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Massimo Randolfi

Giornata Mondiale dell’Emofilia

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Malattie autoimmuni, lo studio
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L’emofilia è una malattia rara dovuta a un deficit delle proteine coinvolte nel processo della coagulazione. Due di queste, il fattore VIII ed il fattore IX, sono mancanti o poco presenti nelle persone colpite da emofilia. Quindi, se in una persona sana un sanguinamento si blocca rapidamente grazie all’azione di una serie di proteine del plasma, in un soggetto emofilico, la mancanza delle proteine suddette può trasformare una piccola lesione in un’emorragia e provocarne di frequenti, anche spontanee. Nella Giornata Mondiale dell’Emofilia, L’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato un articolo circa il Registro Nazionale delle Coagulopatie Congenite.

Il Registro Nazionale delle Coagulopatie Congenite (RNCC) raccoglie i dati relativi al numero e alla distribuzione dei pazienti colpiti da Malattie Emorragiche Congenite (MEC), con particolare attenzione alla sorveglianza epidemiologica delle complicanze e alla valutazione del quantitativo dei farmaci prescritti per le terapie. I dati del Registro 2018 provengono da 54 Centri Emofilia – in maggioranza facenti parte dell’Associazione Italiana Centri Emofilia (AICE) – presenti sul territorio nazionale (49% al Nord, 17% al Centro e 34% al Sud e nelle Isole) e si riferiscono a un totale di 10.554 soggetti affetti da MEC4.109 affetti da emofilia A (38,9%), 882 da emofilia B (8,4%), 3.245 da malattia di von Willebrand (30,7%) e 2.318 da difetti di altri fattori della coagulazione (22%).

Tra i soggetti monitorati dal Registro, 234 pazienti risultano HIV positivi ma nessun nuovo caso è stato segnalato negli ultimi 30 anni; i pazienti HCV positivi sono in totale 1.510. Per l’anno 2018 sono pervenuti piani terapeutici relativi al 54,2% dei pazienti con emofilia A grave e al 53,2% dei pazienti con emofilia B grave. Sulla base dei piani terapeutici inviati, i pazienti in terapia per anticorpi inibitori correnti durante il 2018 risultano 81, di cui l’85,2% affetto da emofilia A grave. Il Fattore VIII prescritto, calcolato sulla base dei piani terapeutici inviati, è stato di 380.000.000 Unità Internazionali (UI), l’82,6% in forma ricombinante; il Fattore IX prescritto è stato di 39.400.000 UI.

All’emofilia, in vista della XVII Giornata Mondiale del 17 aprile 2021, è dedicata una delle news dell’ultimo numero di RaraMente, che approfondisce la tematica con i risultati del sondaggio rivolto ai pazienti, attraverso i social, dalla Federazione delle Associazioni emofilici (FedEmo). Tra i dati principali: il 63% dei pazienti ritiene che la pandemia possa essere l’occasione per incrementare l’assistenza domiciliare, il 75% chiede di estendere i servizi territoriali già esistenti e funzionanti per altre patologie, allo scopo di non doversi rivolgere sempre all’ospedale e alleggerire il carico dei Centri Emofilia, il 57% non ha svolto, durante l’emergenza COVID-19, attività fisica che invece è parte integrante della cura per prevenire danni articolari e micro-sanguinamenti.

Cos’è l’emofilia

Si tratta di una malattia rara dovuta a un deficit delle proteine coinvolte nel processo della coagulazione. Due di queste, il fattore VIII ed il fattore IX, sono mancanti o poco presenti nelle persone colpite da emofilia. Quindi, se in una persona sana un sanguinamento si blocca rapidamente grazie all’azione di una serie di proteine del plasma, in un soggetto emofilico, la mancanza delle proteine suddette può trasformare una piccola lesione in un’emorragia e provocarne di frequenti, anche spontanee.

Solo in Italia ne soffrono circa 5.000 persone, oltre 32.000 in Europa, quasi tutti maschi. Questo perché il difetto di coagulazione che determina l’emofilia si trova sul cromosoma X (che si viene così a chiamare Xe), ma mentre le donne hanno una doppia copia del cromosoma X, per cui nelle portatrici di un cromosoma Xe, l’altro cromosoma X, non colpito, compensa la produzione di fattore VIII o IX, negli uomini ciò non può avvenire perché non esistono geni per i fattori della coagulazione sul cromosoma Y. Le donne possono però essere portatrici sane. 

Due i tipi di emofilia: la “A” è la forma più comune ed è dovuta ad una carenza del fattore VIII della coagulazione, presente in un caso ogni 10.000 maschi; la “B” è provocata dalla carenza del fattore IX della coagulazione e colpisce un individuo ogni 30.000 maschi.

In entrambi i casi, la gravità della malattia dipende dalla percentuale di fattore coagulante presente nel sangue della persona. Si parla di:

  • emofilia grave quando la percentuale del fattore coagulante è inferiore all’1% del valore normale;
  • emofilia moderata quando la percentuale è compresa tra 1 e 5%;
  • emofilia lieve quando la percentuale è tra 5 e 40%.

Il trattamento della patologia prevede la somministrazione, tramite infusioni, del farmaco, ormai da tempo non più emoderivato ma ricombinante (prodotto cioè in laboratorio con tecniche di ingegneria genetica), contenente il fattore coagulativo carente. L’evento avverso più importante consiste nello sviluppo di anticorpi anti-FVIII e anti-FIX (inibitori), che rendono inefficace il trattamento, con conseguente minor controllo degli episodi emorragici. In presenza di inibitori, la terapia prevede l’utilizzo di farmaci cosiddetti bypassanti del trattamento di induzione dell’immunotolleranza, che ha successo nel 60-80% dei casi e, dalla seconda metà del 2018, un anticorpo monoclonale (Emicizumab) che simula l’azione del FVIII.

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