La digossina è un farmaco cardioattivo utilizzato sia nell’insufficienza cardiaca che nel controllo di diversi tipi di tachicardia
Gli effetti collaterali dell’utilizzo della molecola sono aggravamento dell’insufficienza cardiaca, le aritmie sopraventricolari e ventricolari ed i disturbi della conduzione ed è caratterizzata da un indice terapeutico ristretto ed una lunga emivita.
Attraverso i suoi effetti sulla riduzione della frequenza cardiaca, la digossina può causare torsione di punta. Il rischio di torsione di punta è aumentato se vi è co- assunzione di farmaci che:
- riducono il potassio (tiazidi o diuretici dell’ansa, lassativi stimolanti, corticosteroidi, alcuni antibiotici, ecc),
- riducono la frequenza cardiaca (antiaritmici, beta-bloccanti, farmaci antipertensivi ad azione centrale, inibitori della colinesterasi)
- prolungano l’intervallo QT (neurolettici, antifungini azolici).
In tal caso l’interazione coinvolta è di tipo farmacodinamico.
In definitiva ipokaliemia, bradicardia e prolungamento dell’intervallo QT rappresentano fattori di rischio per torsione di punta.
La digossina porta anche ad un aumento del rischio di disturbi della conduzione cardiaca. Questo rischio è aumentato quando la digossina viene co-somministrata con altri farmaci che rallentano la conduzione cardiaca, come:
- gli antiaritmici;
- gli antidepressivi triciclici;
- i farmaci antipertensivi ad azione centrale;
- i beta-bloccanti;
- gli inibitori della colinesterasi.
Il rischio di aritmie cardiache, mentre, è aumentato con la co-somministrazione di farmaci che aumentano il calcio (diuretici tiazidici, vitamina D ed i suoi derivati, vitamina A e retinoidi) e farmaci antitiroidei.
L’ipercalcemia e l’ipotiroidismo rappresentano fattori di rischio per aritmie cardiache, in seguito ad un’interazione farmacodinamica.
La digossina è ampiamente utilizzata nei pazienti con fibrillazione atriale.
Sono stati riportati dati conflittuali riguardanti l’associazione con un aumento del rischio di mortalità, forse a causa di fattori confondenti relativi alla presenza di scompenso cardiaco.
Utilizzando i dati dello studio ENGAGE AF-TIMI 48 sono stati esaminati i risultati clinici dei pazienti con fibrillazione atriale in trattamento con digossina in base alla presenza di scompenso cardiaco.
Il 30% dei pazienti arruolati nello studio assumeva digossina.
- Tra i pazienti senza scompenso cardiaco, l’uso della digossina era un predittore indipendente di morte cardiaca improvvisa (HR 1.51; 95% CI, 1.10-2.08).
- Tra i pazienti con scompenso cardiaco, l’uso della digossina è stato associato ad un aumento della mortalità totale, morte cardiovascolare, morte cardiaca improvvisa e morte causata da shock cardiogeno.
In conclusione, in questa analisi osservazionale dei pazienti con fibrillazione atriale senza scompenso cardiaco, l’uso della digossina è stato associato ad un aumento significativo della morte cardiaca improvvisa.
Non si può escludere un ruolo dei fattori confondenti, tuttavia, questi dati evidenziano la necessità di valutare attentamente l’uso della digossina, in particolare quando prescritta per controllare la frequenza cardiaca nei pazienti con fibrillazione atriale.
Calabrese Michele
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