La denuncia arriva da una società internazionale che si occupa di import export sull’asse Italia-Cina: ffp2 certificate si rivelano, in seguito, non a norma.
Adesso sono in corso vari controlli e molte di queste mascherine non superano la prova del cloruro di sodio e dell’olio di paraffina, utilizzati per verificare il filtraggio. Un caso è quello delle mascherine in Alto Adige, situazione raccontata dal corriere.it. “Il messaggio che vogliamo lanciare è di fare molta attenzione alla merce che si trova sul mercato” hanno detto i legali che si sono interessati della questione, intervistati dal quotdiano.
La maggior parte dei dispositivi erano difettosi, viene denucniato, — sono circa una ventina i modelli testati — certificati con il marchio CE2163. Il codice è quello della Universalcert un laboratorio di Istanbul, in Turchia.
Anche a Roma la stessa situazione: le mascherine Ffp2 importate dalla Cina sono finite sotto accusa perché avrebbero un potere filtrante ridotto ad appena il 36% rispetto al 95% dichiarato.
Come è possibile che queste mascherine riescano a ricevere una certificazione che poi, di fatto, confonde chi le usa. Questo accade perché le mascherine, ma anche altri dispositivi medici come tamponi antigenici o test sierologici seguono un percorso di autocertificazione europea senza alcun controllo a monte.
Il Nas ha sequestrato 6milioni di dispositivi di protezione apparentemente in regola, ma risultati in seguito taroccati.
“In sostanza chi produce mascherine e le vuole vendere in Europa deve rivolgersi a un laboratorio europeo accreditato per la certificazione. La documentazione va quindi inviata all’apposito ufficio della Comunità europea dove viene rilasciato il marchio CE. A questo punto tutti gli stati membri sono autorizzati ad acquistare le mascherine” ha spiegato Pierangelo Clerici, presidente dell’ Associazione Microbiologi Clinici italiani. Gli eventuali controlli, comunque non obbligatori, di competenza dell’ Istituto Superiore di Sanità o del Ministero della Salute, sono in genere affidati ai Politecnici o a Istituti di Fisica delle Università che possiedono le strutture e le tecnologie per valutare il reale filtraggio delle mascherine, ma oggi sono derogati per lo stato d’ emergenza e non vengono svolti.
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