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Cervelli in fuga? Ma che, per Alfano sono “ambasciatori del nostro successo”

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Il ministro degli Esteri Alfano, dopo aver premiato una start up e un progetto di ricerca di due italiani che vivono negli USA, ha affermato che “I nostri talenti all’estero non sono cervelli espatriati”, bensì “ambasciatori del nostro successo e del nostro talento

Sarà perché siamo un popolo fantasioso, solare, con molta voglia di prendersi poco sul serio… oppure perché negli ultimi anni ce ne hanno dette tante, ma così tante che non riusciamo neanche più a contarle. Sarà perché siamo stanchi. Fatto sta che noi italiani non ci stupiamo quasi più di niente, ormai.

Non lo facciamo più davanti alle ruberie, alla corruzione e agli sprechi che ci vengono sbattuti in faccia ogni giorno sui telegiornali o nelle trasmissioni satiriche; e neppure davanti ai ‘furbetti’ del parlamento che votano per i loro compagni di banco (VEDI).

Non lo facciamo più nemmeno a seguito dell’insediamento dell’ennesimo governo non eletto. E non ci stupiamo più neanche di fronte alle parole vuote dei nostri politici, sempre pronti a sfoggiare un bel sorriso smagliante in TV per dirci tutto e il contrario di tutto.

Eppure ci sono ancora delle ‘uscite’ che meritano attenzione. Uscite che devono far riflettere, perché… se non si tratta di vere e proprie prese in giro nei confronti dei cittadini, di sicuro danno l’idea di quanto alcuni nostri rappresentanti siano ben poco adesi alla realtà, vissuta quotidianamente dal popolo italiano.

Cos’è successo? Beh… questo: “I nostri talenti all’estero non sono cervelli espatriati, ma italiani che hanno la testa e il cuore, sebbene non i piedi, in Italia e che possono far parte di una rete che non è solo virtuale di nostri ambasciatori che danno una mano anche nell’attivare canali di dialogo. L’Italia è una superpotenza della cultura, della scienza e della bellezza e dobbiamo far valere questo nostro primato non funziona agendo ognuno per i fatti propri ed è per questo che, come ministero degli Esteri, stiamo lavorando a un piano integrato di promozione del Sistema Italia all’estero, facendo squadra con tutti quelli che possono dare un aiuto”.

Sono le parole di Angelino Alfano, proferite in occasione della cerimonia di consegna dei premi sull’innovazione assegnati dal ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale a una start up e a un progetto di ricerca di due italiani che vivono negli Stati Uniti. Approfittando dell’occasione, il Ministro ha così dato una nuova e accattivante definizione dei giovani che preferiscono lasciare il nostro Paese per cercare una carriera all’estero: non più cervelli in fuga, ma “ambasciatori del nostro successo e del nostro talento”.

Dopo che il Ministro del Lavoro Poletti aveva dichiarato come alcuni soggetti fosse meglio non averli tra i piedie che l’ex premier Renzi aveva bollato l’argomento dell’esodo dei nostri professionisti come mera “Retorica”, ci voleva quest’altra bella definizione per dare in qualche modo un’accezione positiva ad un fenomeno preoccupante e in costante crescita.

Già, perché secondo i dati del rapporto della Fondazione Migrantes, presentati a inizio ottobre, nel 2015 c’è stato un aumento del 6,2% di espatriati rispetto all’anno precedente; più di un terzo dei 4,8 milioni di nostri connazionali residenti al di fuori del bel paese, hanno tra i 18 e i 34 anni di età e questo dato è in aumento: sempre più giovani vanno via per cercare fortuna lontano dall’Italia. In tutto, dal 2006 al 2016 la mobilità italiana è aumentata del 54,9%!

Dati, questi, di fronte a cui anche il Presidente della Repubblica Mattarella aveva sottolineato come la scelta di abbandonare il Paese rappresenti “un segno di impoverimento piuttosto che una libera scelta ispirata alla circolazione dei saperi e delle esperienze”.

Vede, caro Ministro Alfano: il talento e la preparazione ci sono sicuramente, ma… il problema è che per avere successo (che non è dell’Italia… non è il nostro… e non è il suo), i nostri laureati sono oggi costretti a fuggire da un paese oramai immobile, dove non esistono opportunità lavorative e meritocrazia; dove tasse, burocrazia e malaffare soffocano le imprese, la ripresa… le idee. E dove il precariato, la disoccupazione, la giungla dei soggetti di intermediazione, i “voucher” e le più studiate forme di sfruttamento dei lavoratori, violentano e uccidono ogni giorno i sogni e il futuro dei nostri ragazzi.

Giovani che, dopo tante riflessioni, dubbi e infruttuosi tentativi di trovare qui degli sbocchi accettabili, fanno fagotto, si allontanano dai propri affetti e ricominciano una nuova esistenza in paesi lontani da casa. Portando là il loro sapere, il loro saper essere e il loro saper fare, purtroppo.

Altro che “ambasciatori del nostro successo e del nostro talento”.

Sarà perché negli ultimi anni ce ne hanno dette tante, così tante che non riusciamo neanche più a contarle, fatto sta che non ci stupiamo più di niente. Eppure, di fronte a queste ‘uscite’, forse dovremmo tornare a farlo.

Alessio Biondino

Fonte notizia: Il Fatto Quotidiano

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