Nella lotta allo scompenso cardiaco, l’infermiere viene considerato come il responsabile dell’assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa, assumendo un ruolo chiave nell’ambito multidisciplinare, finalizzato a migliorare la qualità della vita e della sopravvivenza della persona.
In Italia, lo sviluppo di strategie d’assistenza a management infermieristico è stato reso possibile dopo l’approvazione di alcune norme come la legge n° 739 del 14/09/1994 e la n°42 del 26/02/1999, mediante le quali è stato possibile attribuire l’assunzione di responsabilità dell’infermiere nel proprio campo di attività.
Diversi gli ambiti di intervento infermieristici in questo contesto, variano al variare della tipologia del paziente che viene sottoposto al trattamento (acuto, cronico, coomorbilità) ed alla condizione di urgenza o di emergenza in cui il paziente si può trovare (stabilità delle condizioni cliniche)
L’assistenza infermieristica quindi parte dal primo approccio al paziente quindi parte dalla valutazione dello stesso e delle condizioni cliniche.
Il cuore è un organo vitale e quindi l’alterazione della funzione compromette anche la funzione di altri organi e tessuti e la sopravvivenza del paziente.
Per questo motivo è necessario che il personale infermieristico che approccia questo tipo di patologia e trattamento sia adeguatamente formato, sia stato affiancato dal personale esperto ed abbia confidenza e consapevolezza dei momenti valutativi e di trattamento di questa patologia e di questi pazienti.
La valutazione primaria del paziente non può e non deve essere un momento di autoreferenzialità del professionista infermiere ma deve seguire nell’atto e nella descrizione una sequenza ben definita che dia a chi legge in seguito la possibilità di comprenderne ed analizzarne i contenuti.
Quello che ci offrono le linee guida internazionali e nazionali permette una valutazione e descrizione accurata seguendo steps e priorità.
Il sistema ABC
Il ” sistema” è basato sull’ acronimo ABC:
- L’”A” sta per la valutazione primaria dello stato di coscienza e pervietà delle vie aeree, già in questa fase potremmo decidere di preparare l’occorrente per la somministrazione di ossigeno secondo prescrizione medica.
Diverse sono le scale di valutazione che offrono possibilità di valutazione dello stato di coscienza in base alla risposta del paziente. Intanto, di primaria importanza è sapere se il paziente risponde o meno, la tecnica utilizzata a tal fine è denominata “chiama e scuoti”.
Può in caso di risposta negativa negativo in base al tempo a disposizione per l’esecuzione ed alla tipologia del paziente essere utilizzata la scala AVPU, il Glasgow Coma Scale, o la scala di kelly.
La scala A.V.P.U. ha un tempo di esecuzione che si presta all’emergenza, acronimo di:
- A ovvero Alert / Awake: il paziente ha gli occhi spontaneamente aperti, riconosce le persone, è in grado di rispondere correttamente ed possiede un corretto orientamento nello spazio e nel tempo;
- V ovvero Verbal: il paziente risponde solo nel momento in cui viene chiamato, poiché non è completamente vigile ma confuso ed in grado di eseguire solamente semplici comandi;
- P ovvero Painful: il paziente non è vigile, non risponde a stimoli vocali ma reagisce a stimoli dolorosi, la cui risposta potrebbe essere finalistica se il paziente reagisce allontanando lo stimolo o ritraendosi, oppure aprendo gli occhi; o afinalistica se avviene una lesione cerebrale ed in tal caso è importante prendere in considerazione le pupille, poiché per accertarsi che non ci sia una lesione cerebrale, devono essere simmetriche nell’aspetto generale, di dimensione normale e devono reagire alla luce;
- U ovvero Unresponsive: il paziente è incosciente, non risponde né agli stimoli verbali né a quelli dolorosi; quindi un paziente ansioso, agitato o non collaborante deve essere considerato in uno stato di coscienza alterato, causato da una diminuzione dell’ossigenazione cerebrale, una probabile lesione del sistema nervoso centrale, un disturbo neurologico, ecc…
Il Glasgow Coma Scale invece ha bisogno di tempi di valutazione maggiori viene valutata l’apertura degli occhi, la risposta allo stimolo verbale e l risposta allo stimolo doloroso assegnando un punteggio da 3 a 15. Un punteggio inferiore a 9 indica un’alterazione grave dello stato di coscienza.
La scala di kelly invece si presta maggiormente a pazienti con alterazioni respiratorie valutandoli come espresso in tabella:
In caso di paziente con alterazione grave dello stato di coscienza valutato con scale apposite si può gia pensare di tenere a portata di mano l’occorrente per la somministrazione di ossigeno che però andrà somministrato su prescrizione medica o secondo protocollo operativo standardizzato aziendale.
In “A” è prevista la valutazione della pervietà delle vie aeree che potrebbero essere ostruite, ad esempio, da corpi estranei (protesi dentali) secrezioni o vomito. Si procede ove possibile a disostruzione, si rimuovono le protesi dentali e si collabora con il medico preparando il necessario per aspirare i liquidi che ostruiscono con gli strumenti appositi.
- “B”si procede quindi con la valutazione dell’attività respiratoria. Consiste nella valutazione della respirazione, la quale potrebbe essere eseguita mediante la metodologia “GAS”, ovvero guardo se il torace si espande normalmente, in modo simmetrico o in modo inadeguato, quindi in tal caso dovremmo prendere in considerazione sia la profondità del respiro sia l’espansione toracica; ascolto eventuali rumori percepibili durante l’attività respiratoria; ed sento se avviene il passaggio di aria attraverso naso e bocca.
Seguendo le raccomandazioni internazionali e nazionali si valuta più accuratamente:
- osservando l’espansione toracica, simmetria dx-sx discinesie toraco-addominali;
- palpando il torace per valutare la presenza di crepitii, deformità, rumori trasmessi;
- gli infermieri più preparati sono capaci anche di auscultare apici e basi per valutare qualitativamente la ventilazione nei vari campi polmonari;
- contare la frequenza respiratoria;
- valutare la saturimetria.
- “C” si procede quindi con la valutazione dell’attività cardiocircolatoria. In ordine si valuta la presenza dei polsi carotideo e radiale che ci danno una stima orientativa della pressione arteriosa del paziente. Per una valutazione più accurata vengono rilevati: frequenza cardiaca; pressione arteriosa omerale; tempo di riempimento capillare, rilevato ai polpastrelli che deve, per risultare normale essere maggiore di due secondi.
Infine viene valutato lo stato della cute(integra, lesa, cianotica pallida, sudata, edemi),diuresi temperatura altri device presenti (catetere vescicale, CVC, CVP, peace maker, altri accessi venosi) indicandone la sede ed il tipo possibilmente.
Nei pazienti con alterazioni gravi dei parametri vitali, e quelli con accesso acuto alle cure, ” non stabili” è consigliato il monitoraggio multiparametrico continuo in modo da intervenire tempestivamente al degenerare ulteriore delle condizioni prevenedo le complicanzeIn ordine all’assistenza del paziente seguono l’ossigenoterapia spm, l’ecg a 12 derivazioni, gli esami laboratoristici, l’ecocardiografia e l’rx del torace. In questi momenti diagnostici delicati il ruolo dell’infermiere si inserisce come cardine in un equipe multidisciplinare come unico elemento professionista “continuo” nella valutazione e gestione del paziente.
Esperienza infermieristica
Gli infermieri esperti, infatti, in genere accompagnano il paziente scompensato e sono in grado di percepire e valutare segni e sintomi dello scompenso e repentini peggioramenti. Osserviamo nel paziente scompensato: la dispnea, (la difficoltà respiratoria), l’ortopnea, (dispnea insorge quando il paziente si trova in posizione supina), (sensazione di soffocamento costringendolo ad alzarsi perché preso da “fame d’aria”), tosse, l’oliguria (a causa diminuzione della portata cardiaca), astenia e la ridotta tolleranza allo sforzo (dovute alla restrizione del flusso ematico nei distretti muscolo-scheletrici), edema periferico, disturbi gastroenterici (dovuto allo stato di congestione edematosa dell’addome), disturbi cerebrali (espressione della bassa portata cardiaca e della contrazione del flusso ematico cerebrale: abbassamento dell’attenzione e della memoria, disorientamento, confusione mentale, disturbi del sonno).
L’ipotensione arteriosa è l’inconveniente che si presenta più frequentemente, può manifestarsi con sbadigli ripetuti, ansia, pallore, nausea, vomito, tachicardia e sudorazione, la quale potrebbe causare la cefalea.
Interviene nei momenti acuti nel ripristino e nel mantenimento delle funzioni vitali e dello stato di salute per prevenire le complicanze e migliorare l’outcome del paziente.
In fase di trattamento dello scompenso cardiaco, cardiorenale, cardiorespiratorio, l’infermiere interviene nella gestione delle apparecchiature di emofiltrazione, collabora nelle impostazioni, nell’installazione dei filtri e delle linee di accesso e di rientro, monitorizza costantemente il paziente valutandone i parametri vitali e garantendo il confort e la sicurezza del trattamento.
Possono verificarsi casi di emorragia di rotture o distacchi delle linee ematiche in cui l’intervento dell’infermiere deve essere rapido e preciso nell’identificare la causa e nell’attuazione del rimedio rispettando le norme di sicurezza e sterilità.
La formazione di Coaguli nel circuito può essere infatti ridotta da un’attenta valutazione dell’assetto coagulativo del paziente e da un’attenzione nella somministrazione dell’anticoagulante nonchè da una attenta valutazione delle pressioni di accesso e di rientro dei flussi ematici.
Le complicanze infettive catetere correlate o le ostruzioni possono essere gestiste dall’infermiere adottando tutti i protocolli e le raccomandazioni per la gestione ottimale degli accessi venosi.
Crampi muscolari sono localizzati generalmente agli arti inferiori, si manifestano con dolore violento della muscolatura. Generalmente sono dovuti al rallentamento della circolazione per aumento di viscosità del sangue, determinando ipossia muscolare.
LA CARTELLA INFERMIERISTICA: IL CARDINE PER LA SICUREZZA, SVILUPPO E QUALITÀ DELL’ASSISTENZA
Il processo di nursing è il metodo per esercitare un ruolo infermieristico attivo, è possibile effettuarlo mediante la cartella infermieristica, strumento operativo e informativo, utile per registrare, progettare, gestire, comunicare, valutare e documentare l’assistenza infermieristica, la quale rende visibile, osservabile, misurabile, evidente il processo di assistenza infermieristica, gestita e progettata dall’infermiere. Permette altresì di riassumere le varie fasi del processo, consente di uniformare il comportamento dei professionisti, garantire la continuità delle cure, è strutturata in linguaggio universale in modo che tutti gli operatori possono capirla, in modo tale da poter applicare ad ogni paziente un’assistenza personalizzata.
Tale cartella viene usata poiché l’infermiere sia più consapevole del ragionamento diagnostico che porta ad identificare i problemi della persona, in modo da ipotizzare un percorso di risoluzione per il bisogno assistenziale e della gestione dell’assistenza del paziente, anche grazie all’uso di alcuni semplici ma indispensabili strumenti (foglio di carta, matita, bilancia pesapersone, termometro clinico, sfigmomanometro, fonendoscopio) è possibile assicurare una buona sorveglianza infermieristica (ascolto e registrazione dei problemi/bisogni del malato, aspetto generale, stato di coscienza, postura), controllando i parametri vitali (P.A. in clino-ortostatismo, F.C., F.R., T.C.), effettuando il monitoraggio del bilancio idrico e rilevando il peso corporeo.
La documentazione così ordinata permette e garantisce la gestione ottimale e la sicurezza del paziente, la responsabilità professionale, favorisce l’autonomia nell’assistenza e lo sviluppo delle attitudini del personale infermieristico per migliorare i risultati delle cure ed assicurare un’alta qualità di assistenza ai pazienti.
LA GESTIONE DEGLI ACCESSI VENOSI
La corretta gestione degli accessi venosi è il presupposto per la riduzione delle complicanze nel trattamento dei pazienti con scompenso cardiaco. Gli accessi venosi infatti permettono il trattamento rapido dei pazienti acuti a patto che si rispettino le raccomandazioni nel posizionamento e nella gestione. In linea generale il tipo di accesso e di catetere venoso viene scelto per tempo e tipo di trattamento da somministrare al paziente.
Il catetere venoso centrale si definisce “CENTRALE” perché la sua punta viene posizionata in prossimità della giunzione tra vena cava superiore ed atrio destro. Il Catetere, va gestito da personale qualificato che abbia seguito percorsi formativi e training specifici neggla gestione.
Solitamente gli accessi venosi permettono:
- Prelievi ematici di sangue venoso;
- Infusione di fluidi e farmaci;
- Trattamenti in infusione continua;
- Infusione di soluzioni ipertoniche ad osmolarità superiore a 800 mOsm/litro,
- Misurazione della Pressione Venosa Centrale(centrale);
Alcuni tipi ad elevata resistenza permettono:
- Possibilità di alti flussi fino a 5 ml/sec (300 ml/min) con pompa e siringa appropriata;
- Resistenza ad alte pressioni fino a 300-350 PSI in base al tipo di catetere;
- Possibilità di avere lumi multipli.
Tra le complicanze possono verificarsi:
- Ecchimosi o emorragia della sede di inserzione;
- Infezioni locale o sistemica;
- Tromboflebite – lesione vascolare interna;
- Ostruzione del lume del catetere;
- Dislocazione della medicazione di fissaggio per distacco o trazione del catetere o del deflussore ad esso collegato.
PRESUPPOSTI OPERATIVI DI GESTIONE DEGLI ACCESSI VENOSI
- Organizzare lo spazio di lavoro in modo da avere facile accesso al materiale necessario evitando contaminazioni;
- Praticare una igiene accurata delle mani;
- Predisporre il materiale su un piano di lavoro sterile ed idoneo (carrello, vassoio);
- Indossare i dispositivi di protezione individuale;
- Disinfettare sempre i punti di accesso e di connessione per circa 15- 20 secondi;
- Proteggere sempre il sistema di connessione con garze sterili e cerotto;
- In caso di alterazione o malfunzionamento avvisare sempre il medico;
- Registrare le procedure e compilare la documentazione dedicata.
MEDICAZIONE DELL’EXIT SITE
La prima medicazione deve essere eseguita a distanza di 24 ore dall’inserzione del catetere oppure prima se si rende necessario per stillicidio ematico o ispezione del punto di inserzione.
- Ispezionare la medicazione ed eseguire la digitopressione del sito attraverso la medicazione integra per valutare la presenza di dolore o secrezioni del punto di inserzione;
- Osservare e documentare alterazioni della cute seguendo lo score avvisa il medico responsabile se lo score è uguale o superiore a 2.
Lo score prende il nome di “SCORE VES”:
SCORE 1: CUTE SANA, INTEGRA, NON SEGNI DI FLOGOSI;
SCORE 2: IPEREMIA >1 CM QUADRATO AL PUNTO DI USCITA DEL CATETERE CON O SENZA FIBRINA;
SCORE 3: IPEREMIA COMPRESA TRA 1 E 2 CM QUADRATI AL PUNTO DI USCITA DEL CATETERE CON O SENZA FIBRINA
SCORE 4: IPEREMIA, SECREZIONE E/O PUS CON O SENZA FIBRINA.
Il punto di inserzione deve essere medicato come segue:
- Procedura sterile ed utilizzo di tutti i dpi
- Igiene e disinfezione con disinfettante appropriato;
- Cerotto tipo opsite o tegaderm e presidi di disinfezione (bio patch) ogni 7 gg;
- Con garza e cerotto o medicazioni simili sterili già pronte ogni 24/48 ore;
- Deve essere ripetuta anche al bisogno se sporca, staccata o bagnata.
INFUSIONE DEI MEDICAMENTI
L’infusione deve essere eseguita utilizzando siringhe di calibro uguale o superiore a 10 ml., prima di eseguire la terapia farmacologica o infusionale occorre rivalutare il funzionamento del catetere IN ASPIRAZIONE ED INFUSIONE. Se il catetere è chiuso o eparinato:
- rimuovere la soluzione eparinata contenuta all’interno del catetere precedentemente iniettata (circa 5ml);
- eseguire il lavaggio come descritto in procedura;
- iniziare ad infondere farmaci e fluidi.
LAVAGGIO DEL CATETERE
L’accesso venoso necessita di regolare lavaggio con soluzione fisiologica 0,9 % (FLUSHING) per il mantenimento della pervietà. deve essere eseguito: sempre dopo prelievo ematico, infusione di ntp, lipidi o farmaci che lo richiedono; ogni 7 giorni per i cateteri non in uso.
RISPETTARE:
- procedura sterile con tutti i dpi (guanti, camice mascherina e cuffia),
- utilizzo di siringhe di calibro uguale o superiore a 10 ml;
- rimuovere soluzione eparinata, se presente, precedentemente iniettata;
- cambiare il tappo a pressione neutra dopo aspirazione;
- eseguire lavaggio con 10 ml di sol. fisiologica 0,9% a flusso continuo;
- eseguire lavaggio con 10 ml di sol. fisiologica 0,9% con tecnica pulsante.
EPARINIZZAZIONE DEL CATETERE
Esistono in commercio differenti tipi di preparati farmaceutici per evitare l’occlusione del catetere “soluzioni eparinate, epsodilave, sodio citrato”. Il medico che ha in cura il paziente sceglierà quello più idoneo alle condizioni di salute dello stesso. A titolo esemplificativo, viene di seguito indicata la procedura in uso in questa U.O. salvo diversa prescrizione medica.
PRELIEVO EMATICO: deve essere eseguita dopo aver rispettato pedissequamente la procedura di lavaggio, ed è sconsigliato l’uso del catetere per prelievo ematico di routine, deve essere riservato ai pazienti con problemi di coagulazione o con scarso patrimonio venoso e dopo l’esecuzione deve essere ripetuta la procedura di lavaggio.
FREQUENZA DI SOSTITUZIONE DEI SISTEMI DI CONNESSIONE E LINEE DI INFUSIONE: tappino a pressione neutra: ogni 72 ore; deflussore, prolunga, microgocciolatore e sistema di infusione continua: ogni 48-72 ore;
linee per npt: ogni 24 ore con lavaggio intermedio del catetere; linee di infusione di propofol ogni 6-12 ore; ridurre al minimo rampe e rubinetti, eliminare quelli non necessari ponendo particolare attenzione nella somministrazione attraverso cateteri monolume all’interazione tra farmaci.
Domenico Monopoli
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