Il commento di Filippo Anelli, presidente Fnomceo, alla sentenza della Suprema Corte.
Il consenso informato è un “atto medico a garanzia dei diritti” e la “carenza di informazione è responsabilità professionale, con dovere di risarcire un doppio danno: alla salute e all’autodeterminazione”. E’ quanto rileva la sentenza della Corte di Cassazione n. 8163/21, pubblicata il 23 marzo.
“La sentenza – spiega Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo) – ribadisce, una volta di più, che il consenso informato è fonte di responsabilità professionale per il sanitario che lo raccoglie. E che un’informazione non corretta, incompleta e omissiva, e priva dei necessari fondamenti in termini di competenze, può generare due diversi tipi di danni: un danno alla salute e un danno da lesione del diritto all’autodeterminazione, distinto dal primo e con ricadute anche patrimoniali. È per questo che l’acquisizione del consenso informato viene dalla Corte considerato atto medico: perché suo fondamento sono le necessarie competenze in termini di anamnesi e valutazione dello stato di salute del paziente”.
Prosegue Anelli: “La Suprema Corte, nell’attribuire l’onere probatorio al paziente, rileva tuttavia il consolidato orientamento per cui il diritto all’autodeterminazione si configura come diritto autonomo e distinto rispetto al diritto alla salute. E ne individua il fondamento negli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione. Inoltre ribadisce che l’adeguata informazione al paziente rientra nella sfera della responsabilità professionale del medico”.
Redazione Nurse Times
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