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Hikikomori, Schillaci: “L’isolamento sociale dei nostri giovani è un fenomeno che non possiamo più ignorare”

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“Un fenomeno che non possiamo più ignorare è il ritiro sociale dei nostri giovani. Gli Hikikomori sono solo la punta dell’iceberg di un disagio più ampio, perché ogni giovane che si chiude in casa è una sconfitta per tutti noi”. Così il ministro della Salute, Orazio Schillaci, rispondendo all’interrogazione dell’onorevole Daniela Ruffino (Azione) durante il question time alla Camera sulle iniziative per prevenire e contrastare il fenomeno degli hikikomori, anche in relazione agli impegni assunti dal Governo nel 2023.

“Quasi due anni fa – ha ricordato Schillaci – quest’Aula ha approvato una serie di mozioni sul fenomeno degli hikikomori. Un impegno preciso per sensibilizzare, prevenire e contrastare questa forma estrema di isolamento giovanile. Il ministero della Salute non è rimasto fermo. Nel corso degli anni abbiamo promosso e finanziato numerose attività di prevenzione del disagio giovanile, ma la pandemia ci ha costretto ad accelerare. Nel 2022, attraverso il Programma CCM, abbiamo finanziato il progetto ‘Effetti dell’emergenza pandemica Covid-19 sui minori: strategie di prevenzione e contrasto delle problematiche di salute mentale e delle dipendenze’. Un progetto, concluso a maggio 2024, che ha dato risultati concreti”.

Sempre Schillaci: “Questo lavoro ha prodotto dati affidabili. Abbiamo creato un sistema per monitorare tempestivamente gli accessi ai servizi neuropsichici e delle dipendenze tra i minori. Senza numeri certi non si fa programmazione seria, né regionale né nazionale. Ma soprattutto abbiamo sviluppato strategie basate sulle evidenze per promuovere quella che chiamiamo ‘salute mentale positiva‘. Bisogna prevenire il disagio, costruendo nei ragazzi gli anticorpi psicologici necessari. La rete collaborativa funziona. Abbiamo consolidato la collaborazione tra istituzioni, professionisti, famiglie e, punto fondamentale, i ragazzi stessi. I risultati ci hanno permesso di attivare un sistema di sorveglianza interregionale che non si fermerà qui”.

Schillaci ha quindi elencato gli strumenti pratici messi in campo dal ministero della Salute: “Abbiamo sviluppato un modello di analisi dei flussi informativi per intercettare tempestivamente le problematiche di salute mentale nei giovani. E abbiamo raccolto buone prassi, creando kit formativi specifici per le scuole. Perché la scuola resta il primo presidio di osservazione e intervento. Abbiamo tradotto e adattato il manuale ‘Mental health in schools’ dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e implementato materiali informativi sulla piattaforma Iss”.

E ancora: “In raccordo con la ‘rete scuole che promuovono la salute’ abbiamo attivato percorsi formativi per docenti, referenti scolastici e peer educator. Perché dietro il ritiro sociale c’è spesso una difficoltà di integrazione che parte proprio dai banchi di scuola”.

Ha proseguito Schillaci: “Nell’ambito del Programma CCM 2024 il ministero ha finanziato tre progetti specifici che vanno al cuore del problema: ‘Adolescenza e tentativo di suicidio’; ‘Modelli organizzativi per la presa in carico precoce; ‘Prevenzione e intervento nei comportamenti autolesivi’. Abbiamo siglato protocolli di intesa con l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, con Unicef e con il ministero dell’Istruzione e del merito. Perché la salute mentale dei giovani non può essere competenza di un solo ministero”.

Ha concluso Schillaci: “Il ministero della Salute riserva sempre grande attenzione alla salute psico-fisica di bambini e adolescenti, ma sappiamo che c’è ancora tanto da fare. Oggi possiamo dire di aver fatto passi concreti, ma il percorso è ancora lungo. Continueremo a investire in prevenzione, formazione e reti territoriali. Gli hikikomori sono solo la punta dell’iceberg di un disagio più ampio, perché ogni giovane che si chiude in casa è una sconfitta per tutti noi”.

La replica dell’onorevole Ruffino

“Signor ministro, confesso, nonostante stia frequentando una rete di genitori e di specialisti, che molte delle cose da lei elencate non sono percepite o sono state forse sviluppate in una parte di territorio e non in tutta Italia, e questo è un dispiacere”, ha replicato Ruffino.

“Lei ha detto cose importanti – ha aggiunto -. Bisogna prevenire, bisogna essere veloci e fare in fretta. Bisognerebbe avere gli psicologi che vanno a domicilio. Abbiamo questi ragazzi che non riescono più a frequentare la scuola e perdono gli anni scolastici e non possono essere giustificati. Abbiamo gli adulti che perdono il loro lavoro per lo stesso motivo, perché molto spesso non ci sono specialisti che documentano quest’assenza. La scuola, con tutti gli sforzi che può fare, a volte molto in ritardo – ma questo succede anche alle famiglie -, si rende conto del problema che i figli vivono un disagio enorme”.

E ancora: “Ora, signor ministro, non c’è tanto tempo. Se quanto lei ha detto in qualche maniera non verrà portato a fattor comune, i numeri aumenteranno in maniera spropositata. Chi deve conoscere questo? Le Regioni? Guardi: le Regioni non sono assolutamente a conoscenza di queste ricerche. Gli studi dei pediatri? Le scuole? Quali scuole hanno partecipato a questa sperimentazione?”.

Ha concluso Ruffino: “Io le chiedo di fornire al Parlamento questi dati, queste ricerche. E posso ancora dirle con grande rincrescimento, pur ribadendo che avrà la nostra collaborazione anche da parte dell’Intergruppo che ho costituito, che siamo a un punto poco più di zero. Abbiamo bisogno di qualcosa di concreto che risponda alle mozioni alle quali il Governo ha dato parere favorevole”.

Chi sono gli hikikomori?

“Hikikomori” è un termine giapponese che significa “stare in disparte”. Viene utilizzato per indicare chi decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi, a volte per anni. Rinchiusi nella propria abitazione, costoro evitano qualunque tipo di contatto diretto con il mondo esterno, talvolta anche con i familiari.

Gli hikikomori sono soprattutto giovani tra i 14 e i 30 anni, maschi nel 70-90% dei casi, anche se il numero delle ragazze isolate potrebbe essere sottostimato dai sondaggi effettuati finora. Nonostante questo fenomeno si palesi principalmente durante l’adolescenza, la condizione tende a diventare cronica, rischiando di perdurare anche tutta la vita. In Italia – soprattutto a seguito della pandemia, che ha estremizzato il problema – l’attenzione sta aumentando. Nel nostro Paese non ci sono ancora dati ufficiali, ma i casi stimati sono circa 100mila.

Redazione Nurse Times

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