Gentile Direttore di NurseTimes,
in questi due anni sono stati riscoperti gli infermieri: quella figura professionale sempre troppo sottovalutata, vista in passato come assistente e sottomessa al medico. Questo senza sapere che ha una propria autonomia decisionale, una propria etica e responsabilità professionale.
Siamo stati idolatrati, ospitati in trasmissioni televisive. Siamo stati ascoltati e qualcuno dice di aver provato a “mettersi nei nostri panni” con le interviste in prima linea.
Adesso, nel momento in cui il pensiero per la pandemia si sta riducendo, non solo siamo stati messi nel dimenticatoio, ma peggio.
In questi ultimi giorni abbiamo avuto una riunione con la nostra coordinatrice infermieristica, la quale ci ha riportato le parole della direzione: in questi anni, a causa della pandemia covid, dei reparti e le terapie intensive messe in piedi in un lasso di tempo impensabilmente breve, dei tanti soldi spesi per curare i malati, siamo arrivati a un bilancio economico negativo a cui dobbiamo sopperire.
Questo significa che dopo aver vissuto due anni nel bel mezzo dell’emergenza, durante la quale abbiamo visto le nostre ferie negate, sopportato doppi turni e rischiato la nostra salute, ci ritroviamo con il mondo che sembra pian piano tornare a una nuova normalità, ma contemporaneamente a noi infermieri viene detto che l’azienda/e non ha soldi. Soldi per le nuove assunzioni. Soldi da spendere per rendere le condizioni migliori ai pazienti. Soldi che in qualche modo devono essere recuperati.
Tutto ciò comporta rimboccarci ancora le maniche, trovarci in situazioni molto scomode, come se non lo stessimo facendo già da 2 anni a questa parte.
È questo il premio? È questa la remunerazione dell’EROE?
Sempre più infermieri si rendono conto di essere ormai soggetti a BURN-OUT. Io sono tra questi.
La prestazione lavorativa, l’assistenza ottimale a un paziente, è possibile se il lavoratore è stimolato, supportato, tutelato, motivato, gratificato e lavorativamente soddisfatto.
Al contrario gli infermieri di oggi sono trattati come un numero, come vere e proprie pedine.
Siamo ben lontani da quello che gli ordini professionali vorrebbero: da quell’infermiere specializzato a cui aspiriamo. Se la politica sanitaria continuerà ad essere questa, perderemo sempre più l’expertise che cerchiamo tanto di raggiungere e torneremo indietro, a quei infermieri “tuttologi”, spostati da una unità operativa all’altra in brevi lassi di tempo giusto per sopperire ai buchi di personale, perché “tanto riescono a fare quel po’ di tutto”. Perché è così, che adesso ci tocca risparmiare, facendo “quel po’ di tutto”. Ditemi se anche per voi va bene che vi assista una persona che non sta bene, ma che in qualche modo cerca di sopperire al personale e a competenze delle quali è consapevole di non averne la piena padronanza.
Siamo professionisti, non numeri e in primis persone.
E.B. infermiera
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