L’etica sanitaria può essere definita come il faro che guida i professionisti della salute.
In base ai suoi principi, può essere applicata in tutte le situazioni poiché collocati al di sopra di ogni convenienza terrena, al di sopra di ogni guadagno, di ogni interesse e di ogni differenza.
Innanzitutto, secondo Bishop e Scudder il nursing è ‘’una pratica morale basata su requisiti volti a promuovere il benessere del paziente prendendosene cura tramite una relazione personale”. A questo punto, occorre chiedersi, tuttavia, come si possa essere certi che l’obiettivo finale della good care, così come inteso dagli infermieri sia lo stesso che intende l’assistito. Ovvero bisogna domandarsi cosa intenda l’infermiere per benessere e cosa invece intenda il paziente.
Appare evidente che il significato di good care – oltre che i temi morali con cui si relazionano gli infermieri – fa riferimento alla morte, alla malattia, alla sofferenza e alla vulnerabilità; proprio per tale motivo l’infermiere è obbligato ad accertare i valori dell’assistito in maniera tale da intendere lo stesso significato e cercare di raggiungerlo insieme.
Tuttavia, questo non è sempre realizzabile per diverse ragioni (contrasto di valori tra famiglia, assistito e infermiere; paziente privo di coscienza e via dicendo). 
Ciò determina che l’infermiere – ma anche gli altri agenti morali – debbano rappresentarsi una situazione ideale per l’assistito che non è in grado di manifestare i suoi valori; nonostante ciò, la situazione ideale, viene ipotizzata anche dagli altri soggetti presi in considerazione.
Gli infermieri oggetto dello studio hanno espresso il proprio pensiero sullo status di agente morale in un contesto di cura, ritenendo che il loro lavoro sia una pratica morale che dipende dalle relazioni e dal contesto in cui si opera.
Tra le difficoltà emerse vi è il lavorare in-between ovvero lavorare in un contesto in costante evoluzione tra le identità e valori propri e quelli appartenenti alle istituzioni, agli altri professionisti, agli assistiti e alle relative famiglie; questo è inevitabile nella pratica infermieristica, nella quale spesso si manifestano tensioni e conflitti di valore.
Gli infermieri, pertanto, nell’ottica di ‘’fare del bene’’, nei vari contesti sanitari pongono maggiore attenzione sull’efficienza piuttosto che sull’adeguatezza della cura. 
Ciò fa sì che nello svolgere la loro professione abbiano una ridotta capacità di manifestare le preoccupazioni personali, edificare relazioni di fiducia e dare precedenza alla qualità di vita degli assistiti: è evidente, dunque, che i cambiamenti di valori a livello governativo/istituzionale possano influenzare, a fortiori, anche l’attitudine degli infermieri ad esercitare una pratica morale.

Dott.ssa Sonia Servino, infermiera e filosofa Magenta
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