Il presidente dell’Ordine riminese denucia le numerose problematiche della professione.
“I casi di aggressioni verbali, ormai, non si contano più. E anche quelli fisici stanno, pian piano, aumentando di numero”. A lanciare l’allarme contro l’aumento degli episodi di violenza contro il personale sanitario dell’ospedale Infermi di Rimini è Nicola Colamaria, presidente di Opi Rimini.
“Condizioni lavorative pesanti – continua -, che provocano stress e stanchezza, al punto che diversi infermieri, quelli più navigati e con età avanzata, hanno già optato per il trasferimento in altri reparti. A vantaggio dei colleghi giovani, sicuramente volenterosi e vogliosi di fare, ma, formazione universitaria a parte, con meno esperienza e competenza rispetto ai più anziani. Doti che puoi accrescere solo sul campo, in triage, a diretto contatto coi pazienti e con le emergenze. Quando, ad esempio, oltre alla diagnosi, ti trovi a dover affrontare la furia del malato o dei suoi famigliari, parcheggiati in pronto soccorso per ore. I dati parlano addirittura di attese di 10-12 ore per codici bianchi o verdi, con gente che, sull’orlo di una vera e propria crisi di nervi, sfoga tutta la propria rabbia contro il primo che si trovano davanti: l’infermiere, appunto”.
Una situazione grave, che diventa allarmante se si pensa alla carenza di personale: “Tutti si preoccupano della mancanza di dottori, ed è giusto. Ma attenzione, anche gli infermieri non sono più sufficienti alla copertura degli organici. E lo dimostrano i numeri, quelli in nostro possesso. A livello nazionale perdiamo ogni anno circa 10mila paramedici. Se ne laureano, infatti, poco più di 9mila (9.931, per la precisione), contro 10.461 medici , mentre in pensione ne vanno 18mila. Un’emorragia lenta, ma inesorabile, come è facile intuire. Se poi aggiungiamo quelli sospesi perché non vaccinati (solo in provincia di Rimini ce ne sono 90) e i laureati in Infermieristica in continuo calo (il 65% su un totale di 18mila posti messi a bando termina il corso di studi), lo scenario, già negativo, diventa fosco. Basti pensare, del resto, che a Rimini, nell’ultimo anno accademico, si sono laureati 130 studenti, dei quali però il 25% è fuori sede”.
Conclude Colamaria: “Quando scegli questa professione devi essere consapevole che le condizioni lavorative non sono certo delle migliori. Lo stipendio, ad esempio, è basso, tra i più bassi d’Europa, non certo paragonabile a quello di un medico. Ecco perché, alla fine, i ragazzi tra le due carriere sanitarie optano per quella medica, più difficile e impegnativa, certo, ma alla fine decisamente più appagante. Non come quella di un infermiere, che non può aspirare ad altro che al ruolo di coordinamento. Senza parlare degli orari, duri, massacranti, e dei turni, soprattutto quelli notturni, che ti spezzano la giornata”.
Redazione Nurse Times
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