Dall’altra parte del mondo la giovane Martina Ferri racconta al Messaggero la sua vita in fattoria (farm), dove percepisce una paga di 5.000 dollari al mese.
Le nottate in corsia, i segni della doppia mascherina sul volto e la paura di essere contagiati. “Sono diventata infermiera, perché così ho scelto. Per tenere alta la dignità dei pazienti, diventarlo era il mio piano A”. A scriverlo in un post social nel 2019 era Martina Ferri, infermiera 26enne di Reggio Emilia.
Parole cariche di orgoglio, precedenti alla grande battaglia contro il Covid, che avrebbe da lì a poco cambiato la vita di molti, e soprattutto la sua. Trascinandola in prima linea nella lotta contro il virus e poi catapultandola dall’altra parte del mondo, in cerca di un futuro migliore. Anche oggi Martina si sveglia all’alba per rincorrere turni estenuanti, e anche oggi lavora duramente, facendo ciò che non tutti sarebbero disposti a fare in una fattoria (farm) del Nuovo Galles del Sud, nel Sud-Est dell’Australia.
«È un lavoro duro, ma ci si abitua: io non ho mai avuto problemi a sporcarmi le mani», racconta con il volto stanco di chi ha appena trascorso otto ore della sua giornata sudando in una stalla. «Ho lavorato come infermiera in Italia per quattro anni e dopo la pandemia mi aspettavo degli incentivi che compensassero l’impatto che l’impegno nei reparti Covid ha avuto sulla nostra salute mentale. Ma non sono mai davvero arrivati, e così ho deciso di venire qui dove la mia professione è una tra le più richieste».
Martina, come tanti immigrati italiani under 36, si trova in una farm australiana per rinnovare il suo visto Vacanza Studio. Un permesso che ha la durata di un anno, estendibile a due solo se si impiegano 88 giorni in “lavori specifici”, come il governo australiano definisce le attività nei settori dove c’è più carenza di personale, quasi tutte da svolgere in aree remote del Paese, come è accaduto a Martina, la cui fattoria dista 45 minuti di macchina dal centro abitato più vicino.
Nelle farm si arriva per passaparola, in molti tentano la fortuna. «È un duro lavoro, ma ben ricompensato – racconta l’ex infermiera -. La mia paga è di 250 dollari australiani al giorno, quindi 1.250 a settimana, per un totale di 5.000 dollari mensili. Il compenso orario è tre volte superiore a quello che avevo in Italia, dove guadagnavo 11 euro per ogni ora passata in corsia».
Quello di Martina è stato un vero e proprio “salto nel vuoto” che l’ha costretta a raccontare qualche piccola bugia a chi la aspetta in Italia. «Ai miei nonni materni, che sono molto legati a me, ho raccontato che sarei venuta qui per fare l’infermiera da subito, che lo sto già facendo e che sarei stata bene».
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Messaggero
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