersaglio dell’organismo che vuol contagiare. Come parte della risposta immunitaria indotta dal vaccino vengono prodotti anticorpi anti-proteina spike per bloccare la futura interazione tra virus e cellule bersaglio.

Al fine di chiarire ulteriori dubbi, è la stessa AIFA che ha prodotto un documento con le risposte alle domande più frequenti poste relativamente al vaccino.

Ad oggi, il vaccino anti-Covid rappresenta l’unica alternativa per uscire da questo incubo, tuttavia i dubbi da parte di molti colleghi permangono.

Ciò che più lascia amareggiati è che, nelle occasioni in cui più di tutto viene chiesto di dare il buon esempio e mostrarci uniti, non sappiamo compiere il balzo decisivo in avanti.

La gente comune notoriamente appare fin troppo critica sui vaccini, quasi sempre fondando le proprie convinzioni su opinioni discutibili o prive di fondamento scientifico, ma noi siamo Infermieri, siamo Professionisti, abbiamo una cultura, basiamo la nostra Professione sulle Evidenze e non possiamo correre il rischio di mostrarci divisi su una questione tanto delicata. Dobbiamo essere da esempio, considerato l’enorme responsabilità che abbiamo nell’assistere persone pressoché fragili e a rischio.

Qualche giorno è scoppiata la polemica intorno alle parole del virologo Massimo Galli, il quale senza mezzi termini ha affermato come Medici  e Infermieri che si rifiutano di fare il vaccino anti-Covid farebbero meglio a cambiar mestiere. Al di là dei modi con cui è stato veicolato il messaggio, in quanti si sentono di dargli torto?

Rincuora sapere che, di contro a tanti che avocano a sé il concetto di libera scelta ponendola come scudo alla mancanza di argomentazioni scientifiche -a tal proposito occorre ricordare che la Scienza non è Democratica- ce ne sono molti di più che hanno scelto di cogliere al volo l’occasione di vaccinarsi.

Ci salverà la Scienza e non dobbiamo aver timore di essere Scienza noi per primi.

Filippo Ingrosso, infermiere in servizio presso l’Ospedale San Gerardo di Monza.

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