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Chi ruba le professioni alle professioni

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Il prof. Cavicchi a Matera "L'informazione infermieristica va coordinata
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Tratto da Il Manifesto, di Ivan Cavicchi

La regione Emi­lia Roma­gna ha deli­be­rato l’affidamento dell’assistenza infer­mie­ri­stica domi­ci­liare a “per­so­nale laico” (badanti, fami­gliari, care giver).

La regione Lazio da tempo orga­nizza corsi sull’assistenza infer­mie­ri­stica alle badanti.

La regione Toscana ha pro­mosso un accordo nazio­nale con il mini­stero della salute per affi­dare agli infer­mieri l’esecuzione di com­pe­tenze medi­che ed ha rie­su­mato la figura “dell’assistente medico volon­ta­rio”, cioè un medico che lavora gra­tis con la spe­ranza poi di avere un posto di lavoro.

La regione Veneto ha ten­tato di ridurre il numero degli infer­mieri in ospe­dale ridu­cendo il loro tempo di assistenza .

In tutte le Regioni medici e infer­mieri fanno i tappa buchi, cioè svol­gono ogni tipo di com­pe­tenze impro­prie, sono costretti a turni inter­mi­na­bili, accu­mu­lano le famose ferie arre­trate e ore e ore di straor­di­na­rio (sot­to­pa­gato). Ven­gono fuori pro­po­ste di legge Pd per favo­rire il ricam­bio gene­ra­zio­nale nelle pro­fes­sioni sani­ta­rie nelle quali chi è occu­pato è visto come chi impe­di­sce a chi è disoc­cu­pato di entrare nel mondo del lavoro, ma senza aumen­tare il numero degli occu­pati com­ples­sivi. Da anni è in atto il blocco del turn over con effetti deva­stanti sugli orga­nici e sulla qua­lità dell’assistenza. Prende forma quello che gli inglesi defi­ni­scono over­cro­w­ding, il lavoro sovrac­ca­ri­cato, con pesanti effetti: dequa­li­fi­ca­zione, più errori, meno qua­lità, più mor­ta­lità dei malati.

Cosa sta acca­dendo? Tre sono le poli­ti­che sani­ta­rie che col­pi­scono i malati col­pendo le professioni:

Il pas­sag­gio da sem­plici misure di con­te­ni­mento e di razio­na­liz­za­zione della spesa al defi­nan­zia­mento del costo del lavoro in sanità inteso come suo prin­ci­pale capitale;
Una poli­tica di deca­pi­ta­liz­za­zione del lavoro attra­verso misure di depro­fes­sio­na­liz­za­zione, deman­sio­na­mento, sfruttamento;
La dere­go­la­zione delle norme che sino ad ora hanno defi­nito il lavoro professionale.
Que­ste poli­ti­che stanno rubando le pro­fes­sioni alle pro­fes­sioni, il lavoro al lavoro ‚i diritti ai diritti, man­dando in fumo titoli di stu­dio, anni di for­ma­zione, ali­men­tando insa­na­bili con­flitti tra pro­fes­sioni . Que­ste poli­ti­che rien­trano in quelle più gene­rali defi­nite di “soste­ni­bi­lità eco­no­mica” e nel loro insieme offrono una assi­stenza com­ples­si­va­mente sca­dente e sem­pre più privatizzata..

Una deva­sta­zione lenta ed ine­so­ra­bile, silen­ziosa come l’insorgenza di un can­cro che se non fer­mata per tempo avrà effetti letali sulla soprav­vi­venza del sistema pub­blico. L’attacco dere­go­la­to­rio al lavoro della sanità è un attacco sub­dolo a chi sta male quindi ai più deboli.

A ren­dere ancor più dram­ma­tica la situa­zione è l’impotenza, la dif­fi­coltà, di quella sovra­strut­tura di rap­pre­sen­tanza delle pro­fes­sioni sani­ta­rie costi­tuita da ordini, col­legi . Le due più grandi cate­go­rie, infer­mieri e medici, (i ¾ del per­so­nale sani­ta­rio), sono quasi para­liz­zate da forti distor­sioni della loro fun­zione di rap­pre­sen­tanza. Ordini e col­legi sono diven­tati nel tempo luo­ghi di potere per­so­nale sal­va­guar­dati da una rete rizo­ma­tosa di col­la­te­ra­li­smi che col­lega inte­ressi di ogni tipo. Que­sto vuol dire che davanti allo sfa­scio del lavoro non c’è resi­stenza deon­to­lo­gica e que­sto per almeno tre ragioni.

La prima attiene al con­flitto di inte­resse ai mas­simi livelli di rap­pre­sen­tanza degli ordini dei medici e dei col­legi degli infer­mieri, cioè pre­si­denti che allo stesso tempo sono sena­tori del Pd e, inca­paci di por­tare a casa risul­tati tan­gi­bili (si pensi al pro­blema della respon­sa­bi­lità medica) ridu­cono le loro asso­cia­zioni a pure cin­ghie di tra­smis­sione delle poli­ti­che del governo. In secondo luogo la scarsa “coscienza di classe” (come si sarebbe detto una volta) di que­ste cate­go­rie, rese disin­can­tate dagli oppor­tu­ni­smi interni ai loro orga­ni­smi di rap­pre­sen­tanza, abi­tuate ad arran­giarsi indi­vi­dual­mente attra­verso clien­tele di affi­lia­zione ma soprat­tutto vit­time alla fine degli enormi inte­ressi eco­no­mici che ordini e col­legi gesti­scono e per­met­tendo di “com­prare” con­senso a bene­fi­cio di chi comanda con inca­ri­chi, com­pensi, e bene­fit di ogni tipo.

Discorso a parte per i sin­da­cati di cate­go­ria, orfani della con­cer­ta­zione quale metodo sin­da­cale. Essi si tro­vano non solo senza rela­zioni sin­da­cali dal momento che i con­tratti sono bloc­cati, ma improv­vi­sa­mente privi di quella rete con­so­cia­tiva di cui gli ordini e i col­legi fanno parte, che sino ad ora ha messo insieme tutti gli inte­ressi in campo. Cioè sono senza potere negoziale.

In que­sto deso­lante qua­dro non sono per niente casuali le dram­ma­ti­che con­trad­di­zioni in cui sono inca­strati pro­prio gli ordini dei medici e i col­legi degli infer­mieri. I primi hanno recen­te­mente appro­vato un codice deon­to­lo­gico che non riu­scendo a risol­vere in avanti il con­flitto tra etica pro­fes­sio­nale e deca­pi­ta­liz­za­zione del lavoro, ha imboc­cato la strada dell’adattamento e della ras­se­gna­zione pri­vando i medici della pos­si­bi­lità di disporre di una deon­to­lo­gia forte con­tro la dere­go­la­zione della pro­fes­sione. I secondi invece, ebbri di emu­la­zione nei con­fronti dei medici, hanno asse­con­dato le poli­ti­che dere­go­la­to­rie di certe Regioni accet­tando di svol­gere a costo zero alcune com­pe­tenze dei medici e nello stesso tempo non hanno mosso un dito verso altre Regioni che stanno rubando il futuro dell’assistenza domi­ci­liare e ter­ri­to­riale, colpevolmente muti sui grandi pro­blemi di depro­fes­sio­na­liz­za­zione dei loro iscritti e sul loro sfrut­ta­mento sistematico.

Se que­sto è il qua­dro ser­vi­rebbe da parte di tutti almeno un’azione col­let­tiva di difesa del valore del pro­prio lavoro pro­fes­sio­nale che ricor­dando Tho­reau defi­ni­rei di “disob­be­dienza civile”. Cioè ser­vi­rebbe con urgenza che le pro­fes­sioni, tutte, fis­sas­sero almeno le con­di­zioni di soglia oltre le quali deve scat­tare dove­ro­sa­mente una obie­zione deon­to­lo­gica. Ma anche que­sto, che sul piano della ragio­ne­vo­lezza sem­bre­rebbe il minimo neces­sa­rio, avrebbe biso­gno di un grado di libertà e di auto­no­mia di pen­siero che oggi per le cose dette sopra pur­troppo non c’è.

In set­ti­mana sarà sot­to­scritto tra regioni e governo un patto sulla sanità dalla cui defi­ni­zione è stato escluso l’intero mondo del lavoro, a sot­to­li­neare ancora una volta il suo essere di fatto sub stru­men­tale alle poli­ti­che di soste­ni­bi­lità, la sua impo­tenza reat­tiva e la volontà del governo di ser­vir­sene. Que­sto patto non dirà una parola sui 30 mld l’anno che la cor­ru­zione man­gia al sistema, e meno che mai si pre­oc­cu­perà degli effetti immo­rali della deca­pi­ta­liz­za­zione e della dere­go­la­zione del lavoro. Anche le Regioni avranno dal governo i loro sim­bo­lici 80 euro, cioè i loro bilanci avranno qual­che spic­ciolo in più per ali­men­tare l’andazzo senza che si cambi vera­mente qualcosa.

Dei malati que­sto patto si inte­res­serà ma per defi­nire nuove tasse sulla malat­tia che i cit­ta­dini sfor­tu­nati dovranno pagare, con gli 80 euro appena con­cessi nelle loro buste paga. Ad un tra­di­mento gene­ra­zio­nale di coloro che oggi con­trol­lano le pro­fes­sioni in nome e per conto di poli­ti­che deboli si aggiunge un tra­di­mento rifor­mi­sta di coloro che avreb­bero dovuto tra­sfor­mare, con la poli­tica, i limiti in pos­si­bi­lità . Oggi si stanno con­se­gnando alle future gene­ra­zioni di ope­ra­tori pro­fes­sioni meno libere di essere pro­fes­sioni e ai malati meno diritti. In que­ste con­di­zioni è dif­fi­cile disob­be­dire e obiet­tare ma mai come in que­sto momento abbiamo biso­gno di farlo. Se i diritti e il lavoro sono le due facce del bene comune, l’obiezione deon­to­lo­gica con­tro ciò che le mette in peri­colo , oggi è un dovere .

Fonte

ilmanifesto.info

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