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Cuore ricostruito a soli 40 anni: intervento salvavita a Lecce

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Cuore ricostruito a soli 40 anni: intervento salvavita a Lecce
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A eseguirlo, l’Heart Team del Città di Lecce Hospital. Ne ha beneficiato una donna a rischio di dissezione aortica fatale.

La dissezione aortica è una patologia rara, un evento potenzialmente fatale gravato da un elevato tasso di mortalità se non trattata prontamente. Questa problematica di solito non dà alcun preavviso fino a quando non si verifica l’evento acuto, ovvero la lacerazione di un tratto di parete dell’aorta, con una mortalità in fase acuta di circa il 50%.

Come nel caso di Anna Maria Lysiak, una 40enne di Ostuni che nel 2016, subito dopo il parto, è stata operata in emergenza a causa di una dissezione acuta dell’aorta. Un intervento effettuato in un altro ospedale che le salva la  vita che, sostituendo il tratto aortico danneggiato, ha risolto bene, seppur temporaneamente, la problematica. Tuttavia a distanza di sei anni, durante i quali si è sottoposta a controlli regolari, si è reso necessario intervenire per risolvere in via definitiva la situazione che la metteva a rischio di un nuovo evento acuto e migliorare nel contempo la sua qualità di vita.

L’Heart Team del Città di Lecce Hospital, coordinato dal professor Giuseppe Speziale, ha studiato  un intervento che, nella sua complessità ha però posto anche le basi per poter re-intervenire in futuro, qualora fosse necessario, con tecnica mininvasiva.

“Di comune accordo con il dottor Corrado Fiore, cardiologo che stava monitorando l’evolversi delle condizioni della 40enne, abbiamo deciso in Heart Team di trovare una soluzione definitiva alla situazione e quindi di programmare un intervento molto articolato – raccontano il dottor Luigi Specchia e il dottor Giuseppe Santarpino, co-responsabili dell’U.O. di Cardiochirurgia di Città di Lecce Hospital –. La volontà era quella di salvare questa giovane madre in modo da restituirle aspettativa e qualità di vita”.

La complessità dell’intervento era data, oltre che dall’atto chirurgico da compiere, anche dal rischio di re-intervento su tratti già sostituiti con protesi. Sono state eseguite inoltre diverse procedure con una chirurgia open in ottica ibrida: in prospettiva futura, qualora ve ne fosse la necessità anche a distanza di anni, gli specialisti potranno infatti intervenire nuovamente mediante endoprotesi, ovvero senza accesso chirurgico e quindi con un approccio meno rischioso e traumatico per la paziente. 

Dopo un’accurata pianificazione, e la condivisione della procedura anche con il dottor Macello Melone, responsabile della Terapia Intensiva Cardiochirurgica a Città di Lecce Hospital, la paziente è stata dunque sottoposta a un intervento molto complesso, possibile solo grazie al lavoro d’equipe. 

  • Intervento di Bentall – Consiste nella sostituzione in blocco e in un’unica seduta chirurgica della valvola aortica, della radice aortica, dell’aorta ascendente e nel reimpianto delle arterie coronarie con una protesi costituita da un “tubo valvolato meccanico” in fibra tessile sintetica che consente una struttura più fisiologica e maggiore funzionalità.
  • Intervento di debranching dei tronchi sovra-aortici – Procedura molto delicata e complessa, sia da un punto di vista tecnico sia per il rischio neurologico per la paziente. Durante tale procedura l’organismo viene notevolmente raffreddato, fino a raggiungere la cosiddetta “ipotermia profonda”, perché il freddo protegge gli organi e quindi anche il cervello. La procedura consente di spostare l’origine delle arterie carotidi dall’arco aortico all’aorta ascendente, mediante l’utilizzo di protesi preformate. In questo modo “qualora la zona non trattata adiacente alla protesi dovesse dilatarsi nuovamente e fossimo costretti ad un terzo intervento,  grazie a questa particolare procedura – che ci ha permesso di mettere in sicurezza le arterie del cervello – potremmo impiantare un’endoprotesi nell’arco aortico per via endovascolare, attraverso l’arteria femorale. In questo modo si ridurrebbe notevolmente il rischio operatorio“, spiega il dottofr Specchia.

La comunicazione con la paziente nella fase pre-intervento sulle diverse tipologie di valvola che si sarebbero potute impiantare è stata fondamentale: “Abbiamo discusso la situazione con Anna Maria in quanto la scelta di una valvola meccanica prevede una terapia anticoagulante quotidiana che non le avrebbe reso possibile avere un’altra gravidanza – spiega il dottor Santarpino -. Consapevole di ciò, la paziente ha scelto di procedere con la valvola meccanica anche perché le darà dei vantaggi, quali un rischio di emorragie ridotto al minimo grazie al basso dosaggio del farmaco e una potenziale durata a vita della valvola stessa”.

L’intervento è durato circa sei ore e la paziente è stata dimessa in buone condizioni dopo circa 12 giorni di degenza. Questo caso rappresenta uno dei molti esempi dell’eccellenza della rete cardiologica del Sud, e in particolare salentina, che vede sinergie e collaborazioni tra Città di Lecce Hospital e le strutture ospedaliere e gli specialisti del territorio, come con il cardiologo di Ostuni Dott. Giovanni Spennati, che si è occupato della salute della paziente negli ultimi anni grazie a follow-up che le hanno salvato la vita.

Redazione Nurse Times

Fonte: Cardiochirurgia.com

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