Da questo momento in poi le ferite infette potranno essere scoperte molto più velocemente con l’utilizzo di un nuovo test a basso costo, e facile utilizzo che consente di valutare se una lesione è infetta o meno in meno di un minuto. Questo e ciò che si può dedurre da uno studio pubblicato sulla rivista Wound Repair and Regeneration, questo nuovo procedimento permette di identificare quali sono le molecole prodotte dai batteri (ad es. lo Pseudomonas e altri microrganismi infettivi), che solitamente infettano le ferite croniche.
Un team di esperti, ricercatori della George Washington University, ha testato un sensore elettrochimico, economico e monouso, che permette di rilevare immediatamente la presenza dei batteri individuando la piocina: un pigmento antiobitico che rende blu le ferite infette. Studi dimostrano che è stato possibile riscontrare la presenza del microrganismo nel 71% dei casi e la sua presenza nel 57% delle volte.
L’utilizzo di questa “semplice scoperta” potrà apportare notevoli benefici terapeutici in campo assistenziale: non bisognerà più aspettare i risultati colturali della ferita, con tempo di attesa di minimo 24 ore, per capire che tipo di antibiotico usare e se effettivamente deve essere impiegato.
Con il passare del tempo potrà essere possibile individuare la presenza di infezioni delle ferite già al momento della visita o mentre si esegue una medicazione, impiegando in questo modo, al posto di antibiotici a largo spettro, dei farmaci più specifici ed efficaci con il vantaggio di tempi di guarigione più rapidi, tempi di ricovero più brevi, costi minori su SSN e tentando di ridurre se possibile l’oramai sempre più frequente resistenza agli antibiotici. Tutte azioni che hanno come fine comune quello di provare a cambiare in meglio la capacità di prendersi cura dei pazienti e garantirgli una qualità della più confortevole possibile.
Ida Baiano
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