Le persone coinvolte, che gestivano e dirigevano le due strutture di Marsicovetere e Brienza, sono imputate di epidemia colposa, omicidio plurimo, circonvenzione di incapace. Prima udienza il 17 novembre
Sono state rinviate a giudizio per epidemia colposa tre persone a Potenza per la morte di 22 anziani ospiti nelle case di riposo di Marsicovetere e Brienza, tutti uccisi nel giro di pochi giorni dal Covid nel 2020. Il provvedimento riguarda Nicola Ramagnano e Romina Varallo, che dirigevano e gestivano la Rsa “Nicola Ramagnano” di Marsicovetere, e suor Fulgenzia Sangermano, della Casa “San Giuseppe” di Brienza.
Epidemia colposa e omicidio plurimo – A loro carico ci sono imputazioni, a vario titolo, di epidemia colposa, omicidio plurimo, falso e circonvenzione di incapace, mentre sono stati prosciolti dall’accusa di epidemia colposa. A decidere il rinvio a giudizio è stato il gup Lucio Setola. Il proscioglimento dall’epidemia colposa è stato accolto con grande soddisfazione dai difensori perché tale accusa avrebbe portato i loro assistiti davanti alla Corte d’assise. I tre gestori delle Rsa saranno invece giudicati dal Tribunale di Potenza e la prima udienza è stata fissata per il 17 novembre.
Primo caso accertato tra negligenze e morte di anziani – L’inchiesta “casa Covid” della Procura della Repubblica del capoluogo della Basilicata rappresentò il primo caso accertato in Italia di nesso di causalità tra le condotte negligenti degli allora indagati e la morte per coronavirus di 22 anziani. Nell’ambito dell’inchiesta a marzo erano stati arrestati Ramagnano e Varallo. Il Procuratore della Repubblica di Potenza Francesco Curcio aveva definito, parlando con i giornalisti, “un altoforno” la situazione della diffusione del contagio nella struttura di Marsicovetere e nella sua ordinanza di arresto il gip aveva scritto che vi era avvenuta “una vera e propria strage, con pochi sopravvissuti”.
Quarantanove anziani in una struttura con 22 posti – Nella casa di riposo la situazione era finita ben presto fuori controllo: troppi anziani ospitati, 49, rispetto allo spazio disponibile (i posti autorizzati erano 22) in una “struttura assolutamente inadeguata”: secondo l’accusa, i gestori risparmiavano “su tutte le più elementari procedure anti-Covid” a cominciare dalla mancata sorveglianza su chi entrava e sulle sue condizioni di salute. Alcuni anziani soggiornavano nella camera mortuaria.
Il trasferimento di un’anziana positiva – Nella casa di Brienza il Covid era entrato con il trasferimento da Marsicovetere di una donna che vi fu ammessa senza essere sottoposta prima al tampone. Nella struttura si sviluppò un altro focolaio e la lotta per metterlo sotto controllo durò parecchi giorni: in questo periodo diversi anziani morirono per il virus.
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