Lo rivela un recente studio americano, condotto su una fascia d’età molto ampia.
I risultati di uno studio pubblicato sulla rivista Demography rivelano che il dolore cronico è un fenomeno in aumento per ogni fascia di età adulta, per ogni gruppo demografico e per ogni sito di dolore per il quale esistono dati.
“Abbiamo esaminato i dati da ogni prospettiva disponibile, tra cui età, sesso, razza, etnia, istruzione e reddito, ma i risultati sono sempre stati gli stessi: c’è stato un aumento del dolore cronico. Potevamo pensare che con i progressi medici saremmo stati sempre più sani e avremmo sperimentato meno dolore, ma i dati suggeriscono l’esatto contrario”. Lo afferma Hanna Grol-Prokopczyk, professore associato di Sociologia del Buffalo College of Arts and Sciences e co-autrice dello studio con Zachary Zimmer, professore di sociologia alla Mount St. Vincent University, e con la prima autrice Anna Zajacova, professore associato alla Western University.
Rispetto ad ad altre ricerche analoghe, concentrate su fasce di età più ristrette, quella in questione esamina una gamma più completa di adulti, di età compresa tra i 25 e gli 84 anni. Inoltre si basa sull’indagine nazionale di interviste sanitarie (NHIS) 2002-20018, un insieme di dati rappresentativi a livello nazionale, con oltre 441mila partecipanti, da cui emerge come il dolore, che era già allarmante nel 2002, sia aumentato sostanzialmente negli ultimi 16 anni.
Negli Stati Uniti il dolore cronico ha un costo economico maggiore rispetto alle malattie cardiache, al diabete e al cancro combinati. “È importante che i politici comprendano le tendenze del dolore cronico in modo da poter investire saggiamente e in modo appropriato risorse nella ricerca e nel trattamento – afferma Grol-Prokopczyk –. Speriamo che questo documento possa aiutare a illustrare il problema”.
I ricercatori hanno preso in esame una serie di variabili per determinare quali siano più strettamente associate alle tendenze del dolore. Nella fascia di età più avanzata (65-84 anni) le condizioni di salute fisica, come l’indice di massa corporea (IMC), l’ipertensione, il diabete e le condizioni renali, sono maggiormente correlate all’aumento del dolore. Inoltre l’IMC emerge pure nelle persone giovani e di mezza età. Ma anche disagio e consumo di alcol risultano fortemente associati alle tendenze croniche del dolore. “Ciò che stiamo vedendo nelle fasce di età più giovani dimostra come il dolore, in qualche modo, funzioni tanto quanto un problema di salute mentale o un problema di salute fisica – afferma Grol-Prokopczyk –. Il dolore può essere esacerbato dallo stress e lo stress può causare l’uso di alcol”.
I dati inducono a domandarsi perché il dolore cronico non rientri tra le più grandi sfide sanitarie del Paese. Le informazioni sulla mortalità per cancro sono prontamente disponibili, come pure sull’obesità e su altre disfunzioni, ma fino a circa cinque anni fa non c’erano studi nazionali sulle tendenze generali del dolore cronico. “È probabile che l’uso di oppioidi abbia portato una certa consapevolezza dell’importanza del dolore – spiega Grol-Prokopczyk –. La tempistica dell’arrivo della crisi degli oppioidi suggerisce che la gentecha cominciato ad aprire gli occhi”.
Di sicuro serve un monitoraggio più attento da parte dei funzionari della sanità pubblica. “Il dolore è una delle principali cause di disabilità e ci sono prove che il dolore ha un impatto sull’aspettativa di vita – conclude Grol-Prokopczyk –. Quindi il problema riguarda non solo la qualità della vita, ma potenzialmente anche la sua durata”.
Redazione Nurse Times
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