Grazie a due scoperte fatte da studiosi italini, si sta aprendo la strada a una diagnosi precoce Kit per misurare la contagiosità e la gravità del Covid-19.
Le scoperte sono pubblicate sulle riviste Diagnostics e Scientific Reports e si devono alla Task Force Covid 19 del Ceinge-Biotecnologie avanzate di Napoli, finanziata dalla Regione Campania e coordinata da Massimo Zollo e Ettore Capoluongo.
Le scoperte sono di estrema rilevanza visto che attualmente non è possibile la diagnosi precoce dell’infezione da SarsCoV2. Anche quando si ottiene un risultato positivo al test molecolare, infatti, non è possibile determinare alcune caratteristiche che sarebbero invece molto utili. A darne la notizia è la Repubblica.
Si tratta del primo kit per misurare la carica virale, ossia il numero di copie del materiale genetico del virus in un millilitro di materiale biologico prelevato con il tampone. Le spie molecolari della capacità del virus di moltiplicarsi si chiamano sgN e sgE e sono una sorta di registi del processo di replicazione del virus. Soprattutto sgN è legato a una maggiore carica e infettività virale e secondo Capoluongo, “potrebbe rivelarsi utile anche nelle strategie vaccinali”. Il test capace di rilevarlo è pronto e “coperto da brevetto”, dice l’amministratore delegato del Ceinge, Mariano Giustino.
Così per distinguere le forme lievi di Covid-19 da quelle gravi
Il team di ricercatori del CEINGE, guidato da Margherita Ruoppolo e Giuseppe Castaldo, dell’Università Federico II di Napoli e Principal Investigator del Centro, ha scoperto che attraverso un’analisi dei livelli di ceramidi (lipidi cellulari) su prelievo ematico si può prevedere l’evolversi della malattia in una forma severa. I ricercatori hanno considerato che i lipidi dell’ospite giocano un ruolo cruciale nella vita del virus, essendo le vescicole a doppia membrana un fattore chiave nella replicazione del coronavirus. Le vie di biogenesi dei lipidi influenzano, inoltre, l’ingresso del virus mediato dai recettori sulla superficie cellulare endosomiale e modulano la propagazione del virus. In questo studio, l’analisi lipidomica è stata correlata con i profili di citochine pro-infiammatorie nel siero di pazienti Covid-19 caratterizzati da diverso grado di gravità.
“Siamo arrivati così a capire che una particolare classe di ceramidi endogeni (18 atomi di carbonio) ha livelli molto più alti nei pazienti affetti da una forma severa di patologia da coronavirus. È possibile, inoltre, pensare di poter utilizzare tali marcatori per valutare l’efficacia del trattamento terapeutico dell’infezione da coronavirus in pazienti affetti da una forma grave»”, ha spiegato Margherita Ruoppolo. Lo studio è pubblicato sulla rivista internazionale Scientific Reports.
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