Ma gli assistiti ne lamentano la carenza, che li mette in condizione di non ricevere un’assistenza appropriata.
Due conferme sul ruolo e il peso degli infermieri nell’assistenza. La prima dal 15° Rapporto Sanità del Crea, il Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità dell’Università di Tor Vergata di Roma. La seconda dal XXII Rapporto Pit Salute di Cittadinanzattiva “Il Ssn tra attese e promesse disattese”.
CREA SANITA’
Il Crea certifica nella sua analisi che le strutture residenziali che forniscono Long Term Care (LTC) erogano un mix di servizi sanitari e sociali, dove i servizi sanitari sono sostanzialmente di tipo infermieristico, in combinazione con i servizi di assistenza personale. Le cure mediche in queste strutture sono molto meno intensive di quelle erogate negli ospedali. Non solo: per quanto riguarda la verifica dell’aderenza alle terapie dei pazienti, uno dei nodi principali delle cure, accanto alla maggioranza (79,7%) dei medici (specie i più giovani) che sentono il bisogno di una maggiore formazione/informazione sul tema, c’è la stessa necessità per gli infermieri, considerati la seconda figura professionale, dopo il medico, tra quelle ritenute “utili” per migliorare l’aderenza.
PIT SALUTE
Il Pit Salute rileva da un lato una “scarsa assistenza medico/infermieristica” (nel 38,9% delle dichiarazioni dei cittadini), sia sul territorio che in ospedale, al punto che in alcune circostanze, sempre più frequentemente i cittadini si trovano nella situazione di non potersi curare, dall’altro motiva questa situazione: i cittadini indicano come insufficiente l’assistenza offerta nei servizi delle strutture residenziali, in particolare per quanto riguarda la minima presenza degli operatori infermieristici e il personale medico, inadeguato rispetto al numero di pazienti presenti in reparto.
E ancora segnalano la progressiva riduzione del personale presente in struttura, e i disagi che ne conseguono proprio in termini della qualità di assistenza erogata, sempre più spesso si verificano le situazioni in cui i pazienti non possono disporre di assistenza appropriata, perché vi sono pochi infermieri o medici in reparto. Quindi, da un lato, si verifica un aumento del rischio di non appropriata presa in carico per il paziente, dall’altro, inevitabilmente aumenta anche il peso su infermieri e medici che si trovano la responsabilità di gestire molti pazienti con poco personale a disposizione per cui un aumento del carico di lavoro, maggiore stress, maggiore possibilità di incomprensioni tra pazienti, familiari e operatori sanitari.
Ma nonostante tutto questo nella rilevazione cala la carenza di umanizzazione degli infermieri di circa 3 punti percentuali tra il 2017 e il 2018, mentre per gli altri operatori (tranne i medici ospedalieri che registrano una diminuzione dello 0,7%) la carenza di umanizzazione è in aumento.
LIA PULIMENO (vicepresidente FNOPI): “La carenza penalizza l’assistenza. Lo dicono gli assistiti”
“Al di là degli stipendi che perdono ogni anno valore di acquisto – ha detto Lia Pulimeno, vicepresidente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI), intervenendo alla presentazione del Rapporto Pit Salute – e non aumentano in modo da poterlo recuperare, la situazione degli organici, specie sul territorio, è davvero ai limiti dell’allarme sociale. I cittadini denunciano ormai non l’insufficienza degli operatori, ma la loro carenza per poter soddisfare i bisogni di salute dei pazienti e delle loro famiglie. È scritto chiaro nel nostro nuovo Codice deontologico a cui tutti gli infermieri devono rispondere: il tempo di relazione è tempo di cura. E la carenza va scapito dell’uno e dell’altro tempo. Lo stesso Rapporto Pit Salute fa l’esempio in questo senso dei servizi di salute mentale per i quali le segnalazioni dei cittadini mostrano un deficit crescente del sistema che non si rende conto della insostenibile situazione in famiglia, 18,1% nel 2018 e 23,8% nel 2017 a cui è completamente demandata la cura del paziente psichiatrico. E questo perché mancano gli operatori specializzati, i medici, le terapie appropriate, la competenza infermieristica e ci sono liste d’attesa troppo lunghe sia per le visite che per l’ingresso nelle (poche) strutture specialistiche dedicate”.
BARBARA MANGIACAVALLI (presidente FNOPI): “La sanità non funziona senza infermieri. Responsabilità uguale per tutti”
“La sanità non funziona senza infermieri – ha dichiarato la presidente FNOPI, Barbara Mangiacavalli, analizzando i risultati delle due ricerche –. Cosa serve? Lo dice chiaramente la stessa Oms riferendosi agli obiettivi che nel 2020 caratterizzeranno l’anno internazionale dell’infermiere: maggiori investimenti per migliorare l’istruzione, lo sviluppo professionale, gli standard, la regolamentazione e le condizioni di lavoro per gli infermieri; maggiore e migliore diffusione di pratiche efficaci e innovative nell’infermieristica; maggiore influenza per gli infermieri sulla politica sanitaria globale e nazionale, come parte di un più ampio sforzo per garantire che la forza lavoro della salute sia maggiormente coinvolta nel processo decisionale; più infermieri in posizioni di comando e maggiori opportunità di sviluppo a tutti i livelli; dare ai responsabili politici e decisionali spunti per comprendere dove l’infermieristica può avere più impatto, cosa impedisce agli infermieri di raggiungere il pieno potenziale e come affrontare gli ostacoli. Come Ente sussidiario dello Stato siamo disponibili a essere al fianco delle istituzioni per ridisegnare un Ssn efficiente secondo la nuova epidemiologia emergente, purché questo avvenga davvero tutti insieme, tutte le professioni in un percorso di confronto e condivisone tra le Federazioni, dove tutti abbiano stessa dignità e stesso rilievo per realizzare percorsi di assistenza virtuosi, necessari alla crescita e allo sviluppo reale del nostro Ssn”.
Redazione Nurse Times
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