La Procura ha notificato l’avviso di fine indagine al legale dei nove camici bianchi.
Rischiano il processo, i nove camici bianchi che la notte del 30 novembre scorso radiarono dall’Ordine dei medici di Bologna l’assessore regionale alla Sanità, Sergio Venturi. La Procura, che indaga per abuso d’ufficio, nei giorni scorsi ha notificato all’avvocato Alberto Santoli, legale dei medici, un avviso di fine indagine, atto che di solito prelude alla richiesta di rinvio a giudizio.
Sullo sfondo resta la denuncia che il presidente dell’Ordine, Giancario Pizza, ha presentato alla procura di Ancona (competente sui pm di Bologna), atto che accusava il procuratore capo Giuseppe Amato e il magistrato Flavio Lazzarini, titolare del fascicolo, di aver “debordato” rispetto alle loro funzioni. Pizza non è coinvolto nell’inchiesta bolognese perché non era presente durante la riunione che portò alla radiazione di Venturi.
Quella decisione fu presa per punire dal punto di vista deontologico l’assessore regionale, colpevole, secondo l’Ordine dei camici bianchi, di aver avallato la delibera che consente agli infermieri di intervenire da soli a bordo delle ambulanze. Un provvedimento ritenuto inaccettabile dalla commissione disciplinare dell’Ordine. All’indomani della radiazione, la Procura aprì un fascicolo conoscitivo e sequestrò le carte sia in Regione sia nella sede dell’Ordine dei medici.
Quando sono arrivate le motivazioni della radiazione, l’inchiesta ha fatto uno scatto in avanti fino all’avviso di fine indagine notificato in questi giorni agli avvocati. Parallelamente, un altro colpo di scena. Assistito dall’avvocato Giovanni Di Buono, il presidente Pizza si è appellato alla procura di Ancona. “Pur avendo prestato la più ampia e incondizionata disponibilità rispetto alle richieste della procura, ben oltre ogni dovere di collaborazione istituzionale – fu la spiegazione -, l’Ordine constata con rammarico che le indagini, dichiaratamente esplorative, siano confluite nella formulazione di ipotesi di reato, quali l’abuso d’ufficio, inimmaginabili e certo non attribuibili a membri della commissione disciplinare».
Redazione Nurse Times
Fonte: la Repubblica
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