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Gli infermieri contro la violenza sulle donne

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Gli infermieri contro la violenza sulle donne
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Dati allarmanti quelli che riprendono le donne vittima di violenza. Secondo i dati Istat di giugno 2015, in Italia circa 6 milioni 788 mila donne hanno subito nel corso della propria vita una violenza fisica o sessuale. Si tratta del 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni, quasi una su tre. Ma se negli ultimi 5 anni sono leggermente diminuite le violenze fisiche o sessuali, aumenta invece la percentuale dei figli che vi assistono.

Per contrastare questo fenomeno sono nati i Centri Antiviolenza, grazie ai fondi stanziati dal governo che però non hanno avuto l’effetto sperato, perchè il loro impiego non risulta sempre trasparente. E’ infatti online una mappa che presenta molti buchi neri quella presentata di recente da DonneCheContano, piattaforma open data ideata da ActionAid in collaborazione con Dataninja, in occasione dell’incontro “Sulla violenza voglio vederci chiaro” organizzato con Wister (Women for Intelligent and Smart Territories) e D.i.re (Donne in Rete contro la violenza).

In questa giornata non può mancare il supporto degli infermieri da sempre in prima linea contro la violenza. A parlarne è la presidente della Federazione Nazionale Collegi Ipasvi Barbara Mangiacavalli “Sono proprio gli infermieri che si trovano costantemente e quotidianamente a confronto con le situazioni di disagio: la violenza nasce in famiglia, nei luoghi di lavoro, soprattutto dalla frustrazione di chi il lavoro l’aveva e non l’ha più, nelle strade. Le professioni sanitarie hanno il compito importante di prima accoglienza e di gestione del caso di violenza dal punto di vista clinico-assistenziale, ma sono impegnati anche sul fronte della prevenzione e della ricerca di soluzioni”

Infermieri che assistono le donne vittima di violenza “vuol dire riconoscere prima – continua Mangiacavalli – di tutto l’autodeterminazione che le è stata negata, riconoscerle il bisogno di giustizia, riconoscerla nella sua specificità. In questo senso è indispensabile lo “sguardo infermieristico”, che resiste alla tentazione di semplificare tutto con la razionalità tecnica e affronta il disagio esistenziale di situazioni inquietanti che mettono in discussione tutti i  parametri di umanità, di fiducia e intimità”.

“Il sistema sanitario – sostiene Mangiacavalli –  gioca un ruolo centrale nella prevenzione della violenza sulle donne attraverso un approccio di sanità pubblica, identificando precocemente gli abusi e garantendo alle vittime le cure e i trattamenti appropriati.

Come sa chiunque lavori in un pronto soccorso, le donne spesso cercano assistenza senza rivelare le cause delle loro ferite o del loro malessere.

Gli infermieri in questo senso si formano per assistere, anche con competenze  specialistiche, finalizzate ad individuare quanto più rapidamente possibile i casi di maltrattamento, approfondire tematiche specifiche quali la conoscenza della rete territoriale dei servizi, del coordinamento e del contesto entro cui si colloca l’intervento, rafforzando una visione integrata e di rete.

Il loro ruolo è essenziale per fornire supporto alla donna, al suo arrivo nella struttura, per assistere anche la famiglia (spesso ci sono figli che hanno vissuto l’ambiente familiare critico), fornire informazioni utili sui servizi di assistenza per le vittime.

E ancora, evidenziare l’importanza di sottoporsi a esami per l’individuazione di possibili malattie veneree in caso di violenza sessuale; rispondere a eventuali domande della vittima, supportandola durante tutto il processo. L’intervento psicologico ha più effetto se viene iniziato durante le prime ore che seguono l’aggressione. Contro la violenza sulle donne – conclude –  gli infermieri ci sono e sono pronti”.

Giuseppe Papagni

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