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Il collegio Ipasvi Roma rilancia le competenze avanzate

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Art. 49 e demansionamento: realtà e prospettive
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Arriva all’attenzione della nostra Redazione la nota del collegio ipasvi di Roma del 19/05/2017 inviata, probabilmente, in risposta ad un quesito posto da qualche iscritto

Nella stessa a firma della presidente del collegio ipasvi di Roma, dott.ssa Ausilia Pullimeno, viene specificato quanto segue: “….omissis….per quanto attiene, invece, alle cure igieniche del malato, queste sono di competenza infermieristica e, come recita il profilo professionale, infermiere, nell’espletamento di tali attività, può senz’altro avvalersi dell’aiuto del personale di supporto”.

Nella nota viene anche richiamata la responsabilità degli infermieri in caso di mancanza di figure di supporto (Oss, ausiliari, ecc.) e che gli stessi devono sopperire “…omissis…a tale carenza svolgendo egli stesso le attività dirette alla cura del paziente”.

Tali affermazioni hanno generato un intenso dibattito nella comunità infermieristica con diversi punti di vista; sono in molti a puntare il dito contro una nota che produrrebbe una visione di professionista infermiere “TUTTOFARE”.

Responsabilità infermieristiche e demansionamento sono i due temi che sottendono la nota ipasvi di Roma.

Riportiamo alcuni importanti riferimenti normativi che individuano la figura dell’infermiere e la sua responsabilità.

La responsabilità dell’agire professionale poggia su tre fondamenta:

  1. la formazione di base: il completamento di questo percorso consente di acquisire il titolo formale e l’abilitazione all’esercizio professionale (l’iscrizione al Collegio Professionale è dovere per il professionista);
  2. il profilo professionale D.M. 739/94, Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’Infermiere, all’art. 1 comma 1 recita: “….è individuata la figura professionale dell’Infermiere con il seguente profilo: l’Iinfermiere è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell’iscrizione all’albo professionale è responsabile dell’assistenza generale infermieristica”;
  3. il Codice Deontologico, emanato nel 2009, rappresenta un elemento qualificante poiché opera una sistematizzazione deontologica, enunciando i comportamenti attesi dal professionista infermiere.

Ne consegue che l’Infermiere è quindi responsabile dell’Assistenza Infermieristica, identifica i bisogni e formula i relativi obiettivi. Pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale infermieristico.

Per l’espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, dell’opera del personale di supporto.

Nell’avvalersi del personale di supporto, essendo esso detentore delle facoltà decisionali in merito, ATTRIBUISCE i compiti previsti dal profilo o dettagliati nei piani di lavoro di quello specifico contesto operativo, rientranti nelle competenze di quell’operatore, che possono essere svolti in autonomia o in collaborazione.

L’Infermiere ha quindi la responsabilità giuridica dell’attribuzione, tale responsabilità si attiene alla decisione di avere assegnato ad altri un’azione prevista nel contesto della pianificazione dell’assistenza infermieristica e comprende la supervisione sullo svolgimento e sull’esito dell’azione stessa.

Gli errori di pianificazione ed attribuzione, e l’omessa supervisione, chiamano in causa direttamente l’Infermiere; gli errori di esecuzione sono responsabilità diretta dell’O.S.S..

Il demansionamento infermieristico, diventata oramai una vera e propria piaga professionale, che porta non solo al depauperamento di risorse ma che incide sul decoro di una professione che non riesce ad incidere sui processi decisionali e politici di un sistema sanitario in continua evoluzione, a volte troppo medico centrico.

Quello che tantissimi colleghi denunciano sono le criticità nell’ambito delle prestazioni assistenziali derivanti, in particolare, dalle gravi carenze di figure di supporto; profili necessari per le prestazioni a valenza domestico – alberghiero evidentemente richieste per la tipologia delle prestazioni assistenziali previste.

Ciò determina la presa in carico delle prestazioni di pertinenza degli Operatori Socio Sanitari da parte degli Infermieri con conseguente impedimento degli stessi alle prestazioni professionali di stretta competenza e pertinenza.

L’assenza di figure di supporto ESPONE IL PERSONALE INFERMIERISTICO A DEMANSIONAMENTO sistematico, con conseguente svilimento del profilo professionale e depauperamento del patrimonio delle  proprie competenze.

Le conseguenze del demansionamento denunciate da tantissimi infermieri comporta anche degli obblighi a cui le aziende devono rispondere.

In particolare le aziende sanitarie dovrebbero:

  • attuare tutte le misure organizzative necessarie per rispettare tutti i parametri di legge a tutela dell’integrità fisica e professionale dei lavoratori;
  • predisporre la mappatura del rischio clinico connesso alle criticità segnalate, a beneficio degli utenti, dei lavoratori e di quanti direttamente o indirettamente per scopi didattici o di altro genere soggiornano nella U.O;
  • attivare copertura di rischio lavorativo per il personale evidentemente demansionato rispetto al profilo professionale di riferimento.

Di seguito alcune sentenze che riprendono precisamente le condizioni demansonanti con un richiamo a tutti gli organi istituzionali a rispondere per le proprie responsabilità.

ALCUNE SENTENZE:

  • sent. N. 1078 RG n. 9518/80, Cron. 2210 del 09 febbraio 1985 “non compete all’infermiere ma al personale subalterno, rispondere ai campanelli dell’unità del paziente, usare padelle e pappagalli per l’igiene del malato e riassettare il letto”;
  • sent. N. 1116 del 21 luglio 1995 Cassazione Sez. V “per mansione inferiore si intende quella assegnata (da una norma) ad una diversa qualifica e che, invece, viene svolta da una qualifica superiore con carattere di continuità, prevalenza ed esclusività”;
  • sent. N. 24293/2008 Corte di Cassazione chiamata a decidere sul caso di mansioni inferiori ha stabilito: “richiamando la consolidata giurisprudenza di questa Corte al riguardo, la modifica delle mansioni di cui all’art. 2103 C.C. non può avvenire in maniera dequalificante ma deve essere mirata al perfezionamento e all’accrescimento del corredo di esperienze, nozioni e perizie acquisite nella fase pregressa del rapporto. Le mansioni inferiori svolte dal ricorrente, sono state ritenute elementari, estranee alle esperienze professionali pregresse, aventi in sé un maggior rischio di fossilizzazione delle capacità della dipendente medesimo”;
  • Cass. Sez. Lav. N. 7018 del 27 maggio 2000 ha postulato la prevalenza delle mansioni sostanziali su quelle formali nel senso che, “per individuare l’illecito mansionale, non è indispensabile acclarare la presenza di un atto formale, essendo sufficiente che il lavoratore svolga mansioni inferiori de facto”;
  • Cass. Sezione Lavoro n. 7453 del 12 aprile 2005 “vieta all’Azienda di mutare le mansioni senza l’accordo del dipendente”;
  • Tribunale Civile di Milano sez. Lav. N. 2908 del 5.11-29.12. “se l’organico è inadeguato e il dipendente è obbligato, anche di fatto, a svolgere mansioni non attinenti al proprio profilo funzionale, ha diritto al risarcimento per lesione della dignità professionale in quanto deve sopperire ad un gravoso ed improprio cumulo di mansioni. Ne consegue che ha diritto al risarcimento valutato in via equitativa ex art.1226 C.C.;
  • Cass. Sez. Lav. N. 6419 del 17 maggio 2000 “nel pubblico impiego sono vietate le mansioni inferiori o promiscue”;
  • Cass. Sez. Lav. N. 1307 del 7 febbraio 1998 “il dipendente può rifiutarsi di eseguire la prestazione lavorativa contestata se essa è ritenuta dequalificante”.   
  • sentenza del 06.10.2015, n. 1302, del Tribunale di Cagliari ha stabilito che il demansionamento (assegnazione di mansioni inferiori) e la dequalificazione professionale (privazione e/o limitazione di mansioni tipiche del profilo di appartenenza), oltre a costituire un grave inadempimento contrattuale, può essere la causa di un danno non patrimoniale risarcibile (VEDI);
  • sentenza n. 52/2016 del 9 febbraio u.s. il Giudice del Lavoro del Tribunale di Caltanissetta accerta e dichiara che i ricorrenti (infermieri) dal 2006 ad oggi, hanno svolto anche mansioni inferiori non rientranti tra quelle d’inquadramento e, per l’effetto condanna l’Azienda Sanitaria Provinciale N. 2 di Caltanissetta ad adibire i ricorrenti ai compiti previsti per la qualifica di inquadramento, al risarcimento del danno non patrimoniale, al pagamento delle spese della lite (VEDI).

A tal proposito richiamiamo anche gli articoli 47, 48, 49 e 51 del Codice deontologico vigente che potrebbe dirimere ogni dubbio, se interpretati a difesa della professione.

Articolo 47

L’infermiere, ai diversi livelli di responsabilità, contribuisce ad orientare le politiche e lo sviluppo del sistema sanitario, al fine di garantire il rispetto dei diritti degli assistiti, l’utilizzo equo ed appropriato delle risorse e la valorizzazione del ruolo professionale.

Articolo 48

L’infermiere, ai diversi livelli di responsabilità, di fronte a carenze o disservizi provvede a darne comunicazione ai responsabili professionali della struttura in cui opera o a cui afferisce il proprio assistito.

Articolo 49

L’infermiere, nell’interesse primario degli assistiti, compensa le carenze e i disservizi che possono eccezionalmente verificarsi nella struttura in cui opera. Rifiuta la compensazione, documentandone le ragioni, quando sia abituale o ricorrente o comunque pregiudichi sistematicamente il suo mandato professionale.

Articolo 51 

L’infermiere segnala al proprio Collegio professionale le situazioni in cui sussistono circostanze o persistono condizioni che limitano la qualità delle cure e dell’assistenza o il decoro dell’esercizio professionale.

In virtù di quanto esposto invitiamo tutti ad una profonda riflessione sul ruolo istituzionale e sul futuro di questa nostra professione…la strada è ardua ma è ormai tracciata!

 

Giuseppe Papagni

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