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Fungating Wounds: revisione della letteratura di un argomento poco conosciuto e diffuso

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L'infermiere specialista in vulnologia: presentazione di un nuovo modello organizzativo
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Le fungating wounds sono l’espressione cutanea dell’esistenza di una neoplasia maligna in stadio avanzato, comuni tra i soggetti anziani

Queste vengono definite, anche se non esiste una traduzione letterale, “lesioni cutanee maligne”.

Consistono nell’infiltrazione, proliferazione e successiva infezione delle cellule tumorali a livello epidermico, vasi sanguigni, linfatici afferenti e possono derivare sia da un tumore locale, sia dalla manifestazione metastatica di una lesione primaria o da un tumore in un sito distante (Collier 2000).

Allo stato attuale, le conoscenze in merito a questo argomento sono scarse, poichè non esistono testi di riferimento in italiano, infatti l’esatta incidenza, la natura, delle lesioni maligne è sconosciuta, mentre il loro trattamento è in continuo progresso.

Esse, non vengono segnalate nemmeno nel registro tumori pur essendo ad essi correlati; neanche nei Diagnosis Related Group (DRG) esiste una voce ad esse associate.

Anche se la neoplasia viene controllata con uno o più trattamenti spesso combinati tra loro (chemioterapia, radioterapia), l’infezione si estende provocando un danno importante nel punto di lesione, attraverso una combinazione di fattori tra cui: crescita proliferativa, diminuzione dell’apporto vascolare a livello cutaneo, ulcerazione (Naylor 2002).

Le lesioni cutanee possono essere debilitanti, dolorose e spesso riducono la qualità di vita dell’assistito; sono trattate prevalentemente in assistenza domiciliare integrata anche se i modelli organizzativi non sempre garantiscono qualità ed efficienza.

La crescita è rapidissima, talvolta anche in 24 ore e a seguito della componente maligna, si manifesta la tendenza a deteriorasi nel tempo.

I principali siti di localizzazione della lesione sono:

  • Mammella;
  • Testa e collo;
  • Inguine e genitali;
  • Dorso;
  • Addome.

La lesione cutanea si può presentare:

  • Ulcerata;
  • Invasiva;
  • A forma di cavolfiore;
  • A forma di cratere poco profondo, spesso complicata dalla presenza di una fistola.

La diffusione di un tumore alla superficie cutanea può inizialmente presentarsi come una zona di indurimento localizzato, in rilievo, per poi evolvere in una lesione cutanea vegetante o ulcerosa.

Le lesioni vegetanti crescono velocemente, assumendo una morfologia che ricorda un cavolfiore o un fungo che si eleva dalla superficie cutanea.

Le lesioni ulcerative sono caratterizzate da profondi crateri con margini in rilievo, con la crescita graduale del tumore, è inevitabile l’instaurarsi di ipossia, provocata dal sovvertimento della circolazione sanguigna e dalla riduzione della perfusione dei tessuti, che determina la formazione di aree necrotiche.

La presenza di tessuto necrotico costituisce un terreno ideale per la proliferazione dei batteri. L’espansione in verticale del tumore tuttavia può raggiungere anche le strutture profonde, portando alla formazione di cavità o fistole.

L’ostruzione del normale flusso sanguigno e linfatico è stata messa in correlazione con la produzione di abbondante essudato ed edema.

 

Principi di gestione delle “Fungating Wounds”

  • Il trattamento del tumore sottostante e la gestione delle comorbidità;
  • Gestione della sintomatologia dolorosa e non;
  • Il supporto psicologico al paziente e ai caregiver;
  • Gestione delle lesioni locali.

Le Fungating Wounds sono generalmente considerate lesioni non guaribili che tendono a peggiore nel tempo. L’approccio è fondamentalmente palliativo, e mira ad ottenere il controllo dei sintomi, promuovere il comfort e il mantenimento o il miglioramento della qualità della vita (Adderly e Smith 2007, Benbuw 2009).

 

Gestione dei sintomi

Le lesioni neoplastiche cutanee possono causare non solo danni fisici, ma anche sociali e psicologici.

Inoltre, esse sono accompagnate da una serie di “perdite”: la perdita della propria immagine corporea, la perdita d’identità, la perdita di autostima, la perdita di una vita quotidiana (Lo et al 2008).

Diversi studi riportano che queste perdite incontrollabili rappresentano una grandissima fonte di stress per i pazienti che spesso si sentono “sporchi” e sperimentano un senso di disagio e vergogna al punto di limitare la vita sociale o arrivare a dirittura all’isolamento (Hareendran et el, 2005. Lindahl, 2008).

Lo scopo della gestione è quello di alleviare il peso della malattia, migliorare la qualità della vita e conservare la dignità dell’assistito.

Ogni lesione è unica nel suo genere sia per quanto concerne la manifestazione fisica, sia per la sintomatologia presentata, infatti vi sono soggetti portatori che presentano sintomi multipli ed altri che ne presentano solo alcuni.

I segni ed i sintomi più comuni, in ordine di frequenza, sono:

  1. Cattivo odore;
  2. Presenza di abbondante essudato;
  3. Dolore;
  4. Sanguinamento;
  5. Prurito;
  6. Infezione.

1) Cattivo odore

È importante ricordare che non tutte le fungating wounds hanno cattivo odore e non tutte le lesioni maleodoranti sono maligne.

Le più comuni cause di cattivo odore sono le necrosi tessutale, le colonizzazioni batteriche ed il ristagno di essudato nella medicazione.

Il caratteristico odore deriva dall’abbondante essudato spesso presente in questo tipo di lesioni (Naylor 2002, Grocott 1995).

Il controllo di questo segno è la più grande sfida sia dei sanitari che del paziente, il quale tende all’isolamento sociale anche all’interno del nucleo familiare.

Interventi

A) Debridement (PRODIGY 2009):

  • Nelle lesioni maligne lo sbrigliamento dovrebbe essere attivato con la finalità di eliminare la fonte di cattivo odore (tessuto necrotico e batteri);
  • Il debridement chirurgico non è raccomandato per la tendenza di queste lesioni a sanguinare;
  • Il debridemente enzimatico è una buona soluzione e meno traumatica.

B) Medicazioni

  • Il metronidazolo gel topico allo 0.75-0.80%, è un agente antinfiammatorio ed antimicrobico attivo contro gli anaerobi;
  • Le medicazioni al carbone attivo vengono usate per controllare l’odore con qualche risultato positivo. La loro azione è esercitata dalla struttura alveolare del carbone attivato, captando in modo irreversibile le molecole volatili degli acidi grassi. Per garantire un’ottima performance delle medicazioni al carbone è però necessario seguire alcuni accorgimenti: i margini della medicazione devono essere sigillati e lo strato a contatto dovrebbe essere mantenuto asciutto.

C) Terapia antibiotica sistemica

  • Questa deve essere iniziata quando vi è il sospetto di infezione e soprattutto se ben tollerata dal paziente (EPUAP/NPUAP).

2) Essudato

Un problema cardine con le lesioni cutanee maligne è il problema della gestione dell’essudato (Grocott 1995, Grocott 1998).

La vasodilatazione e un aumento della permeabilità dei capillari consente il passaggio dei liquidi e l’uscita degli elementi cellulari attraverso le pareti dei vasi.

L’eccesso di umidità crea un ambiente ideale per la proliferazione batterica, specialmente quando le difese dell’organismo-ospite sono compromesse.

L’umidità è controindicata nelle ulcere non guaribili. La produzione di essudato è stimolata dall’infiammazione che può essere associata all’infezione. Quando l’essudato è a contatto prolungato con la cute si possono verificare danni ai tessuti e prurito.

Interventi e Medicazione

  • Conservazione della superficie;
  • Assorbire, raccogliere l’eccesso di essudato;
  • Le medicazioni devono essere traspiranti per favorire l’areazione per evitare l’eccesso di secrezione e gestire l’iperproduzione di essudato.

Non vanno usati gel idratanti e medicazioni che trattengono l’umidità (es. idrocolloidi), bensì utilizzare medicazioni assorbenti disponibili in commercio come: schiume, alginati, idrofibra, etc.

Dato che l’essudato è ricco di proteine, una perdita consistente come quella che si verifica in una lesione di grande dimensioni, potrebbe condurre a gravi deficit proteici.

L’iperessudazione associata al cattivo odore può ridurre l’appetito, aggravando lo stato di malnutrizione (Ratliff, 2008).

3) Il Dolore

Il dolore è un fenomeno complesso e soggettivo, vissuto in modo unico da ogni individuo, per questo può essere valutato solo da quanto la persona comunica, sia in modo verbale che non verbale.

Può essere secondario alla compressione esercitata dal tumore o dall’invasione di questo in prossimità di vasi e di nervi (dolore neuropatico) o alla stimolazione delle terminazioni nervose (dolore nocicettivo), oppure all’esposizione delle terminazioni nervose cutanee del derma (McManus, 2007).

Può inoltre essere causato da cure inappropriate come una medicazione adesa sul letto della lesione o da un’inappropriata tecnica di detersione e medicazione (Prost et al, 2009).

Interventi

Per la gestione della sintomatologia dolorosa è indispensabile un accertamento accurato che ne comprenda l’identificazione del tipo, del grado, della frequenza con cui compare e della sua durata (Naylor 2002).

I fattori chiave per la gestione del dolore sono: il monitoraggio del dolore, i farmaci sistemici, il supporto emozionale e la qualità della tecnica nella gestione della medicazione.

E’ stato documentato che un’attenta selezione delle medicazioni con interfaccia atraumatica e non aderente come quelle al silicone limita i danni/traumi cutanei alla rimozione e riduce il dolore al cambio della medicazione.

Anche se non sono disponibili solide evidenze l’uso di medicazione contenente Ibuprofene a lento rilascio può aiutare a ridurre il dolore. Cambi della medicazione troppo frequenti o la rimozione troppo aggressiva causano lo stripping delle cellule dello strato corneo, irritando la cute 24.

I professionisti sanitari sono incoraggiati a rimuovere le medicazioni con delicatezza, riducendo gli intervalli di cambio.

Alcuni pazienti possono sviluppare dermatiti da contatto ed allergie; dovute all’essudato corrosivo e ai componenti delle medicazioni con conseguente eritema localizzato, edema e flittene sui margini della ferita.

Per ridurre al minimo i traumi secondari alla rimozione troppo energica o troppo frequente di medicazioni adesive, è utile l’uso di prodotti barriera da applicare sulla cute perilesionale.

4) Il sanguinamento

La fragilità capillare del tumore aumenta il rischio di emorragie (Grocott 1995). Le lesioni sono spesso formate da tessuto sottile, fragile, friabile con tendenza al sanguinamento, soprattutto se, durante la medicazione si creano dei traumi, ad esempio rimovendo la medicazione (Hallet 1995, Jones et al 1998).

Sanguinamenti spontanei si hanno per lo più se il tumore erode grossi vasi sanguigni, con conseguenze tali da mettere in pericolo di vita il paziente.

Anche le condizioni generali di salute (es. funzionalità anomala delle piastrine, deficit di vitamina K, etc) possono esporre il paziente oncologico o con altre patologie terminali a rischio di sanguinamento.

Interventi

Semplici strategie e tecniche di medicazione possono ridurre l’insorgenza del sanguinamento, tra queste: l’utilizzo di medicazioni che non aderiscono al fondo della lesione e mantengono umida la superficie e la delicata detersione con irrigazione a bassa pressione. In caso di sanguinamento:

  • Applicare un lieve compressione e locale (può ridurre il sanguinamento ma evocare dolore);
  • Alginato di calcio, collagene, cellulosa ossidata sono molto utilizzati per i tumori vegetanti con modesto o alto essudato. Hanno proprietà emostatiche perché facilitano il meccanismo di crostificazione del tumore sanguinante;
  • Per il trattamento vengono segnalati l’uso di spugne emostatiche, acido tranexamico, radioterapia (Bates-Jensen e Seaman, 2007). L’utilizzo dell’adrenalina sotto forma di impacco, è controversa in quanto la vasocostrizione che viene indotta dal farmaco potrebbe provocare ischemia e necrosi locale. Essa deve essere usata con cautela e solo con controllo medico, per cui va evitata in ambito domiciliare.

5) Prurito

Il prurito è solitamente il risultato di un tumore a livello cutaneo in fase attiva (Grocott 2001). Lo sviluppo di nuovi noduli cutanei associati all’attività del tumore può causare prurito o irritazione della zona intorno alla lesione. La letteratura lo descrive come uno dei sintomi più fastidiosi e merita la stessa attenzione del dolore (Alexander, 2009).

Interventi

  • Spesso il prurito non è sensibile agli antistaminici (Groctt, 2007; Stephen-haynes, 2008);
  • La terapia ormonale o la chemioterapia palliativa potrebbero ridurre il prurito (Crocott, 2007);
  • La TENS (Transcutaneous Electrical Nerve Stimulation) potrebbe alleviare il prurito associato a lesioni maligne,poiché questo trattamento produce la contrazione ed il rilassamento dei muscoli promuovendo così il flusso

    sanguigno (Grocott, 2000);

  • L’uso di medicazioni con idrogel conservate in luogo fresco danno sollievo sintomatologico;
  •  Altri suggeriscono l’uso di creme mentolate a base acquosa per l’effetto lenitivo e rinfrescante, non inaridisconola cute e si applicano sulle aree pruriginose 2-3 volte al giorno, ovviamente non vanno applicate sulle lesione aperte (Naylor 2002).

6) Infezione

Nei pazienti oncologici in cui il sistema immunitario è compromesso, i batteri possono attecchire e proliferare sul fondo della lesione provocando danno tissutale superficiale o profondo. All’infezione possono essere associato alcuni segni come essudato abbondante, cattivo odore e dolore.

Interventi

A) Detersione

  • Una buona detersione riduce la carica batterica;
  •  Per la detersione usare fisiologica o acqua potabile (se non è richiesta una tecnica sterile);
  •  Lavare la lesione sotto la doccia se le condizioni del paziente e della lesione lo consentono;
  • Non strofinare o sfregare per evitare traumi, dolore e sanguinamento;
  • Pulire la lesione tramite irrigazione a bassa pressione per evitare di provocare dolore o sanguinamento;
  • La temperatura della soluzione dovrebbe essere a temperatura corporea;
  • La carica batterica rappresenta una problematica più allarmante rispetto a quella della tossicità tessutale; l’uso
    di antisettici come lo iodio-povidone, la clorexidina e loro derivati sono delle buone opzioni di trattamento.

B) Debridement

  • Lo sbrigliamento dovrebbe essere avviato per rimuovere i tessuti devitalizzati (escara, slough, etc) che costituiscono un ottimo terreno di crescita per i batteri;
  •  Nelle ulcere cutanee maligne non è raccomandato un debridement aggressivo come quello chirurgico per il rischio di sanguinamento, dolore e invasione batterica;
  • Il rischio d’infezione diminuisce usando medicazioni che mantengono l’umidità per promuovere uno sbrigliamento autolitico.

C) Medicazioni

  • Nel caso la detersione e debridement non siano sufficienti per controllare la carica batterica, potrebbe trovare indicazione il ricorso ad agenti antimicrobici come antisettici, medicazioni antisettiche ed antibiotici (Atiyeh et al, 2009);
  •  Si trovano in commercio prodotti topici antimicrobici, ma nessun prodotto è indicato o adatto per tutti i pazienti;
  •  Le medicazioni all’argento sono uno degli agenti topici più usati;
  •  Affinchè l’argento eserciti un effetto antimicrobico, esso deve essere attivato nella forma ionica in un ambiente
    acquoso, controindicato nelle ulcere non guaribili;
  •  E’ stato dimostrato che la profilassi antibiotica non favorisce la guarigione delle ulcere;
  • La terapia antibiotica sistemica dovrebbe essere considerata qualora vi sia il forte sospetto di infezione e se
    tollerata dal paziente (EPUAP/NPUAP).

Conclusioni

Il controllo dei sintomi migliora l’autostima e ristabilisce uno scopo nella vita del paziente (Lo et al. 2011). Per un paziente oncologico con lesioni neoplastiche cutanee l’intervento deve avere come obiettivo il mantenimento della qualità di vita del soggetto, attraverso trattamenti terapeutici attivi o palliativi che permettano il proseguimento della quotidianità nel migliore dei modi possibili.

La valutazione delle caratteristiche della lesione permetterà di scegliere la medicazione più adeguata per garantire il comfort del paziente, il controllo dell’essudato, minimizzando o eliminando l’odore, prevenendo l’infezione e alleviando il dolore.

È importante che il paziente ed il caregiver partecipino attivamente al processo di cura, nelle decisioni e nelle scelte dei prodotti al fine di trarre il maggior beneficio possibile.

 

Ersil Uldedaj

 

Fonte: Aislec.it

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