Al momento è l’unico farmaco antivirale autorizzato dagli enti regolatori per la cura di infezioni da Sars-CoV-2.
«Silvio Berlusconi non è sottoposto a ossigenoterapia e non lo è mai stato. Ora sta seguendo una terapia con il remdesivir, l’unico farmaco antivirale finora autorizzato dagli enti regolatori per la cura di infezioni da virus Sars-CoV-2». Così Massimo Clementi, direttore del laboratorio di microbiologia e virologia dell’ospedale San Raffaele di Milano (dove è stato in cura l’ex premier), in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera.
«Il remdesivir è stato sviluppato per combattere il virus ebola – spiega Clementi –. Non è specifico per il nuovo coronavirus, ma funziona anche in questo caso, se utilizzato nelle fasi precoci. È una terapia che può essere somministrata solo in ospedale, ed è per questo che si è ritenuto necessario il ricovero al San Raffaele di Berlusconi. È indispensabile monitorare, passo dopo passo, gli effetti di questa trattamento».
Il farmaco è stato sviluppato negli anni Duemila grazie a una tecnologia, messa a punto all’Università di Cardiff (Galles), che permette di sintetizzare in maniera efficace una serie di molecole considerate precursori del farmaco vero e proprio – si chiamano profarmaci – e in genere attivate per effetto dell’interazione con l’organismo umano. Si tratta di un profarmaco monofosforamidato di un analogo dell’adenosina che ha un ampio spettro antivirale, tra cui filovirus, paramyxovirus, pneumovirus e coronavirus. È un potente inibitore della replicazione del SARS-CoV-2 nelle cellule epiteliali delle vie respiratorie nasali e bronchiali umane.
Il farmaco fu sviluppato molto velocemente per poter essere impiegato nell’epidemia di ebola del 2013-2016 in Africa Occidentale e, dopo i test sugli animali, fu somministrato a un paziente. Il farmaco è stato poi utilizzato nel corso dell’epidemia di ebola del 2018 in Congo, dove è stato dichiarato inefficace dai funzionari sanitari congolesi dopo la sperimentazione di altri farmaci a base di anticorpi monoclonali. Ma nei test di laboratorio il remdesivir è risultato efficace nei confronti degli altri coronavirus che negli anni scorsi hanno dato luogo a una serie di focolai pandemici: quello della Sars e quello della Mers.
In vitro, remdesivir inibisce tutti i coronavirus umani e animali testati fino a oggi, incluso SARS-CoV-2, e ha mostrato effetti antivirali e clinici in modelli animali di infezioni SARS-CoV-1 e sindrome respiratoria mediorientale (Mers). Visti i risultati, il farmaco è stato messo a disposizione da subito all’inizio della prima fase epidemica a Wuhan, primo focolaio mondiale dell’epidemia. Il farmaco è stato al centro di numerose applicazioni prima in Cina e poi in Europa, anche in Italia. Il nostro Paese è stato tra i primi ad adottarlo. Era infatti presente già nei protocolli terapeutici applicati per curare i primi due pazienti cinesi che a febbraio furono ricoverati allo Spallanzani di Roma.
Uno studio condotto dal National Institute of Health ha chiarito gli effetti del farmaco su più ampia scala. Tale studio è stato infatti condotto su un campione di 1.063 soggetti ospedalizzati con Covid-19 avanzato e coinvolgimento polmonare, ed è iniziato il 21 febbraio. I pazienti che hanno ricevuto remdesivir si sono ripresi più rapidamente rispetto a quelli simili che hanno ricevuto placebo.
I risultati preliminari indicano che i pazienti curati con remdesivir hanno avuto un tempo di recupero più veloce del 31% rispetto a coloro che hanno ricevuto placebo. In particolare, il tempo medio di recupero è stato di 11 giorni per i pazienti trattati con remdesivir, rispetto ai 15 giorni necessari per chi è stato trattato con placebo. I risultati hanno anche suggerito un beneficio in termini di sopravvivenza: il tasso di mortalità è dell’8% per il gruppo trattato con remdesivir, rispetto all’11,6% per il gruppo placebo.
Redazione Nurse Times
Fonte: Pickline.it
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