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Coronavirus, “La sanità cinese fatica a fare rete”

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Coronavirus, “La sanità cinese fatica a fare rete”
epa08158521 A medical staff member (L) checks a man's body temperature at the Emergency Department of a hospital in Taipei, Taiwan, 24 January 2020. Taiwan reported two more coronavirus cases bringing the total number of cases to three. Earlier in the day, Taiwan suspended sending tour groups to China as the coronavirus is quickly spreading in China with cases being reported in Japan, South Korea, Taiwan, the United States, Singapore and Vietnam. To contain spread of the empidemic, China shut down Wuhan, where the virus was discovered, on 23 January and stopped sending tour groups abroad on 24 January. By 24 January, China has reported 888 coronavirus cases with 26 deaths. EPA/DAVID CHANG
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La testimonianza di Francesco Barbero, infermiere italiano a Wuhan.

Decine di contagi, centinaia di persone in quarantena e un viavai ininterrotto di ambulanze. Sono giorni drammatici a Wuhan, dove l’incubo del coronavirus sta mettendo a dura prova 11,08 milioni di abitanti. Ma se il dramma raccontato dai media di tutto il mondo lascia trapelare il sentore di un’epidemia ben più pericolosa di quella ad oggi pronosticata, le immagini diffuse dai telegiornali locali fugano ogni dubbio: la situazione è al collasso. Si vive nell’attesa, col fiato sospeso, in una città fantasma.

Lo sanno bene i medici dell’ospedale di Wuhan, tramutati in veri e propri eroi di guerra per far fronte ad un’emergenza che vacilla nell’incertezza lasciando poco spazio alla speranza. Le energie cominciano ad affievolirsi e le risorse a scarseggiare. “Servono mascherine e camici monouso, con urgenza assoluta – spiegano l’infermiere italiano Francesco Barbero e il medico cinese Xiaowei Yan in un appello raccolto dalla rivista Medical Facts –. Avevamo già detto che le scorte stavano finendo e le misure di razionamento (una tuta e due mascherine per 12 ore di lavoro) non sono bastate per coprire l’attesa di nuovi rifornimenti. Stamane siamo riusciti a strappare gli ultimi fondi di magazzino da amici a Tianjin, da inviare all’ospedale con cui entrambi collaboriamo. I fornitori hanno comunque confermato che gli stock sono esauriti a livello nazionale”.

Nonostante l’appello delle autorità, che hanno richiesto approvvigionamenti sanitari e un irrobustimento immediato del personale sanitario, numerose farmacie della “ground zero” hanno chiuso, e altre stanno speculando sul costo di mascherine e gel disinfettanti. “Il Governo cinese ha promesso l’invio di ulteriori risorse – dice Francesco -, ma finora gli aiuti che avrebbero raggiunto Wuhan hanno saltato tutti gli ospedali principali. Quel che è certo è che la sanità cinese stia vivendo enormi difficoltà a fare rete, e la comunicazione tra il coordinamento soccorsi e direzioni ospedaliere sia quantomeno vittima di una deleteria compiacenza”.

In queste ore, da Pechino stanno giungendo i rinforzi. Circa 1.200 medici – 450 sono dell’esercito – sono stati inviati a Wuhan dove, in tempi record, si sta già provvedendo alla costruzione di un nuovo ospedale. Intanto alcuni alberghi locali hanno aperto le porte al personale sanitario per concedere qualche ora di meritato riposo, a titolo gratuito, ai tanti eroi in corsia. “La loro missione incominciava oggi – continua il racconto – a supporto dei loro colleghi civili e continuerà nei 10mila posti letto, che andranno ad aggiungersi agli ospedali già dedicati ai pazienti infetti”.

È il quarto giorno di isolamento per il distretto cinese: aeroporti blindatissimi e divieto per la circolazione di mezzi privati a partire dalla mezzanotte del 26 gennaio. Tanti gli stranieri bloccati in città, tra questi, 24 italiani. “Da questo pomeriggio sono stato anche inserito in un gruppo di connazionali – conclude Barbero –. Tutti in attesa di contatto da parte della nostra ambasciata, mentre l’America prepara un charter per i suoi concittadini. Non c’è altro da aggiungere”.

Redazione Nurse Times

Fonte: Il Giornale

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