Rispondono i presidenti Anp e Fimp, Antonello Giannelli e Paolo Biasci.
“Al momento, per quanto riguarda le assenze degli alunni della scuola dell’infanzia, un apposito decreto ministeriale stabilisce che gli stessi possano essere riammessi a scuola dopo tre giorni di assenza solo presentando idonea certificazione del pediatra o del medico di famiglia. La situazione non è altrettanto chiara per quanto riguarda gli studenti degli altri ordini di scuola. Riteniamo opportuno che le relative procedure siano definite quanto prima, al fine di tutelare al meglio la salute collettiva”. Così ha detto all’agenzia di stampa Dire il presidente dell’Anp (Associazione nazionale dirigenti pubblici e alte professionalità della scuola), Antonello Giannelli, intervenendo sulla dibattuta questione del certificato medico per rientrare a scuola.
In caso di un presunto o accertato caso di coronavirus, cosa dovrà fare un pediatra per consentire al bambino o al ragazzo di essere riammesso in classe? A spiegare la procedura prevista è Paolo Biasci, presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp): “Quando riceveremo la chiamata dei genitori, noi pediatri faremo il cosiddetto triage telefonico, e dai sintomi riferiti, dalle risposte che avremo alle nostre domande cercheremo di capire se siamo di fronte a un caso sospetto di infezione da Covid. In tal caso il pediatra attiverà il percorso assistenziale previsto e richiederà il tampone. Se l’esito è negativo, per consentire a un bambino di essere riammesso a scuola, il medico firma un’attestazione in cui dichiara di aver eseguito la procedura prevista e di aver ricevuto esito negativo del tampone”.
Nel caso in cui un bambino si assenti da scuola per motivi familiari, cosa devono fare i genitori per farlo tornare a scuola senza incorrere in problemi? “È sufficiente avvisare in anticipo la scuola, motivando l’assenza, come è consuetudine da prima dell’emergenza Covid”, aggiunge Biasci. C’è dunque differenza tra attestazione e certificato? “Sì. L’attestazione è rilasciata dal pediatra a conclusione di un percorso diagnostico che avviene tramite il tampone. Il certificato, invece, può essere redatto a seguito di una visita, di una valutazione clinica. Quindi solo in presenza. Nel caso di una guarigione da un malanno, per certificarla, il pediatra deve costringere i genitori a portare il bambino in studio. Ma in questo periodo gli ambienti sanitari non sono più così facilmente accessibili e non è molto opportuno accedervi”.
I sintomi dell’influenza e quelli del Covid sono simili. I pediatri possono evitare di dover effettuare un tampone a ogni sintomo influenzale segnalato dalle scuole e dalle famiglie? “Purtroppo non più di tanto – chiarisce Biasci –, proprio perché la sintomatologia di un’infezione da Covid è sovrapponibilea qualsiasi altra infezione delle vie respiratorie e del tratto gastrointestinale. Infezioni che hanno sempre colpito i bambini nel periodo autunno/inverno”.
Il presidente Fimp, però, punta il dito sull’aspetto organizzativo della gestione dei casi sospetti: “Se le Regioni e le Asl avessero messo i pediatri di famiglia nelle condizioni di richiedere un tampone con la certezza di ricevere il risultato in tempi brevi, non dico in quattro ore come in ospedale, ma almeno in 24 ore, credo che avremmo eliminato tutti i disagi delle famiglie, della scuola e dei bambini. Nella situazione attuale, invece, per completare questo percorso assistenziale, l’unico che si possa mettere in atto per garantire una scuola sicura, si dovrà aspettare diversi giorni (fino a sette). È un tempo irragionevole, come lo sono anche cinque giorni di attesa, in cui abbiamo bloccato un bambino e un genitore prima della risposta. Se si potesse avere il responso in 24 ore, lasceremmo a casa per più giorni solo i bambini che dovessero risultare positivi al Covid. Sui giornali, nei telegiornali si parla di banchi, di distanziamento, di mascherine… Tutte cose giustissime, ma ci si dimentica di quanto sia importante avere anche tamponi con risultati in tempi rapidi. Una cosa che noi pediatri stiamo chiedendo a gran voce da mesi a tutte le istituzioni”.
Rispetto all’andamento delle influenze stagionali, che tipo di scenario si aspettano i pediatri per la prossima stagione invernale? “Come sempre – afferma il pediatra –, siamo alle porte di una campagna vaccinale che quest’anno metterà a dura prova il contesto delle cure primarie. Ci auguriamo che il numero dei vaccini antinfluenzali per i bambini sia più elevato rispetto agli anni scorsi. Sappiamo che i bambini in età pediatrica sono i più colpiti dall’influenza, anche otto volte più che in età adulta. E in autunno/inverno riceviamo moltissime richieste quotidiane di assistenza per sintomi influenzali. Quanto al numero dei tamponi, non si può fare una previsione, ma sicuramente ne richiederemo molti. Basti pensare che i pediatri di famiglia sul territorio sono 7.500. Se ipotizziamo 5/10 tamponi al giorno richiesti da ciascuno, diventano numeri davvero importanti”.
Redazione Nurse Times
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