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Car-T, la sfida al cancro è lanciata

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Car-T, la sfida al cancro è lanciata
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Ai nastri di partenza l’uso compassionevole dell’immunoterapia in Italia.

La rivoluzione è ormai alle porte anche in Italia. Entro gennaio saranno somministrati a pazienti adulti con linfoma diffuso a grandi cellule B i primi trattamenti basati sull’immunoterapia Car-T, la scommessa in cui sono impegnati tutto il mondo della ricerca e l’industria internazionale del Pharma. Per la commercializzazione della terapia bisognerà attendere ancora qualche mese, ma già fervono le trattative tra la multinazionale americana Gilead e l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) ed è ai nastri di partenza l’uso compassionevole.

«Contiamo che la nostra terapia Car-T possa arrivare sul mercato entro l’autunno – annuncia Valentino Confalone, vicepresidente e general manager di Gilead Italia –, quando avremo terminato la negoziazione con il Comitato prezzi e rimborso di Aifa. Nel frattempo stiamo lavorando perché i pazienti che hanno più urgenza possano essere trattati gratuitamente con il nostro prodotto prima che sia chiuso l’iter negoziale. Si tratta di malati che versano in condizioni disperate e che non hanno nessuna alternativa terapeutica».

Le Car-T sono oggi cure salvavita costosissime, intorno ai 250mila euro a infusione. Non solo, possono essere somministrate solo in centri accreditati e dotati di strutture e personale di altissima specialità, sia per la complessità sia per l’alta tossicità. «Dei circa 750 pazienti eleggibili alla terapia, la percentuale di guarigione è pari al 40% – spiega Paolo Corradini dell’Istituto tumori di Milano (Int) e presidente della Società italiana di Ematologia –. Questo significa che se dobbiamo aspettare un anno prima di mettere la terapia in commercio. In Italia moriranno ogni mese 35-37 persone che avrebbero potuto beneficiarne».

Non c’è tempo da perdere, insomma. Di qui la scelta dell’uso compassionevole, che partirà proprio dall’Int. «Contiamo che il numero di trattamenti che metteremo a disposizione – continua Valentino Confalone – sia sufficiente a coprire il periodo necessario a completare il processo di rimborso. Per garantire un uso efficace delle risorse economiche che saranno messe in campo dal sistema sanitario abbiamo proposto ad Aifa una serie di meccanismi di rimborso innovativi legati ai risultati della terapia».

È il cosiddetto payment by result, che consente allo Stato di pagare le cure solo se funzionano. Non a caso le imprese produttrici marcano stretto tutto il processo: dall’organizzazione dei centri (in Italia dovrebbero essere circa venti), che saranno indicati dalle Regioni e da Aifa, fino al risk management plan (con tanto di affiancamento nella formazione di medici, infermieri, tecnici di laboratorio e farmacisti ospedalieri), necessario per minimizzare le complicanze e gestirle adeguatamente. Non c’è da stupirsi: le Car-T sono terapie così innovative che non se ne conoscono ancora tutti gli effetti, sia nel breve che nel medio periodo.

Stesso discorso vale per il secondo prodotto Car-T in rampa di lancio in Italia, a marchio Novartis e indicato anche per uso pediatrico, su pazienti con leucemia linfoblastica acuta (LLA) a cellule B. «L’Italia è centrale in questa terapia perché ha partecipato con un piccolo paziente allo studio registrativo, poi esteso ad altri cinque bambini», afferma Luigi Boano, general manager di Novartis Oncology Italia.

In prima linea nelle sperimentazioni Novartis, insieme al Bambino Gesù e all’Istituto Papa Giovanni XXIII di Bergamo, che conducono studi indipendenti, c’è la Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma dell’Ospedale San Gerardo. «Quattro bambini hanno avuto una risposta straordinaria. Il follow-up è ancora troppo breve, ma un paio hanno già superato i sei mesi e possiamo dire di aver toccato con mano che queste cellule sono in grado di ottenere la remissione della malattia».

Come sempre succede, l’unione fa la forza: l’obiettivo comune di industria e istituzioni è quello di realizzare un network di centri altamente specializzati sulle Car-T, in grado di offrire cure che siano il più possibile “democratiche”, sia dal punto di vista dei costi che dell’accessibilità. La partita è cruciale: al di là degli interessi delle companies, le Car-T rappresentano il quarto pilastro della lotta ai tumori, dopo chemioterapia, radioterapia e chirurgia. L’Italia non può perdere la sfida della conoscenza.

Redazione Nurse Times

Fonte Il Sole 24 Ore

 

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