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Congresso nazionale Fnopi, Cnai: “Un’occasione persa”

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Di seguito un comunicato a firma di Walter De Caro, presidente della Consociazione Nazionale Associazioni Infermieri (Cnai).

Con profonda preoccupazione, non si può che esprimere gravi riserve su quanto accaduto durante il recente terzo Congresso nazionale Fnopi di Rimini. Questo evento, che avrebbe dovuto rappresentare un’opportunità di dialogo costruttivo per l’intera professione infermieristica, si è invece trasformato in un’ulteriore occasione di parzialità istituzionale. Piuttosto che aprirsi a un confronto aperto e propositivo, il Congresso ha sostanzialmente confermato decisioni già annunciate in precedenza, decisioni che risultano poco condivisibili e, soprattutto, poco ambiziose per il futuro della professione.

UNA PROFESSIONE IN GINOCCHIO

Nonostante i numerosi interventi e proclami, ciò che è emerso durante il Congresso è un consolidamento dell’orizzonte, delle promesse, del “faremo”, accompagnato dall’autocelebrazione di traguardi che molti infermieri non riconoscono come reali o tangibili. La realtà rimane quella di una professione sempre più sfruttata e meno valorizzata. E sullo sfondo le opportunità post-Covid per molti versi già perse, rispetto ad altri Paesi.

La carenza di personale, le condizioni di lavoro degradanti e i livelli di esercizio professionale sono problemi che richiedevo attenzione immediata, una risposta concreta e investimenti significativi. Le responsabilità di questo scenario non possono essere ignorate, soprattutto da chi guida la rappresentanza ordinistica professionale da oltre vent’anni.

È lecito chiedersi: si sentono davvero esenti da ogni responsabilità?

L’emigrazione di oltre 30mila infermieri italiani all’estero rappresenta una prova tangibile di un sistema che non valorizza i propri professionisti. Le parole vuote pronunciate durante il Congresso non cambiano questa realtà. Il dottor Cartabellotta, nel suo intervento, riprendendo dati dell’Oecd, ha confermato che gli infermieri italiani sono tra i meno numerosi, meno retribuiti e più sfruttati d’Europa. La mancanza di valorizzazione giuridica e normativa dell’ultimo decennio, le condizioni di lavoro insostenibili, l’assenza di sviluppo professionale e la cronica carenza di personale e studenti sono il risultato di anni di scelte miopi e poco lungimiranti, sicuramente non attribuibili al quadro demografico.

 Chi ha contribuito a queste scelte?

Siamo l’unico Paese che forma e laurea più medici che infermieri, e con l’abolizione del numero chiuso a Medicina le prospettive future appaiono ancora più preoccupanti. Tuttavia un dato significativo è stato omesso, nella relazione del dottor Cartabellotta, sui numeri della professione: quello degli iscritti alla Fnopi (oltre 460mila),rispetto alla forbice di infermieri effettivamente attivi, che oscilla tra 384mila e 329mila. Questa enorme discrepanza merita una seria riflessione e rende necessario una rinnovata attività di censimento ordinistico circa la reale consistenza numerica degli infermieri in Italia. Infine appare urgente avviare un percorso manutentivo della Legge 3/2018, per garantire una riforma capace di rispondere a criticità ormai insostenibili.

PLURALISMO E CONFRONTO: UN’OCCASIONE MANCATA

Durante il Congresso Fnopi si è assistito in numerosi interventi a una svalutazione sistematica ai sindacati che non avevano accettato di firmare l’ipotesi di accordo sul Ccnl. Con consapevolezza si è scelto di proporre alla platea congressuale, tra l’altro, solo la voce delle associazioni datoriali e in maggioranza di voci governative, e non anche quella dei sindacati, delle associazioni scientifiche e professionali e delle professioniste e dei professionisti che ogni giorno lavorano per la tutela della salute.

Particolarmente preoccupante è stata la drastica riduzione degli spazi espositivi dedicati rispetto ai precedenti Congressi Ipasvi e Fnopi. Mentre in passato veniva ampiamente pubblicizzata la possibilità per le associazioni infermieristiche e i sindacati di avere una propria presenza, questa volta era presente solo una singola associazione infermieristica e un unico sindacato, allineato alle posizioni della Fnopi sull’assistente infermiere e sul rinnovo contrattuale.

In un momento sindacale delicato come quello delle prossime elezioni Rsu tale squilibrio avrebbe dovuto essere gestito dalla Fnopi con maggiore responsabilità, in linea con la “responsabilità istituzionale” richiamata dal Codice deontologico. Ad esempio, sapendo in anticipo quanto sarebbe accaduto, sarebbe stato doveroso informare tutte le parti interessate, garantendo pari opportunità. Quanto è avvenuto è apparso inaccettabile e lesivo del pluralismo di voci, elemento indispensabile all’interno della professione.

La mancanza di una reale apertura al confronto e al dibattito democratico, con l’assenza di associazioni e sindacati anche da sessioni parallele o incontri dedicati all’ascolto, getta un’ombra sull’imparzialità della Fnopi e sulla sua capacità di rappresentare fedelmente l’intera comunità infermieristica.

MODIFICARE IL CODICE DEONTOLOGICO ERA DAVVERO NECESSARIO?

Questo aspetto merita e meriterà un approfondimento dedicato.

Innanzitutto è lecito osservare ancora una volta che il processo di aggiornamento non sembra aver previsto un adeguato coinvolgimento rappresentativo della categoria, come avvenuto ai tempi della Federazione Ipasvi. Sarebbe stato auspicabile un percorso di consultazione più inclusivo, con tempi sufficienti per raccogliere e valutare i contributi di tutti gli infermieri italiani, non solo di un ristretto gruppo di esperti.

Un’analisi preliminare comparativa dei Codici deontologici del 2019 e del 2025 mostra che gran parte degli articoli sono rimasti invariati, con semplici ricombinazioni o lievi ritocchi semantici e redazionali. Al di là di qualche spunto interessante, come il richiamo all’essere “proattivo” presente nella definizione di assistenza infermieristica di CNAI e NOII, si nota purtroppo l’ampia focalizzazione sul termine “cura”,  che progressivamente sovrasta nel documento la visione olistica tipica del “care” e dell’assistenza infermieristica.

In conclusione, non comprendendo appieno la cogenza di tale esercizio, che non include riferimenti adeguati alla stratificazione della pratica professionale, ad esempio, sarebbe auspicabile che il processo di revisione del Codice deontologico prevedesse il vero coinvolgimento della categoria, tempi più distesi e una riflessione più approfondita sulle reali necessità di modifica. Solo così il Codice potrà rappresentare efficacemente l’identità e i valori della professione infermieristica, in sintonia con le esigenze della società e del contesto sanitario.

EVOLUZIONE DELLE PROFESSIONE: ASSISTENTE INFERMIERE, LAUREE CLINICHE SENZA “VERE” COMPETENZE AVANZATE E PRESCRIZIONE

Le prospettive Fnopi di evoluzione della professione includono l’introduzione della figura dell’assistente infermiere, aleggiata durante tutto il congresso ma quasi mai citata (forse per paura di dissenso?). Questa proposta, chiaro esempio di miopia strategica nel tentativo di risolvere la carenza di personale sanitario, rischia di compromettere ulteriormente la qualità dell’assistenza e di generare confusione nei ruoli professionali.

L’assistente infermiere, con una preparazione ridotta e funzioni limitate, appare come una scorciatoia pericolosa che svaluta il ruolo centrale degli infermieri generalisti, senza risolvere il tema del demansionamento. Non solo questa figura non colma il vuoto strutturale di personale qualificato, ma incrementa i rischi per la sicurezza dei pazienti, poiché delega compiti complessi a personale non sufficientemente formato.

Appare prossima anche l’introduzione delle tre lauree magistrali a indirizzo clinico (Cure primarie e infermieristica di famiglia, Cure intensive, Cure neonatali e pediatriche), già più volte annunciate, oltre alla conferma del percorso attuale. In questo contesto, nei percorsi formativi il tema della prescrizione appare limitato a presidi ed ausili.

Sia il sottosegretario Gemmato che il rappresentante della Federazione dei medici hanno di fatto ribadito che la “prescrizione farmacologica è di altri” e che ognuno deve fare il suo. La situazione, al di là delle parole dei politici, appare ancora più drammatica leggendo l’articolato del Ddl prestazioni sanitarie in esame al Parlamento, che recita: “Il medico, cui competono in maniera esclusiva la diagnosi, la prognosi e la terapia…”.

Questo approccio, nei fatti condiviso da Fnopi, poco coraggioso rispetto all’evoluzione e all’accesso alle cure, continua a evidenziare una logica di silos tra professioni, e continuerà a limitare significativamente l’autonomia professionale degli infermieri.

Restano da comprendere i contenuti di questi percorsi: se ci sarà un nuovo livello di abilitazione e l’impatto sull’organizzazione e sulla contrattazione. Ci si domanda, ad esempio, se si sia realmente compreso l’impatto per l’area pediatrica con la prossima disattivazione delle lauree triennali e con infermieri nei reparti neonatali e pediatrici con la necessità di laurea magistrale.

Come per la laurea magistrale in Cure primarie/infermieristica di famiglia, ci si domanda come verranno regolati i rapporti tra figure in possesso di corso regionale di 200 ore, master di primo livello di 1.500 ore e laureati magistrali e quali attività distintive in più potranno essere svolte.

Per chi scrive, ci sarebbe bisogno, al contrario, di passare a un modello evolutivo che abbracci un’estensione della pratica infermieristica avanzata, fornendo agli infermieri la possibilità di eseguire diagnosi, formulare trattamenti e prescrivere in maniera autonoma. Tale approccio, già consolidato in molti Paesi, non implica l’assunzione di competenze proprie di altre professioni, ma un pieno utilizzo del potenziale infermieristico per rispondere alle necessità dei pazienti e all’accesso alle cure.

CONCLUSIONI

Quanto accaduto al Congresso non rappresenta un semplice malcontento passeggero, ma è il sintomo di una crisi profonda che coinvolge l’intera rappresentanza e, di conseguenza, tutta la sanità nazionale. In un contesto caratterizzato da carenze croniche di personale, condizioni di lavoro insostenibili, scarsa attrattività e una fuga di infermieri all’estero, unita alla presenza di oltre 10mila infermieri sul territorio non censiti e verificati, è indispensabile ritrovare unità e coesione, anziché alimentare divisioni come avvenuto.

Tutti gli infermieri italiani meritano rispetto, non favori, e l’impegno congiunto di ciascuno di noi rispecchia il valore e la dignità della professione. È arrivato il momento di una svolta immediata, basata sulla trasparenza, l’inclusività e una rappresentanza pluralista e autentica, capace di far sentire la voce di ogni professionista. Solo unendo le forze e mettendo a disposizione le competenze di ciascuno sarà possibile invertire questa deriva, costruendo un futuro dignitoso per la professione infermieristica e garantendo un’assistenza di qualità ai cittadini.

Redazione Nurse Times

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