Lo rivela uno studio condotto dai ricercatori dell’istituto Spallanzani.
La conferma che le istituzioni stavano aspettando è arrivata: il campione salivare funziona ed è una valida alternativa al tampone naso-faringeo per la diagnosi molecolare di Covid-19. La saliva è un campione diagnostico ideale per eseguire la ricerca dei virus, tanto che può essere utilizzata anche per individuare il virus Hcv, quello che dell’epatite C, o l’Hiv. Inoltre può essere utilizzata con sistemi commerciali già disponibili, veloci e sensibili.
E adesso si sa che funziona anche con il Sars-Cov-2. La prova è in una ricerca appena pubblicata sulla rivista Viruses, realizzata all’Istituto Nazionale Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma (Inmi), in collaborazione con l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, lo University College di Londra e la società biomedicale DiaSorin.
Obiettivo dello studio, realizzato nell’arco di diversi mesi sul numero più consistente di pazienti e di campioni sinora analizzato al mondo, era determinare in maniera rigorosa come si comportano i campioni di saliva in termini di sensibilità nell’identificazione del virus nel corso dell’infezione. I risultati dimostrano che la saliva è un campione altrettanto valido rispetto al tampone naso-faringeo e al lavaggio bronco-alveolare, attualmente utilizzati come gold standard per il rilevamento del SARS-CoV-2 attraverso sistemi RT-PCR (Reverse Transcription-Polymerase Chain Reaction).
I vantaggi, ovviamente, sono tanti. Innanzi tutto la minore invasività: raccogliere un campione salivare è più facile e meno fastidioso (per alcuni addirittura doloroso) rispetto al tampone naso-faringeo e, a maggior ragione, rispetto al lavaggio bronco-alveolare. Lo studio realizzato allo Spallanzani dimostra adesso che i risultati diagnostici sono altrettanto affidabili e apre quindi una nuova prospettiva anche all’industria biomedicale per la realizzazione di nuove generazioni di sistemi diagnostici che permettano l’individuazione del virus in maniera più semplice e rapida, ma altrettanto affidabile di quelli attualmente utilizzati.
Il team di ricercatori ha analizzato 337 campioni salivari di 164 pazienti ricoverati presso l’Inmi, mettendoli a confronto con altrettantitamponi naso-faringei e riscontrando un elevatissimo grado di concordanza dei risultati. Sia la quantità di virus, rappresentata dai valori Ct (Cycle treshold value) del test molecolare, che la durata del rilascio del virus si sono mostrati sostanzialmente sovrapponibili nella saliva e nel tampone, con un rilascio virale che può perdurare fino a 100 giorni. Nei pazienti con manifestazioni gravi è stato possibile, per la prima volta, estendere il paragone del test salivare anche a 50 campioni di lavaggio bronco-alveolare, e anche in questo caso i risultati ottenuti sono stati sostanzialmente sovrapponibili.
Il sistema utilizzato per la ricerca è quello prodotto dalla società italiana DiaSorin. Si tratta, dunque, di un sistema commerciale già utilizzato correntemente per i tamponi naso-faringei, marcato CE anche sulla saliva, che non richiede estrazione separata e che restituisce il risultato in poco più di un’ora. Quindi è particolarmente adatto per gli esami da eseguire in urgenza, anche se il format del test prevede la gestione di un limitato numero di campioni per volta.
Questo studio ha fornito la base scientifica per l’applicazione ad un progetto pilota della Regione Lazio, volto allo screening nelle scuole dell’infanzia. Il progetto prevede la raccolta di un unico campione salivare, che viene dapprima analizzato con un test antigenico. In caso di positività, lo stesso campione salivare viene analizzato con il test rapido molecolare per la conferma della positività, con un percorso che si conclude nel giro di poche ore e rende possibile la tempestiva adozione di misure di contenimento.
Redazione Nurse Times
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