Dopo aver consultato Agcom, Mediaset ha deciso di non trasmettere il servizio delle Iene sulle promesse ai disabili non mantenute da Matteo Renzi. “Il nomenclatore tariffario sarà aggiornato entro un mese”, aveva detto il premier al microfono dell’inviato Filippo Roma a fine 2014.
Era l’autunno del 2014 quando il presidente del consiglio Matteo Renzi, bersagliato dalle domande incalzanti dell’inviato Filippo Roma della trasmissione televisiva Mediaset “Le Iene” (VEDI video), asserì con fare solenne che il Nomenclatore Tariffario (l’elenco dei dispositivi medici, delle protesi e degli ausili che le Asl forniscono gratuitamente ai disabili, che è “fermo” a 17 anni fa) sarebbe stato aggiornato entro un mese.
Com’è andata a finire? Beh, come tante altre cose qui in Italia: i cittadini stanno ancora aspettando qualche buona novella sul tema. Le Iene sono comunque tornate alla carica, rispettivamente nel gennaio 2015 (VEDI) e nel febbraio di quest’anno (VEDI), ma le spiegazioni ricevute non sono state affatto convincenti e nel frattempo nulla si è mosso. Così, in questi giorni Filippo Roma si è ripresentato da Renzi, con l’idea di estorcergli una giustificazione più o meno convincente per questa sua “dimenticanza” e magari un’ennesima promessa; ma stavolta il pungente microfono dell’inviato è stato a dir poco silenziato.
Eh sì, perché Mediaset, dopo un consulto con Agcom (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), ha deciso di non trasmettere il servizio, che sarebbe dovuto andare in onda domenica 13 novembre. Il motivo? “Par condicio”, in vista del referendum costituzionale in programma per il 4 dicembre. Perché, nonostante le molte inchieste e giornalisti professionisti tra i suoi inviati, Le Iene è un programma di intrattenimento e non una testata giornalistica: e la legge dice che, di conseguenza, nei 60 giorni che precedono qualsiasi consultazione elettorale, è tenuto a non trasmettere servizi video con la presenza dei politici.
Queste le parole di Filippo Roma a Il Fatto Quotidiano: “A mio avviso si tratta di un’interpretazione della legge un po’ troppo restrittiva”… Il premier “non ci fa una gran figura, visto che le promesse non sono state mantenute, ma stavolta prende un impegno definitivo e spiega cosa il governo ha fatto negli ultimi due anni per i disabili. Per capirci: Renzi non fa un figurone, ma non è il classico servizio delle Iene in cui l’intervistato viene messo alla berlina”… “Nelle puntate precedenti abbiamo mandato in onda altri servizi in cui comparivano anche i ministri Madia e Pinotti e nessuno ha avuto da ridire”.
È stata quindi volutamente stoppata un’intervista “scomoda”, dal quale il Matteo nazionale non usciva particolarmente bene…?
Così ha commentato Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni: “Sarebbe davvero grave se, per il solo fatto che Renzi non fa un’ottima figura sulla vicenda, questo tipo di informazione e denuncia di importanza vitale per centinaia di migliaia di disabili fosse negata con il pretesto della par condicio referendaria, che nulla ha a che vedere con il tema trattato, mentre nel frattempo il Presidente del Consiglio è presente ovunque in televisione”.
Col coltello in mezzo ai denti, invece, la parlamentare Paola Taverna del Movimento 5 Stelle: “Eravamo rimasti che il ruolo dell’Agcom fosse quello di far rispettare la par condicio. Non certo quello di censurare un servizio tv che evidenzia il mancato impegno del governo Renzi sul rinnovo del nomenclatore tariffario, cioè l’elenco degli ausili rimborsabili. E poi con quale motivazione? Che un servizio sui problemi che affrontano i disabili possa condizionare il voto referendario? Ridicoli. Perché l’Agcom interviene solo ora? Perché non mette voce quando il premier occupa ogni spazio televisivo nazionale? Quale ordine esegue in questo caso e per conto di chi?”
Parole pesanti, dubbi, menzogne, sotterfugi, e promesse non mantenute… l’idea di una democrazia sempre più incrinata, che serpeggia negli animi esausti dei pochi che ancora vanno a votare… e una sola certezza: a rimetterci, ancora una volta, sono i cittadini. La solita Italia, insomma.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
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