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Dermopigmentazione: il TAR del Lazio attribuisce competenze infermieristiche anche alle estetiste

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Dermopigmentazione: il TAR del Lazio attribuisce competenze infer estetiste si rivolgono al
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Una recente sentenza emanata e pubblicata dal TAR del Lazio ha attribuito nuove competenze, che di norma dovrebbero essere esclusive di medici ed infermieri, ad una categoria professionale non sanitaria.

Il Tribunale si è pronunciato in merito alla richiesta di annullamento della circolare n. 14138 del 15/05/19 del Ministero della Salute, che riportava alcuni chiarimenti in merito alla “pigmentazione del complesso areola-capezzolo”

La circolare in questione specificava che il “tatuaggio del complesso areola-capezzolo” rientra tra i tatuaggi con finalità medica ed è, pertanto, inserito nei Livelli essenziali di assistenza (LEA allegato 4, codice 86.02.3 “tatuaggio per pigmentazione del complesso areola –capezzolo”).

Pertanto, nella circolare si affermava che: la “pigmentazione dell’areola – capezzolo” deve essere eseguita esclusivamente da chi eserciti una professione sanitaria, in ambulatorio accreditato o autorizzato e non può in alcun modo essere eseguita in strutture non sanitarie e da personale non sanitario.

Che cos’è la dermopigmentazione

La dermopigmentazione del complesso areola-capezzolo è una procedura invasiva che consente di migliorare o correggere imperfezioni estetiche mediante la deposizione nella pelle di particelle di pigmento, utilizzando aghi sterili monouso e tecniche differenziate.

Aspetti normativi

Attualmente il tatuaggio con finalità medica è un settore non regolamentato. La necessità di disciplinare in modo chiaro questo settore, nasce dalla considerazione che, in assenza di specifica legislazione, i trattamenti vengono effettuati in gran parte al di fuori delle strutture ospedaliere da parte di operatori che spesso non hanno una preparazione specifica.

Attualmente il tatuaggio per pigmentazione del Complesso areola-capezzolo è l’unico normato legislativamente.

Nel 2019 il Ministero della Salute ha emanato la circolare DGPRE 14138 – P, contenente chiarimenti in merito alla pigmentazione del complesso areola-capezzolo in cui si dispone che tale prestazione sia eseguita esclusivamente da chi eserciti una professione sanitaria, in ambulatorio accreditato o autorizzato (rilevante ai fini della rimborsabilità da parte del SSN) e che non possa essere eseguita in strutture non sanitarie e da personale non sanitario. Questa circolare non prevede, tuttavia, la definizione di una professione sanitaria ad hoc, preposta a eseguire tale attività e ancora non fornisce indicazioni su come debbano essere strutturati i corsi destinati alle figure di professionisti sanitari già esistenti.

La sentenza del TAR respinge il ricorso, precisando che:

  • Di fatto, in alcuni casi di eccellenza, il tatuaggio inerente il “complesso areola – capezzolo” viene effettuato dalle estetiste presso le unità specialistiche delle strutture ospedaliere, con risultati estremamente apprezzati sia dai medici che dalle pazienti. Tuttavia, non è questa la prassi maggiormente diffusa sull’intero territorio nazionale. La circolare in questione si è resa necessaria proprio al fine di evitare che tale intervento possa essere effettuato in qualsiasi contesto e senza garanzie per la sicurezza delle pazienti.
  • L’estetista non può, tuttavia, effettuare prestazioni con esclusiva finalità di “carattere terapeutico” (questo in virtù dell’interpretazione letterale dell’allegato 1 del D.M. 15 ottobre 2015, n. 206 che, alla Scheda 23, esclude la dermopigmentazione su soggetti che soffrono di patologie, o sono in cura con farmaci, che alterano la normale riepitelizzazione della pelle, come, in questo caso specifico, con farmaci chemio terapici).
  • Il particolare tipo di tatuaggio inerente il “complesso areola – capezzolo” a cui la circolare del Ministero fa riferimento costituisce un completamento del percorso chirurgico sanitario conseguente alla mastectomia e proprio per questo motivo è una prestazione di carattere terapeutico che si rivolge a pazienti oncologiche e potenzialmente immunodepresse, imponendo l’adozione di appropriate procedure e rigorosi principi di sterilità, sia per quanto riguarda gli strumenti e gli inchiostri, sia per le modalità di esecuzione del tatuaggio, e deve pertanto essere svolto in un ambiente sicuro.
  • Essendo una prestazione di carattere terapeutico è stata inserita nei LEA e il fatto che sia stata fatta rientrare nei LEA basta a qualificare tale prestazione come “sanitaria”, eseguibile cioè, esclusivamente, da personale sanitario, in strutture sanitarie.
  • La Circolare non vieta, invece, all’estetista la pratica della dermopigmentazione in qualsiasi parte del corpo, su soggetti sani, alla quale la categoria professionale resta abilitata ex lege 1/1990. L’estetista può, quindi, legittimamente (ex lege 1/1990) eseguire trattamenti di micropigmentazione al fine di “eliminare o attenuare gli inestetismi”, di migliorare l’immagine estetica o la copertura di cicatrici.

Anche la FNOPI si è espressa sul tema

Perché un infermiere

Il tatuaggio medicale deve essere effettuato da un operatore sanitario specializzato, sia per motivi di sicurezza igienica, sia perché non si tratta di una mera esecuzione di tatuaggio (che potrebbe essere eseguito da un tatuatore abile e competente), ma richiede la costruzione di un rapporto di fiducia con la paziente, basato sull’ascolto e sulla capacità di infondere serenità e sicurezza. 

La capacità di comunicare con la paziente fa parte delle competenze professionali dell’infermiere, il quale nel suo agire professionale “stabilisce una relazione di cura, utilizzando anche l’ascolto e il dialogo” riconoscendo che “il tempo di relazione è tempo di cura” (Fnopi, 2019).

Gli interventi di dermopigmentazione possono ricoprire un ruolo fondamentale nel riconoscimento e nella valorizzazione della femminilità che si reputa perduta e possono agevolare il cammino che porta alla completa guarigione, fisica e psicologica. L’intento è quello di offrire alla donna operata di mastectomia l’opportunità di ritornare alla propria vita sociale ed affettiva, nonché darle la possibilità di chiudere un percorso difficile come quello della lotta contro il tumore al seno.

L’infermiere può giocare un ruolo determinante in questo senso: in seguito all’operazione di mastectomia può da subito cercare di ridurre l’insorgere di queste problematiche, poiché è spesso il professionista che sta maggiormente a contatto con il malato (Quintard et al, 2014).

A tale scopo il servizio di psico-oncologia mira ad aiutare la donna a vivere con più serenità la sua malattia, aiutandola a riconoscere ed analizzare le emozioni provate per poi saperle gestire ed elaborare, nonché a supportarla nell’accettare le modificazioni corporee lavorando sull’immagine di sé.

L’infermiere, per formazione e profilo, ha la capacità di fornire assistenza centrata sul paziente e personalizzata: durante il colloquio con la paziente per l’esecuzione del tatuaggio medicale, si mette in atto la ripresa educativa per comprendere quali siano stati i cambiamenti a partire dalla scoperta della malattia.

Il rapporto di relazione tra l’operatore e l’assistito consente, attraverso la comunicazione, di scambiare e condividere informazioni indispensabili per poter elaborare piani di assistenza personalizzati al soddisfacimento dei bisogni, al recupero dell’autonomia e all’adattamento allo stress che ogni malattia o forma di disagio porta con sé.

Oltre alla questione relazionale, rientra all’interno delle competenze infermieristiche anche la prevenzione e il controllo delle infezioni correlate alla procedura: competenze che si traducono nelle responsabilità correlate alla sterilizzazione dei presidi e all’asepsi delle tecniche.

Le apparecchiature dedicate, i pigmenti specifici, l’elevata specializzazione dell’operatore, le tecniche peculiari e le dinamiche relazionali concorrono perciò a diversificare notevolmente il normale tatuaggio estetico, realizzabile da tatuatori non sanitari, dalla dermopigmentazione medicale.

Dott. Simone Gussoni

Fonte: InfermiereOnline

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